Un crimine disumano, un vero e proprio sterminio portato avanti per nutrire un business macchiato di crudeltà e dalle conseguenze preoccupanti e sfaccettate. Nel 2009 The Cove, documentario diretto da Louie Psihoyos, ha fatto rabbrividire il mondo con le immagini senza filtro della spietata mattanza dei delfini che ogni anno si ripete nelle acque di Taiji, in Giappone, dove circa 23 mila esemplari muoiono violentemente per mano dell’uomo.
Vincitore del premio Oscar nella categoria riservata ai documentari, il film non solo mette in atto una denuncia senza precedenti, difficile da documentare in quanto insabbiata da autorità e locali, ma parallelamente indaga a fondo sugli interessi in gioco e sulle gravi ripercussioni che, in nome del dio denaro, gravano sull’ambiente e sull’uomo stesso.
Louie Psihoyos costruisce il suo racconto attorno all’affascinante figura di Ric O’Barry, un uomo che per sua ammissione ha trascorso dieci anni della sua vita a sostenere lo stesso sistema che per i trentacinque anni successivi si è ripromesso di distruggere. Un tempo Ric è stato il più famoso addestratore di delfini in circolazione, contribuendo al successo televisivo di Flipper, nota serie televisiva che ha per protagonista un simpatico e brillante delfino tursiope.
Dietro ai riflettori dei set e dei parchi acquatici, l’egoismo dell’uomo ha comportato lo sfruttamento della sensibilità di queste creature dall’incredibile intelligenza, costringendo centinaia di delfini alla cattività, una condizione per loro sconvolgente e stressante, spesso causa di morte. Per questo motivo Ric O’Barry ha deciso di dedicare la sua vita al sabotaggio del mercato dei delfini, operando alla fonte. Taiji è infatti il sito in cui si concentra maggiormente la caccia dei delfini, trasportati poi in ogni parte del mondo.
Durante il suo operato, O’Barry si è esposto in prima persona insieme ad altri attivisti, pronti a subire arresti, false accuse e aggressioni che in alcuni casi sono risultate fatali.
A Taiji la caccia avviene dirottando le migrazioni dei delfini, il cui udito viene esasperato fino a metterli in fuga, un tentativo disperato che li condurrà in trappola. Un delfino adatto a diventare attrazione per i delfinari e per i parchi acquatici può fruttare anche 150.000 dollari. I delfini scartati vengono invece condotti in un’insenatura nascosta e resa inaccessibile da recinti, cartelli e aggressioni fisiche. In quel covo degli orrori, migliaia di delfini vengono abbattuti senza pietà, un destino su cui tutti si ostinano a tacere e che nessuno è mai riuscito a documentare.
The Cove nasce dunque per seguire la rischiosa missione ideata da Ric O’Barry, ossia quella di mettere insieme una squadra per raggiungere clandestinamente la fortezza naturale del covo e piazzare telecamere nascoste e idrofoni per poter finalmente raccogliere delle testimonianze inequivocabili sulle barbarie messe in atto a Taiji.
L’impresa di Ric diventa così un racconto avvincente fatto di azioni a carattere militare, inseguimenti della polizia e rischi all’ordine del giorno. Lo stile narrativo adottato dal regista è efficace e di tanto in tanto presenta delle esplicative digressioni, dei link di approfondimento che illuminano aspetti nascosti della questione.
La caccia alle balene e ai cetacei è da sempre un punto spinoso per il Giappone, unico paese ad aggirare le norme affinché tale pratica possa essere perpetuata. Con l’alibi delle ricerche scientifiche, dei costumi tradizionali e dell’impoverimento delle risorse nutritive oceaniche dovute ai grandi cetacei, la politica giapponese è quella di ottenere consensi per legittimare la mattanza delle balene e dei delfini, anche a costo di sfruttare le alleanze con nazioni al limite della bancarotta. La carne di migliaia di delfini viene inoltre spacciata sul mercato per la più costosa carne di balena, nonostante un tasso di mercurio ritenuto venti volte più tossico dei limiti accettabili, e dunque fatali.
Alle sole immagini è affidato il racconto del crudo e straziante sterminio che si consuma nelle acque di Taiji, dove tutto ciò che resta è un’enorme distesa d’acqua insanguinata. Un documento doloroso ed allarmante che Ric O’Barry continua a ribadire alle autorità, alle grandi organizzazioni ambientali di norma assenti sul campo, ma anche ai semplici cittadini, ignari o semplicemente disinteressati a combattere il problema.
Negli ultimi anni, però, qualcosa sembra muoversi ed è recente la notizia che la Waza, una delle più importanti associazioni internazionali che si occupa di zoo e acquari, ha deciso di interrompere i rapporti intrattenuti con il Giappone. Come auspicato da The Cove, è importante coltivare una nuova generazione che abbia a cuore le sorti del pianeta e che impari a valorizzare specie così sensibili, intelligenti e consapevoli di se stesse. Tra queste i delfini, animali socievoli e generosi da cui l’uomo non può far altro che imparare.