Focalizzando l’attenzione sul territorio lombardo, il climatologo piemontese porta l’attenzione sugli allevamenti intensivi come attuali responsabili della formazione di particolato atmosferico.
Covid-19 e polveri sottili: il climatologo piemontese Luca Mercalli ha messo in luce le ragioni della mancata riduzione di polveri sottili, che aggravano la diffusione del Coronavirus.
Covid-19 e polveri sottili: il parere dell’esperto
Nonostante la drastica riduzione del traffico sulle strade ed il blocco di quasi tutte le attività produttive, la Lombardia continua a registrare un’aria piena di polveri sottili.
Lo ha sottolineato Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, nel corso della trasmissione “Sono le venti“, andata in onda sul canale Nove.
Non c’è più tempo, il nuovo libro di Luca Mercalli racconta come reagire agli allarmi ambientali
In Pianura Padana sono ultimamente diminuiti alcuni inquinanti, come gli ossidi di azoto o la CO2 fossile, ma non le polveri sottili. Nello specifico, si parla di particolato secondario, derivante dal settore agricolo.
Bisogna ricordare, infatti, che tra le attività che non hanno conosciuto tregua in questo periodo troviamo quelle zootecniche. In particolare, le realtà degli allevamenti intensivi presenti sul territorio lombardo rimangono le principali imputate della formazione di particolato, a causa dell’ingente produzione di liquami, utilizzati per lo spandimento sui terreni agricoli come concime.
Le deiezioni rilasciate dal bestiame non si interrano facilmente e tendono a rilasciare grandi quote di ammoniaca. Quest’ultima, reagendo con sostanze chimiche presenti nell’aria, produce solfato di ammonio e nitrato di ammonio, che vanno a comporre circa la metà del particolato atmosferico. Queste sostanze tendono a favorire irritazioni ai nostri polmoni, contribuendo ad aggravare le condizioni in caso di infezione da Covid-19.
Allevamenti intensivi: la verità sulle condizioni degli animali
Covid-19 e polveri sottili: come agire
Il mancato intervento su queste situazioni rischia di contribuire alla gravità di questo virus, particolarmente attivo in alcune aree della nostra Penisola. Secondo il parere dell’esperto, quindi, la persistenza di queste attività, rimaste pressoché inalterate nonostante la quarantena, è un fattore su cui agire subito. Da una parte, occorrerebbe ridurre la concentrazione degli animali da allevamento, in particolare bovini e suini, presenti in alcune zone del Paese. L’adozione di pratiche agronomiche più attente e sostenibili e la gestione ottimale dei liquami prodotti aiuterebbe a contrastare e ridurre la formazione di ammoniaca.
Dall’altra, nel proprio piccolo l’azione individuale di limitare il consumo di carne rappresenta un valido contributo per rendersi protagonisti del cambiamento.