Ripristino degli ecosistemi, le Nazioni Unite premiano 10 iniziative virtuose

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Ripristino degli ecosistemi, le Nazioni Unite premiano 10 iniziative virtuose ultima modifica: 2023-01-25T06:52:18+01:00 da Francesco Rasero
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Le Nazioni Unite hanno selezionato dieci iniziative innovative di tutto il mondo per il loro ruolo nel ripristino degli ecosistemi, creando milioni di posti di lavoro.

Nell’ambito del Decennio delle Nazioni Unite per il ripristino degli ecosistemi 2020-2030, l’ONU ha premiato dieci iniziative -denominate World Restoration Flagships– ritenute innovative e in grado prevenire e invertire il degrado degli spazi naturali in tutto il Pianeta.

Non azioni solamente simboliche, ma interventi anche su larga scala e a lungo termine: complessivamente, infatti, i progetti selezionati mirano a ripristinare più di 68 milioni di ettari -un’area più estesa della Francia- e a creare quasi 15 milioni di posti di lavoro.

Decennio per il Ripristino dell’Ecosistema: dall’ONU 10 azioni in 10 anni per ricucire il nostro rapporto con gli ecosistemi della Terra

Trasformare il nostro rapporto con la natura è la chiave per invertire la triplice crisi planetaria del cambiamento climatico, della perdita di natura e biodiversità e dell’inquinamento e dei rifiuti -dichiara Inger Andersen, direttore esecutivo dell’UNEP, che insieme alla FAO coordina il Decennio- Queste iniziative mirano a dimostrare che con la volontà politica, la scienza e la collaborazione transfrontaliera possiamo forgiare un futuro più sostenibile“.

Senza arrestare e invertire il degrado degli ecosistemi terrestri e acquatici, un milione di specie sono a rischio di estinzione. Secondo gli scienziati, invece, ripristinare solo il 15% degli ecosistemi e migliorare gli habitat può ridurre le estinzioni del 60%.
Ecco i progetti premiati.

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Patto trinazionale per la Foresta Atlantica

Un tempo la Foresta Atlantica copriva un’ampia fascia di Brasile, Paraguay e Argentina. Ma è stata ridotta in frammenti da secoli di disboscamento, espansione agricola e costruzione di città. Centinaia di organizzazioni sono attive nello sforzo decennale di proteggere e ripristinare la foresta in tutti e tre i Paesi.

Le loro iniziative stanno creando corridoi per la fauna selvatica per le specie in via di estinzione, assicurando l’approvvigionamento idrico, contrastando il cambiamento climatico. Sono già stati ripristinati circa 700 mila ettari; l’obiettivo per il 2030 è di un milione di ettari e quello per il 2050 di 15 milioni di ettari.

Ripristino marino di Abu Dhabi

Salvaguardare la seconda popolazione di dugonghi al mondo è l’obiettivo del progetto degli Emirati Arabi Uniti che mira a ripristinare le praterie di fanerogame -il loro cibo preferito- nonché le barriere coralline e le mangrovie lungo la costa del Golfo arabo. Il progetto migliorerà le condizioni di molte altre piante e animali, tra cui tartarughe e delfini, in quello che è già uno dei mari più caldi del mondo.

Le comunità locali beneficeranno della rinascita di alcune delle 500 specie di pesci e di maggiori opportunità per l’eco-turismo. Sono già stati ripristinati circa 7.500 ettari di aree costiere e altri 4.500 sono in fase di ripristino entro fine decennio.

La Grande Muraglia Verde

La Grande Muraglia Verde è un’iniziativa ambiziosa che ambisce a ripristinare savane, praterie e terreni agricoli in tutta l’Africa, per aiutare le famiglie e la biodiversità a far fronte ai cambiamenti climatici e impedire che la desertificazione minacci ulteriormente le comunità già vulnerabili.

Lanciata dall’Unione africana nel 2007, questa iniziativa mira a trasformare la vita di milioni di persone nella regione del Sahel creando una cintura di paesaggi verdi e produttivi in 11 Paesi. L’obiettivo per il 2030 è il ripristino di 100 milioni di ettari, con il sequestro di 250 milioni di tonnellate di CO2.

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Interventi sul fiume Gange

Il ripristino della salute del Gange, il fiume sacro dell’India, è al centro di un’importante iniziativa per ridurre l’inquinamento, ricostruire la copertura forestale e apportare una vasta gamma di benefici ai 520 milioni di persone che vivono intorno al suo vasto bacino. I cambiamenti climatici, la crescita demografica, l’industrializzazione e l’irrigazione hanno infatti degradato il Gange lungo il suo percorso di 2.525 chilometri, dall’Himalaya al Golfo del Bengala.

Lanciata nel 2014, l’iniziativa sta riforestando parti del bacino fluviale e promuovendo un’agricoltura sostenibile. L’obiettivo è anche quello di riportare le principali specie di fauna selvatica, tra cui i delfini di fiume, le tartarughe di mare e le lontre. Sono coinvolte 230 organizzazioni, con 1.500 km di fiume ripristinati e 30 mila ettari rimboschiti, con un’obiettivo di oltre quattro volte superiore entro il 2030

Iniziativa multi-paese per la montagna

Le regioni montane devono affrontare sfide uniche. Il cambiamento climatico sta sciogliendo i ghiacciai, erodendo i terreni e spingendo le specie a quote più alte, spesso verso l’estinzione. L’acqua che le montagne forniscono alle pianure sottostanti sta diventando inaffidabile. L’iniziativa si sviluppa in tre regioni diverse tra loro: Serbia, Kirghizistan, Uganda e Ruanda.

