Le Marche si avviano a diventare la regione dei polli e del Capitale

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Le Marche si avviano a diventare la regione dei polli e del Capitale ultima modifica: 2020-11-09T08:00:58+01:00 da Redazione eHabitat.it
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Ci sono zone in Italia ancora poco conosciute ai media in cui i cittadini si ammalano, gli animali vengono sfruttati e il paesaggio è devastato a causa dell’attività produttiva di pochi che condiziona le vite di un numero considerevole di famiglie. È il caso della regione Marche e degli allevamenti intesivi di polli che stanno proliferando nonostante le proteste dei comitati spontanei.

Nella primavera del 2017, in Vaticano, si tenne il ciclo di conferenze “Biological Extinction” a cui parteciparono alcuni tra i più illustri scienziati a livello globale.

Il tema centrale fu la biodiversità, individuata da tutti come vero motore del mondo. Non l’inquinamento, né l’effetto serra sono state considerate come la causa primaria del declino del nostro pianeta, ma la distruzione della biodiversità.

Viviamo in un mondo sempre più uguale a se stesso, in cui razze animali e vegetali vengono fatte proliferare in base al nostro bisogno specifico.

Allevamenti intensivi: la verità sulle condizioni degli animali

Le statistiche ufficiali ci dicono che tra i mammiferi, le specie selvatiche ammontano appena al 4% del totale, contro il 36% degli esseri umani e il 60% di bestiame da allevamento.

Ma un dato ancor più sconcertante riguarda la popolazione di uccelli, dove il 70% a livello mondiale è coperto dai polli da allevamento.

L’Italia e gli allevamenti intensivi di polli

Se dal globale stringiamo un pò, scopriamo che la nostra nazione ha un serio problema con questa tipologia di allevamenti, principalmente nelle regioni di Veneto, Emilia Romagna e Marche, anche se queste ultime sono in una fase meno avanzata, seppure in rapidissima crescita.

Una delle anomalie di sistema che permettono il proliferare degli allevamenti intensivi, come evidenzia anche Greenpeace, è la normativa europea. Il fatto che colossi che si trovano sugli scaffali di tutti i supermercati vengano praticamente equiparati ad un semplice contadino, permette che possano beneficiare dei fondi europei destinati all’agricoltura.

Infatti la Politica agricola comune (Pac), nata per proteggere piccoli allevatori ed agricoltori dalle oscillazioni del mercato, dai primi anni 2000 si è invece sempre più legata all’estensione delle superfici usate, favorendo le grandi aziende produttrici di mangimi, come soia e granturco.

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E non finisce qui, perché la maggior parte dell’intero budget dell’Unione Europea, circa l’80%, viene assorbito dal settore zootecnico: si parla di decine di miliardi di euro.

E l’assurdità è che fra i grandi problemi correlati agli allevamenti intensivi, come confermato da numerosi studi, troviamo in primis l’utilizzo massiccio dei terreni agricoli allo scopo di creare mangimi, il che porta alla distruzione della piccola agricoltura.

A questo aggiungiamo la svalutazione di tutte le proprietà che si trovano in un raggio fino a 3 km da questi allevamenti, che varia dal 30 al 70% a seconda della distanza.

Non di minor importanza i problemi alla salute di chi viene esposto alle polveri che si liberano nell’aria. Fra questi, uno dei rischi più noti è legato al virus dell’Aviaria, che già in alcuni casi è stato trovato in alcuni allevamenti italiani.

In ultimo, ma ugualmente pericoloso, la possibilità di inquinamento delle falde acquifere a causa degli escrementi ricchi di antibiotici e sostanze acide.

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Gli allevamenti intensivi di polli nelle Marche

Tutte problematiche che sono state già abbondantemente riscontrate nelle regioni in cui il settore è preponderante e presente da anni, Veneto ed Emilia Romagna per l’appunto. Ma le Marche sono in corsa sulla stessa china.

Dagli anni ’70, il settore zootecnico marchigiano che più è cresciuto, praticamente quadruplicato, è quello avicolo.
E nello specifico, le Marche sono la sede operativa di uno dei più grandi brand nazionali del settore.

