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Incendi nell’Artico nel giugno 2024, dati preoccupanti

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Incendi nell’Artico nel giugno 2024, dati preoccupanti ultima modifica: 2024-07-08T07:01:41+02:00 da Marco Grilli
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Gli incendi nell’Artico dello scorso mese, divampati soprattutto nella Repubblica di Sakha in Russia, hanno provocato alte emissioni di carbonio

Gli incendi verificatisi nello scorso giugno nella regione artica della Repubblica di Sakha, in Russia, stanno destando forti preoccupazioni per le condizioni generali del Circolo Polare Artico, fortemente minacciato dai cambiamenti climatici in atto.

I dati provengono dal Servizio di monitoraggio dell’atmosfera di Copernicus (CAMS), che ha preso in considerazione le emissioni di incendi boschivi con il conseguente trasporto di fumo in Artico nel mese di giugno 2024. La maggior parte di tali incendi ha riguardato proprio la regione sopra citata, già particolarmente colpita dalle fiamme nell’estate 2021.

Le emissioni di carbonio derivate dagli incendi di giugno sono le terze più alte degli ultimi due decenni (dopo le rilevanti stagioni incendiarie del 2019 e 2020), come dimostrano i dati del CAMS Global Fire Assimilation System (GFAS).

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I commenti e l’Arctic Basecamp

Nel monitoraggio delle emissioni di incendi boschivi che effettuiamo al CAMS, prestiamo particolare attenzione alle alte latitudini settentrionali e all’Artico durante i mesi estivi. Le emissioni di incendi nell’Artico sono state a livelli abbastanza tipici nelle ultime tre estati, ma abbiamo osservato che i recenti incendi si sono sviluppati in seguito a condizioni più calde e secche, simili agli incendi diffusi del 2019 e del 2020. È la terza volta dal 2019 che osserviamo incendi artici significativi e abbiamo dimostrato che questa regione nord-orientale dell’Artico ha registrato il maggiore aumento di incendi estremi negli ultimi due decenni”, ha dichiarato Mark Parrington, Senior Scientist CAMS.

I cambiamenti climatici dell’Artico sono molto importanti e meritevoli di notevole attenzione, poiché impattano sulle condizioni del pianeta Terra nel suo complesso. Proprio in virtù di tale aspetto, il CAMS collabora con Arctic Basecamp, un’organizzazione che riunisce esperti e scienziati dell’Artico, dotata pure di un vero e proprio campo base in tale regione.

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Da sette anni questo team porta il tema Artico all’incontro annuale del World Economic Forum (WEF) a Davos, chiedendo ai leader globali di agire concretamente e responsabilmente per affrontare i rischi globali derivanti dal cambiamento artico.

Nel 2022 l’Arctic Basecamp ha lanciato pure l’Arctic Risk Platform, al fine di fornire le conoscenze scientifiche sui rischi dei cambiamenti climatici nell’Artico ai decisori di tutto il mondo, dai politici alle aziende. Il lavoro in sinergia tra CAMS e Arctic Basecamp mira invece a tradurre i dati sugli incendi boschivi in un sistema di allerta per eventi climatici straordinari nell’Artico.

Secondo Gail Whiteman, docente dell’Università di Exeter e fondatrice di Arctic Basecamp, “l’Artico è il punto di partenza dei cambiamenti climatici e l’aumento degli incendi in Siberia è un chiaro segnale d’allarme del fatto che questo sistema essenziale si sta avvicinando a pericolosi punti di svolta climatici. Ciò che accade nell’Artico non rimane lì: il cambiamento artico amplifica i rischi a livello globale per tutti noi. Questi incendi sono un grido d’allarme che richiede un’azione urgente”.

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Il monitoraggio

Il campanello d’allarme per quanto concerne la regione artica della Repubblica di Sakha deriva dalla registrazione di temperature superficiali dell’aria molto più elevate, combinate a condizioni superficiali più secche del solito per il periodo dell’anno. Una vera e propria miscela esplosiva, che fornisce le condizioni ambientali favorevoli agli incendi boschivi in seguito all’innesco. Gli scienziati del CAMS hanno monitorato un aumento significativo sia del potere radiativo totale giornaliero degli incendi (FRP), un indice della loro intensità, sia delle emissioni di fumo in tutta la regione.

Come già accennato in precedenza, le emissioni totali mensili di carbonio degli incendi boschivi – stimate dal CAMS sulla base delle osservazioni dell’FRP – si attestano a 6,8 megatonnellate di carbonio, le terze più alte degli ultimi due decenni dopo le 16,3 e 13,8 registrate rispettivamente nei mesi di giugno 2020 e 2019.

