allevamenti gli allevamenti intensivi proposta di legge

Oltre gli allevamenti intensivi, la proposta di legge presentata dalle associazioni animaliste

in Animali|News
Oltre gli allevamenti intensivi, la proposta di legge presentata dalle associazioni animaliste ultima modifica: 2024-03-11T04:11:58+01:00 da Marco Grilli
da

Oltre gli allevamenti intensivi è la proposta di legge presentata da cinque associazioni per la transizione agro-ecologica della zootecnia

Fermare l’espansione degli allevamenti intensivi ed avviare la transizione ecologica del comparto zootecnico: sono questi i principali obiettivi della proposta di legge presentata in Parlamento da cinque associazioni (Greenpeace Italia, ISDE – Medici per l’ambiente, Lipu, Terra! e WWF Italia).

“La nostra proposta si rivolge ai soggetti istituzionali, economici e sociali, affinché tutte le parti siano impegnate per garantire la piena tutela dell’ambiente, della salute pubblica e dei lavoratori. Si tratta di una normativa che offre agli allevatori, soprattutto ai più piccoli, costretti a produrre sempre di più con margini di guadagno sempre più bassi, una via d’uscita che tuteli il nostro futuro e quello del pianeta. Proponiamo un piano nazionale basato su un adeguato sostegno pubblico per la riconversione in chiave agro-ecologica degli allevamenti intensivi”, hanno dichiarato le associazioni.

Durante l’evento di presentazione alla Camera dei deputati, sono intervenuti a sostegno dell’iniziativa, tra gli altri, i deputati: Michela Vittoria Brambilla (Noi Moderati), Eleonora Evi (Alleanza Verdi Sinistra), Carmen Di Lauro (Movimento 5 Stelle) Andrea Orlando e Chiara Gribaudo (Partito Democratico), oltre al Comitato G.A.E.T.A. di Schivenoglia (Mn), uno dei comitati locali contro gli allevamenti intensivi.

Alla base della proposta delle associazioni vi è la convinzione che “gli eventi climatici estremi sempre più frequenti e le pesanti ricadute sulla qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo impongano la ricerca di una nuova efficienza alimentare che prediliga produzioni a più basso consumo di risorse e con minori impatti ambientali, sociali e sanitari.

Gli impatti degli allevamenti intensivi

In Italia ogni anno vengono allevati in modo intensivo oltre 700 milioni di animali, con un incredibile consumo di risorse. “Circa due terzi dei cereali commercializzati in Europa si trasformano in mangime, e circa il 70% dei terreni agricoli europei sono destinati all’alimentazione animale, basata principalmente su coltivazioni come il mais, che richiedono un grande uso di acqua, anche questa risorsa sempre più scarsa. Ridurre il numero di animali allevati in modo intensivo permetterebbe di liberare risorse per produrre cibo direttamente consumabile dalle persone, con un uso più efficiente delle risorse stesse: secondo stime della FAO e dell’OMS, un ettaro coltivato a cereali fornisce cinque volte più proteine di un ettaro destinato alla produzione di mangimi per l’allevamento da carne, mentre i legumi ne forniscono dieci volte di più”, si legge nel testo della proposta di legge.

Allevamenti intensivi di maiali in Spagna, gli effetti sono devastanti

La grande richiesta di mangimi rende inoltre il nostro Paese fortemente dipendente dalle importazioni da Paesi extra Ue, generando un ulteriore e devastante impatto ambientale, se consideriamo la perdita di biodiversità dovuta alla distruzione di foresta primaria ed al largo impiego di pesticidi.

Oltre poi alla rilevante questione etica, connessa all’indicibile sofferenza degli animali in queste strutture, vi è il gravissimo problema dell’inquinamento, poiché il settore zootecnico nel nostro Paese è responsabile di oltre due terzi delle emissioni di ammoniaca (274mila tonnellate), mentre gli allevamenti intensivi sono la seconda causa di formazione del particolato fine atmosferico (PM2,5), che ha provocato ben 52.303 morti premature in Italia nel 2020, il dato più elevato in Europa. Inoltre, in particolare nelle regioni ad alta densità zootecnica, la notevole produzione di azoto è all’origine dell’inquinamento del suolo e dei corpi idrici.

Non mancano poi problematiche economiche e rischi sanitari: i relatori della proposta di legge fanno presente che l’elevata dipendenza da fattori esterni (mangimi, energia, acqua) e le stesse condizioni di allevamento (un grande numero di animali geneticamente simili rinchiusi in spazi ristretti), fanno sì che questo metodo di produzione sia soggetto a crisi cicliche e sia sempre più vulnerabile alle epidemie. “Questo ne fa un sistema non in grado di autosostenersi dal punto di vista economico, ma bisognoso di continui e ingenti aiuti pubblici, europei e nazionali”, sottolineano i relatori.

