Piccole variazioni nei menù delle mense scolastiche possono influenzare molto le nostre abitudini alimentari e il consumo di carne
Aumentare la presenza di piatti vegetariani nelle mense scolastiche per ridurre il consumo di carne.
Lo ha dimostrato un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge, con uno studio che potrebbe avere implicazioni importantissime sugli interventi mirati alla riduzione del consumo di carne.
L’analisi, della durata di un anno, è stata svolta su un campione di studenti di tre mense universitarie, per un totale di oltre 94 mila coperti. I risultati sono sorprendenti: all’aumentare del numero delle opzioni senza carne disponibili nelle mense, da uno su quattro a due su quattro, il consumo di piatti a base di carne è crollato in percentuale di un valore tra il 41 al 79 per cento.
Incrementando infatti l’offerta a base vegetale, aumenta anche la possibilità che la scelta dei consumatori ricada proprio su uno di questi piatti.
Il legame nascosto tra alimentazione, salute e ambiente
Facciamo un piccolo passo indietro: ciò che mangiamo ha un effetto sia sulla nostra salute che sull’ambiente circostante.
È ampiamente provato, per esempio, che ad un eccessivo consumo di carne – soprattutto se rossa e processata – sia associato il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e respiratorie, diabete di tipo 2 e cancro. Patologie, queste, responsabili oggi del 91% dei decessi in Italia.
Parlando di ambiente, l’industria dell’allevamento oggi, per come concepita, rappresenta un sistema intrinsecamente insostenibile. Essa è ritenuta un fattore centrale per uso di risorse alimentari e idriche, inquinamento delle acque, degradazione e infertilità dei terreni, deforestazione, perdita di biodiversità ed emissioni di gas serra nell’atmosfera.
Ridurre il consumo di carne rappresenta dunque una vera e propria necessità, per alleviare l’impronta della produzione alimentare sull’ambiente e sul clima.
Attenzione però: non è necessario eliminare totalmente la carne dalla propria dieta. «Già riducendone il consumo da cinque a due volte alla settimana, si può arrivare ad un risparmio di emissioni del 30 per cento». Queste le parole di Riccardo Valentini, membro del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, nonché coordinatore di SU-EATABLE LIFE, progetto triennale finanziato dalla Commissione europea che mira a dimostrare l’importanza ecologica di adottare diete sostenibili.
La “spinta gentile” per stimolare un minor consumo di carne
Oggi più che mai, quindi, trovare il modo di aumentare il consumo degli alimenti vegetali può risultare determinante per invertire un trend che ad oggi sembra davvero inarrestabile.
Per orientare gli studenti universitari a compiere scelte alimentari più giuste per la loro salute e per l’ambiente, i ricercatori di Cambridge hanno così adottato una strategia nota come nudging. Una “spinta gentile” per portare gli altri a compiere determinate scelte, senza che siano in alcun modo obbligati a compierla.
E così, piccole variazioni nei menù delle mense, dando maggior risalto ad alcuni tipi di piatti rispetto ad altri, possono influenzare in modo significativo le nostre abitudini alimentari, e l’impronta ecologica che queste hanno.
Riducendo il numero di piatti a base di carne di agnello e manzo (le peggiori, dal punto di vista dell’impronta ambientale), la quantità di emissioni per chilogrammo di cibo è stata abbattuta del 33 per cento, mentre quella di terreno consumato del 28 per cento.
È stato inoltre escluso ogni effetto rebound, per cui ad un minor consumo di carne a pranzo ne corrisponde uno maggiore nei pasti successivi.
Aspetto ancora più interessante, lo studio ha rivelato come i cibi vegetariani fossero scelti maggiormente proprio dai più “carnivori”. Motivo in più per credere che una simile strategia, senza obbligare nessuno, possa davvero essere la chiave per modificare le abitudini alimentari.

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