Dati sulle emissioni degli incendi in Artico
Potenza radiativa totale giornaliera del fuoco dal 1 giugno 2024 (con barre rosse che mostrano 2024 e barre grigie che mostrano la media 2003-2023, a sinistra) e il totale delle emissioni di carbonio stimate di giugno (fino al 26 giugno per il 2024, a destra) per il Circolo Polare Artico | Fonte CAMS

L’Artico si sta riscaldando a un ritmo ben superiore a quello del pianeta nel suo complesso. Di conseguenza, le condizioni alle alte latitudini settentrionali stanno diventando più favorevoli agli incendi boschivi e uno studio recente mostra che la regione artica nord-orientale e le foreste boreali e temperate hanno sperimentato un aumento degli incendi boschivi estremi. Ne siamo stati testimoni nel 2019, 2020 e 2021, quando le regioni artiche orientali e subartiche hanno sperimentato livelli molto elevati di attività di incendi boschivi, e di nuovo nel 2023, soprattutto alle alte latitudini in Canada”, ha commentato ancora Parrington.

In un recente studio pubblicato su Nature, dal titolo “Aumento della frequenza e dell’intensità degli incendi più estremi sulla Terra”, gli autori hanno osservato che il cambiamento climatico sta esacerbando le condizioni degli incendi boschivi. Nonostante il calo della superficie totale bruciata sulla Terra, preoccupa il peggioramento del comportamento degli incendi in diverse regioni, in particolare nei biomi delle conifere boreali e temperate, con implicazioni sostanziali per lo stoccaggio del carbonio e l’esposizione umana ai disastrosi effetti degli incendi boschivi.

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Oltre alle emissioni di carbonio, l’accumulo di fumo da incendi boschivi ha un impatto sulla qualità dell’aria alle alte latitudini e può anche potenzialmente portare alla deposizione superficiale degli aerosol nel fumo. Ad esempio, la deposizione di carbonio nero e fuliggine da incendi boschivi può potenzialmente scurire le superfici di neve e ghiaccio, riducendone l’albedo e facendo sì che assorbano più energia solare, rendendoli più inclini a sciogliersi”, sottolinea il CAMS.

Gli incendi nella Repubblica di Sakha

L’aumento del numero degli incendi e del trasporto di fumo ha condotto a valori di profondità ottica degli aerosol (AOD) più elevati su vaste aree dell’estremo oriente della Russia. Stando alle previsioni AOD di CAMS, il fumo degli incendi boschivi si sposta attraverso la regione in due direzioni principali, verso nord sulle isole Anzhu e nell’oceano Artico, e verso sud attraverso l’oblast di Magadan e nel mare di Okhotsk dal 19 giugno. Al momento, fortunatamente, le concentrazioni relativamente elevate di PM2.5 in superficie nell’area non hanno ripercussioni sui grandi centri abitati.

Lo stato di emergenza nella Repubblica di Sakha è stato dichiarato dalle autorità lo scorso 11 giugno, in concomitanza con il divampare degli incendi. Citando le ultime informazioni diffuse dell’organizzazione federale russa Avialesookhrana, il 24 giugno scorso nella repubblica sopra citata sono stati rilevati ben 164 incendi boschivi in un’area di 459.504 ettari, mentre il 27 giugno quelli ancora attivi erano 72 su una superficie di 283.266 ettari.

Nella regione sono stati segnalati anche casi di piroconvezione, ovvero una convezione forte e profonda che a volte può verificarsi all’interno di una colonna di incendio e che può far aumentare le dimensioni dell’incendio e renderlo più irregolare”, sottolinea ancora il CAMS.

Per i media locali gli incendi boschivi nella regione sono conseguenti ad un periodo di temperature superficiali dell’aria anomale rilevate alla fine di maggio, con temperature previste di 7-9°C superiori alla norma. Tali notizie sono confermate dai dati del Copernicus Climate Change Service (*C3S)  relativi alle prime tre settimane di giugno, che hanno rilevato anomalie negative (più secche) dell’umidità del suolo ed anomalie positive (più calde) della temperatura superficiale.

Gli incendi nel Pantanal 

Oltre agli incendi nell’Artico, il CAMS ha studiato pure l’intensità e le emissioni degli incendi nelle zone umide del Pantanal, situate in Brasile, Bolivia e Paraguay. Nella provincia brasiliana di Mato Grosso do Sulil totale giornaliero di FRP è stato significativamente superiore alla media per diverse settimane e le emissioni totali di carbonio per i mesi di maggio e giugno sono più che raddoppiate rispetto ai precedenti valori massimi registrati nel set di dati GFAS nel periodo maggio-giugno 2009”.

La situazione desta particolare preoccupazione perché le emissioni totali stimate per maggio-giugno sono le più alte dal 2004 per il Brasile e degli ultimi venti anni per Bolivia e Paraguay. Non brucia solo l’Artico.

[Immagine di copertina di SatWolrd]

Incendi nell’Artico nel giugno 2024, dati preoccupanti ultima modifica: 2024-07-08T07:01:41+02:00 da Marco Grilli

Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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