Svizzera, un referendum per vietare gli allevamenti intensivi

Accordi internazionali

La proposta di legge presentata dalle cinque associazioni risulta coerente sia con l’implementazione delle Strategie europee Farm to Fork e Biodiversità 2030 per le quali i sistemi alimentari devono “urgentemente diventare sostenibili e operare entro i limiti ecologici del pianeta” – sia con gli impegni assunti dal nostro Paese alla recente COP28, che prevedono tra l’altro la necessità di integrare il cibo nel Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.

Cambiamo Agricoltura, il Green Deal non è la causa della crisi

C’è poi la Direttiva NEC (National Emission Ceiling), che a partire dal 2030 impegna l’Italia a diminuire le emissioni di ammoniaca e PM2,5, rispettivamente del 16 e del 40% a confronto dei livelli del 2005. Non bisogna inoltre dimenticare che l’Italia è sotto procedura d’infrazione per la  Direttiva Nitrati, che gli impone di affrontare e ridurre le emissioni di ammoniaca zootecnica, per non incorrere in pesanti sanzioni da parte della Corte di giustizia europea.

Lo stesso inquinamento da nitrati è poi correlato al rispetto della Direttiva quadro sulle Acque (2000/60/CE), che impegnava gli Stati membri ad ampliare la protezione delle acque superficiali e sotterranee al fine di raggiungere un loro “buono” stato entro la fine del 2015, una scadenza poi rinviata al 2027, con il nostro Paese ancora in ritardo.

La proposta di legge 

L’80% dei fondi europei per la nostra agricoltura va ad esclusivo vantaggio di un 20% di aziende di grandi dimensioni. Stando ai dati Eurostat, dal 2004 al 2016 l’Italia ha perso oltre 320mila aziende, con un calo del 38% di quelle più piccole, rispetto ad un aumento di quelle più grandi (+23%) e molto grandi (+21%).

La proposta di legge mira a correggere questa stortura, tramite una riconversione del settore zootecnico che metta al centro le aziende agricole di piccole dimensioni basate su metodi agro-ecologici. “L’obiettivo è quello di creare le condizioni per un sistema produttivo che sia ripensato sulla piccola scala, con margini di guadagno più equi per i produttori e con politiche di sostegno ai prezzi che permettano a tutta la popolazione di accedere a cibi sani e di qualità, che rispondano ai valori positivi del ‘Made in Italy’ ”, si legge nel testo della proposta di legge.

La transizione ecologica della zootecnia – quale percorso condiviso tra allevatori, produttori e consumatori – non potrà dunque prescindere da una riduzione dei volumi di produzione e consumo di carne ed altre proteine animali (in quest’ultimo ambito l’Italia supera addirittura i limiti consigliati dall’Organizzazione mondiale della Sanità), e da un freno agli allevamenti intensivi, mediante una moratoria sull’apertura di nuove strutture di questo tipo e sull’aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti.

Allevamenti intensivi di quaglie, l’indagine shock di Essere Animali

Questi sono i punti fermi della proposta di legge, che prevede un Piano graduale di conversione del settore zootecnico con incentivi economici e tecnici per sostenere le aziende verso l’adozione di pratiche sostenibili, fornendo anche indirizzi e strumenti per diminuire la competizione tra alimenti per le persone e mangimi per gli animali.

Attori economici e sociali ed agenzie ed enti di ricerca istituzionali faranno parte del Tavolo di partenariato, che sarà istituito per redigere il Piano ed implementarlo. Al suo finanziamento provvederà invece il Fondo nazionale per la riconversione del settore zootecnico, che ammonterà a 10 milioni l’anno nel triennio 2024-2026, a valere sulle risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

È prevista inoltre un’attenzione particolare per la diffusione di programmi alimentari improntati ad una dieta sana ed equilibrata, all’insegna di un minore consumo di carne e proteine animali.

La proposta di legge si rivolge in modo trasversale non solo a tutti gli attori coinvolti ma all’intero arco parlamentare, “nella convinzione che essa possa costituire un passo in avanti nella tutela della salute, dell’ambiente e dei diritti degli animali, coerente con le modifiche introdotte agli articoli 9 e 41 della Costituzione, e un riferimento nel percorso per la revisione del Codice dell’Ambiente”.

Una zootecnia più sostenibile è possibile.

[Credits foto: Associazione medici per l’ambiente – ISDE Italia, isde.it]

Oltre gli allevamenti intensivi, la proposta di legge presentata dalle associazioni animaliste ultima modifica: 2024-03-11T04:11:58+01:00 da Marco Grilli

Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non verra pubblicato

*

Ultimi articolo di Animali

Go to Top