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Quale informazione sul cambiamento climatico? Il report del Reuters Institute

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Quale informazione sul cambiamento climatico? Il report del Reuters Institute ultima modifica: 2022-07-05T06:55:24+02:00 da Fabiana Re
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Il Reuters Institute fa un quadro dell’informazione sul cambiamento climatico a livello globale, dal diffuso disinteresse ai nuovi canali di comunicazione

Come fare informazione sul cambiamento climatico nelle società polarizzate di oggi, in cui le notizie sono sempre più veloci e l’attenzione sempre più bassa? È la domanda a cui prova rispondere il Reuters Institute nel suo Digital News Report 2022. Vi dedica un intero capitolo: “In che modo le persone hanno accesso alle notizie sul cambiamento climatico. La traduzione del titolo rende l’idea del contenuto. L’istituto di ricerca inglese ha voluto esplorare le attitudini e i comportamenti del pubblico nei confronti delle notizie sulla crisi climatica. I risultati sono molto interessanti, e parlano anche un po’ di noi.

Chi si informa sul cambiamento climatico?

Analizzando i dati di 46 Stati, emerge che l’attitudine delle persone nei confronti dell’informazione sulla crisi climatica dipende da tre fattori: politica, età e impatti del cambiamento climatico stesso sul territorio. Si dichiarano più interessati a queste notizie gli abitanti dell’America Latina, del Sud Europa e del Sud-Est Asiatico. Spiccano la Grecia e il Portogallo (53% dei rispondenti), il Cile e le Filippine (52%). Anche l’Italia non si posiziona male (46%), soprattutto se si guarda alla media europea. Qualche numero? In Francia solo il 36% degli intervistati si dichiara attento alle notizie sul cambiamento climatico, in Olanda il 37%. Il premio per il disinteresse va però agli Stati Uniti, con un misero 30%.

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Come spiegare questo divario? Un primo fattore è la polarizzazione politica. Negli Stati in cui destra e sinistra sono nettamente contrapposte, in media vi è un minore interesse nei confronti del cambiamento climatico. O meglio, il disinteresse della destra va a controbilanciare la maggiore attenzione della sinistra. “Vediamo un enorme numero di persone, soprattutto di destra, affermare che non prestano attenzione ad alcuna fonte di informazione sul cambiamento climatico, osserva Craig T. Robertson, autore del capitolo.

C’è però un altro fattore da tenere in considerazione. Recentemente molti Stati hanno sperimentato sulla loro pelle eventi estremi correlati al cambiamento climatico. I violenti incendi in Grecia e Portogallo, la siccità in Cile e, ora, in Italia sono solo alcuni esempi. Sono le nazioni più colpite dalla crisi climatica già in atto ad essere più attente alle notizie inerenti. “Ma se solo le manifestazioni visibili del cambiamento climatico riescono ad attirare l’attenzione, ciò solleva un problema”, si legge nel report. Occorre un’informazione precisa e credibile prima che i disastri avvengano, e non solo i titoli in prima pagina a danno avvenuto.

Un esempio da manuale è l’attenzione data dai media al problema della siccità nel Nord Italia. La sfida è affrontare il tema focalizzandosi non solo sull’evento estremo in sé, ma soprattutto sulle cause e sulle decisioni che hanno condotto a questa situazione.

Come cambia l’informazione

Scorrendo il capitolo si incontrano altri dati interessanti che illustrano la crisi del settore dell’informazione. Per quanto riguarda le notizie sul cambiamento climatico, non sono infatti le testate giornalistiche la fonte di notizie preferita dagli intervistati (33%). A superarle sono i documentari (39%) che hanno dalla loro parte una forte carica emotiva, anche se talvolta sono accusati di scarsa accuratezza.

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Gli under 35 sono inoltre più inclini a informarsi attraverso i profili social di attivisti e celebrità, i cosiddetti “green influencer” . Le redazioni possono trarre importanti lezioni da questi dati. Occorre migliorare lo storytelling della crisi climatica, una questione che ai più può apparire astratta, complessa e lontana. Il pubblico di oggi è più coinvolto da un documentario o da un reel su Instagram che da un servizio in TV.

Il mondo dell’informazione deve schierarsi?

L’ultima questione che si pone è il grado di neutralità che l’informazione deve avere nei confronti del cambiamento climatico. Gli intervistati in America Latina, Europa del Sud e Sud Est asiatico vorrebbero che le testate prendessero una posizione più netta a favore dell’azione contro il cambiamento climatico. Insomma, un’informazione un po’ attivista, sulla scia del Guardian che per primo ha adottato delle linee guida per parlare di “crisi climatica”. In altri Stati (in particolare Germania, Norvegia, USA) si preferiscono notizie imparziali. È anche una questione di età: la neutralità dell’informazione è preferita dagli over 55.

Cosa dovrebbero fare quindi i giornalisti? Prendere una posizione netta potrebbe accrescere l’attenzione nei confronti del cambiamento climatico, ma al tempo stesso allontanare ulteriormente i pubblici più diffidenti e creare nuove divisioni. Ma forse la vera domanda è se si possa restare imparziali di fronte a un problema di tale portata.

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Studentessa torinese di Economia dell’Ambiente, della Cultura e del Territorio, trascorre il suo tempo a districarsi tra molteplici passioni e a rincorrere mille sogni. Tra lettura, disegno, scrittura creativa ed esperimenti di cucina vegana di alterno successo, i giorni di sole 24 ore finiscono sempre troppo in fretta.

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