Desertificazione in Italia, la situazione attuale e gli scenari

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Desertificazione in Italia, la situazione attuale e gli scenari ultima modifica: 2024-01-23T07:07:31+01:00 da Davide Mazzocco
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La desertificazione in Italia è una delle conseguenze più evidenti della crisi climatica. L’intervista a Michele Munafò dell’Istituto per la Protezione e per la Ricerca Ambientale

In Italia, il 2023 è stato il secondo anno con la temperatura media più alta degli ultimi 44 anni, dietro soltanto al 2022. A partire dal 2011, per tredici anni consecutivi, nel nostro Paese la temperatura media dell’aria a due metri da terra è stata superiore ai 14° C, una sequenza senza precedenti. Questo deciso incremento della temperatura media che ha portato a un record di 15,42° C nel 2022 e ai 15,39° C del 2023 è correlato a un processo di progressiva desertificazione di porzioni di territorio sempre più ampie del nostro Paese.

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Le regioni che stanno subendo i maggiori processi di land degradation sono, in ordine decrescente, Sardegna (28,5% del territorio regionale al netto dei corpi idrici), Emilia Romagna(23,9%), Campania (20,9%), Abruzzo (20,4%), Sicilia (19,7%), Puglia (19,5%) e Molise (19,5%). Abbiamo intervistato Michele Munafò, Responsabile Area Monitoraggio e analisi integrata uso suolo, trasformazioni territoriali e processi desertificazione dell’Istituto per la Protezione e per la Ricerca Ambientale, per capire come i cambiamenti climatici e le attività antropiche stanno impoverendo i suoli italiani.

Desertificazione e degrado del suolo, la situazione in Italia

Quali sono le caratteristiche che fanno sì che una zona possa essere definita desertica?

“Partirei dalla definizione riportata nell’Atlante sulla desertificazione dell’UNCCD che la definisce con il degrado del suolo (Land Degradation) in aree aride a causa di diversi fattori, inclusi i cambiamenti climatici e le attività antropiche. Il degrado del suolo è il fenomeno di alterazione delle condizioni del suolo dovuto alla riduzione o alla perdita di produttività biologica o economica. Oltre alla produttività, altri fattori come la copertura del suolo, l’erosione idrica o il contenuto di carbonio organico possono essere usati per valutare il degrado del suolo. Altre definizioni di degrado del suolo evidenziano la perdita, talvolta irreversibile, di biodiversità, delle funzioni del suolo e della capacità di fornire servizi ecosistemici. Il termine “desertificazione” non va confuso con “desertizzazione”. Mentre con desertizzazione si intende il processo di espansione dei deserti sabbiosi in atto in Africa, in particolare nel Sahel, con desertificazione ci si riferisce a quei processi naturali e antropici che degradano, fino ad annullarlo, il potenziale vitale di un suolo.

La land degradation è una convergenza di evidenze biofisiche, misurabili come driver (climate change, overgrazing, agricoltura intensiva, serre, urbanizzazione) o come impatti (perdita di produttività e di habitat, erosione del suolo). Il fenomeno è multiscala, dipende ad esempio da pratiche agricole locali fino alle anomalie di temperatura per regioni vaste. In questo contesto la desertificazione è lo stato estremo della land degradation, quando cioè la capacità di trattenere acqua, di produzione di biomassa e di copertura vegetale è minima o nulla e il suolo perde la sua capacità di fornire i suoi servizi ecosistemici”.

 mappa di ISPRA le aree soggette a desertificazione In Italia
Nella mappa di ISPRA le aree soggette a desertificazione In Italia

Qual è, allo stato attuale, la situazione della desertificazione in Italia?

La bassa pianura Padana, il Nord Est della Sardegna, la Puglia meridionale e la Sicilia Orientale risultano essere le aree a più elevata densità di degrado. In generale, comunque il Sud e le Isole sono sicuramente le aree più colpite.

Quello che sta accadendo al Lago Trasimeno è simile a ciò che è accaduto in passato al Lago di Aral?

“È un paragone che oggi può sembrare un po’ azzardato ma se gli andamenti climatici dovessero confermarsi tali (o anzi peggiorare nel prossimo futuro), chissà se non si andrà incontro ad un prosciugamento analogo. C’è qualche caratteristica simile che accomuna i due laghi (scarsa profondità, pochi immissari naturali – il Trasimeno ha solo un immissario artificiale – e alimentazione esclusivamente alluvionale) ma molti sono gli aspetti diversi (il Trasimeno è un lago di acqua dolce a differenza del lago d’Aral, ci sono biodiversità differenti e problemi di gestione diversi) per cui è difficile tracciare un confronto diretto tra le due situazioni. In ogni caso il problema della siccità che accomuna i due laghi è lo stesso e speriamo che il Trasimeno rimanga un lago e non si trasformi in una palude!”

Michele Munafò, Responsabile Area Monitoraggio e analisi integrata uso suolo, trasformazioni territoriali e processi desertificazione dell’Istituto per la Protezione e per la Ricerca Ambientale

Che cosa si può fare per contrastare il fenomeno nelle aree in cui si sta andando verso la desertificazione?

“Oggi le soluzioni ritenute più efficaci, in particolare in territori come quello italiano, sono le cosiddette Nature Based Solution e, in particolare, la loro adozione su larga scala attraverso intervento di riforestazione (anche in ambito urbano), di rinaturalizzazione e di miglioramento delle capacità dei suoli di trattenere acqua, nutrienti e sedimenti. Un utilizzo più responsabile del territorio e delle sue risorse, pratiche agricole meno intensive e più attente alla preservazione delle funzioni del suolo possono certamente contribuire ad arrestare il processo in atto”.

[Foto Michele Munafò e Pixabay – Mappa ISPRA]

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Giornalista e saggista, ha scritto di ecologia, ambiente e mobilità sostenibile per numerose testate fra cui Gazzetta, La Stampa Tuttogreen, Ecoblog, La Nuova Ecologia, Terra, Narcomafie, Slow News, Slow Food, Ciclismo, Alp ed ExtraTorino. Ha pubblicato numerosi saggi fra cui “Giornalismo online”, “Propaganda Pop”, "Cronofagia" e "Geomanzia".

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