In Serbia si sta ampliando la copertura arborea, oltre a rivitalizzare i pascoli; in Kirghizistan i pastori gestiscono le praterie in modo più sostenibile, in modo da fornire cibo migliore sia al bestiame che allo stambecco asiatico; Uganda e Ruanda lavorano per proteggere l’habitat di una delle due sole popolazioni rimaste al mondo di gorilla di montagna, il cui numero è così raddoppiato negli ultimi 30 anni.

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Piccoli Stati insulari in via di sviluppo

Concentrata su tre piccoli Stati insulari in via di sviluppo (Vanuatu, Santa Lucia e Comore), questa iniziativa mira a incrementare il ripristino degli ecosistemi unici e aiutare le comunità insulari a riprendersi dalla pandemia Covid-19. Gli obiettivi includono la riduzione della pressione antropica sulle barriere coralline, in modo che gli stock ittici possano riprendersi.

Oltre a creare una “cassetta degli attrezzi” di soluzioni per lo sviluppo sostenibile delle isole, il progetto mira ad amplificare la voce delle nazioni insulari che devono affrontare l’innalzamento del livello del mare e l’intensificarsi delle tempeste a causa dei cambiamenti climatici.

Iniziativa di conservazione di Altyn Dala

Come molte praterie in tutto il mondo, le vaste steppe dell’Asia centrale sono in declino a causa di fattori quali il pascolo eccessivo, la conversione in terreni coltivabili e il cambiamento del clima. In Kazakistan, l’Altyn Dala Conservation Initiative lavora dal 2005 per ripristinare gli ecosistemi steppici, semidesertici e desertici per tutelare anche la Saiga, un’antilope un tempo abbondante e oggi gravemente minacciata dalla caccia e dalla perdita di habitat.

Oltre a far rivivere e proteggere la steppa, l’iniziativa ha contribuito a conservare le zone umide, che rappresentano uno scalo vitale per circa 10 milioni di uccelli migratori.

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Corridoio secco centroamericano

Esposti a ondate di calore e precipitazioni imprevedibili, gli habitat e le popolazioni del Corridoio secco centroamericano sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Sfruttare i metodi agricoli tradizionali per aumentare la produttività e la biodiversità, è il cuore di questa iniziativa di ripristino degli ecosistemi che riguarda sei Paesi: Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama.

Ad esempio, i sistemi agroforestali che integrano la copertura arborea con colture come il caffè, il cacao e il cardamomo possono aumentare la fertilità del suolo e la disponibilità di acqua, sostenendo al contempo gran parte della biodiversità della foresta tropicale originaria. Entro fine decennio l’obiettivo è quello di ripristinare 100 mila ettari.

Costruire con la natura in Indonesia

Demak, una comunità costiera dell’isola di Giava, in Indonesia, è da tempo colpita da fenomeni di erosione, inondazioni e perdita di terreno a causa della rimozione delle mangrovie per gli stagni di acquacoltura. Invece di ripiantare gli alberi, questa innovativa iniziativa ha costruito strutture simili a recinzioni con materiali naturali lungo la costa, per calmare le onde e intrappolare i sedimenti, creando le condizioni per la ripresa naturale delle mangrovie su circa 200 ettari.

In parallelo, gli abitanti sono stati istruiti su tecniche sostenibili che hanno fatto aumentare la produzione di gamberi; inoltre, sfruttando il fatto che le mangrovie forniscono l’habitat per svariati organismi marini, anche i pescatori hanno visto migliorare le loro catture vicino alla costa.

Iniziativa Shan-Shui in Cina

Questa ambiziosa iniziativa cinese combina 75 progetti su larga scala per ripristinare gli ecosistemi, dalle montagne agli estuari costieri, in tutta la nazione più popolosa del mondo. Tutti includono obiettivi di biodiversità.

Lanciata nel 2016, è il risultato di un approccio sistemico al ripristino: i progetti operano su scala paesaggistica o di bacino idrografico, includono aree agricole e urbane oltre a ecosistemi naturali e cercano di stimolare le industrie locali. Finora sono stati ripristinati circa 3,5 milioni di ettari; l’obiettivo finale è di 10 milioni.

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[Foto in anteprima @Mangrove National Park]

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Giornalista pubblicista, dal 1998 scrive su carta stampata e online. Oggi è direttore responsabile di una testata locale e gestisce Altrov*e, start-up che si occupa di copywriting e comunicazione. Ha lavorato per oltre un decennio nel settore ambientale, oltre ad aver organizzato svariati eventi culturali, in ambito artistico, cinematografico e teatrale. È appassionato di viaggi, in particolare nell’area balcanica e nell’Est Europa, dove ha seguito (e segue) alcuni progetti di volontariato. Ama conoscere, progettare, fotografare e stare a contatto con le persone. Ma ancora di più ama il rugby, i suoi gatti e la sua nuova famiglia.

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