Un’azienda che, dopo essersi fatta strada nel mercato italiano puntando sul biologico, oggi si è votata quasi interamente alla produzione intensiva, come dimostrano i rapporti regionali, in cui si evidenzia che meno del 10% della produzione sia certificata bio.

Comitati contro gli allevamenti intensivi nelle Marche
Un’azione dei Comitati contro gli allevamenti intensivi di polli nelle Marche

Inoltre, l’espansione in questo settore sembrerebbe concentrarsi in un’area specifica, interessata dalla costruzione di sempre più numerosi capannoni da allevamento intensivo.

Si tratta della valle del Fiume Esino, una della zone più importanti da un punto di vista paesaggistico, nonché patria del noto Verdicchio dei Castelli di Jesi, vino emblema dell’intera regione.

Troviamo, in questa piccola porzione di centro Italia, una proliferazione incredibile di maxi-pollai, il che porterà a segnare in maniera invasiva la vita di numerose famiglie e la forma di un intero territorio.

Ad oggi ci sono capannoni per un totale di 10 milioni e mezzo di polli/anno, di cui un solo milione e mezzo sono bio, in un’area di appena 150 km quadrati.

E sono previsti nuovi allevamenti sempre nella stessa zona, a San Lorenzo in Campo per 1 milione e 800 mila polli/anno, e a Monteroberto per 2 milioni e mezzo.

La battaglia dei comitati civici contro i maxi-pollai

Questo ha portato alla formazione di comitati spontanei di cittadini per fermarne la costruzione, portando avanti battaglie sia legali che di sensibilizzazione.

comitati contro allevamenti intensivi polli marche
Sit-in di protesta contro gli allevamenti intensivi di polli nelle Marche

Le Marche, terra ancora vergine, con grandi potenzialità turistiche legate alla loro bellezza ma anche alla tradizione eno-gastronomica, si avviano tristemente a seguire le orme di Veneto ed Emilia Romagna.

La cultura e la tradizione verranno sacrificate sull’altare del fast food, con cibo di basso costo, bassa qualità e dubbia salubrità. Il motivo non è neanche rintracciabile nella ricaduta lavorativa sul territorio, visto che il numero di persone occupate in questi giganteschi pollai si conta di solito sulle dita di una mano.

E in ogni caso, anche a fronte di un eventuale ricatto occupazionale, sarebbe il caso di smetterla di ragionare come la cicala, condannando intere valli per un piatto di lenticchie, al solo scopo di arricchire pochi privati, che poi, a distanza di anni, lasceranno un territorio devastato, con danni enormi e irrisolvibili.

Comitati contro gli allevamenti intensivi nelle marche
Sit-in di protesta contro gli allevamenti intensivi di polli nelle Marche

Non esistono solo Taranto, Falconara Marittima, Terni, Casale Monferrato. Ci sono luoghi meno conosciuti ai media dove la gente si ammala ugualmente e dove il potere di pochi condiziona le vite di moltissime famiglie, come Lozzo Atestino, Polesine Camerine, e Lendinara in Veneto o Forlì in Emilia.

E da qualche anno anche nelle Marche, specialmente nella valle del Fiume Esino.

Chissà se prima del prossimo convegno “Biological Extinction” si sarà capito che massificare e uniformare ci porterà sempre più in fretta verso il declino e verso gravi catastrofi ambientali.

Al. T.

[video credits: CIWF Italia Onlus]

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2 Commenti

  1. il mio plauso per questo articolo che analizza sinteticamente il problema degli allevamenti intensivi con particolare riguardo alla Regione Marche. Ho provveduto a condividerlo con amici e soci dell’associazione Fare Verde alla quale sono iscritto. Cordialità. Sandro Marano

  2. Non pensavo che anche le Marche potessero adottare queste tecniche di mercato .Mi fidavo dei marchi marchigiani sui polli .Evidentemente stanno adottando politiche sbagliate che ci porterà seri problemi alla salute e qualità scarse di vita verso i poveri animali.

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