La felicità all’Università degli Studi di Torino diventa materia di studio per futuri infermieri per loro inizia un corso di psicologia positiva, il primo in Italia dove essere felici diventata una competenza essenziale.
Abbracci, meditazione buddista, esercizi di gentilezza sono alcune delle pratiche messe in atto alla ricerca della felicità, inafferrabile conquista. Da febbraio a Torino è possibile imparare ad essere felici almeno per gli aspiranti infermieri d’Italia per i quali inizierà un corso all’università.
Il neuroscienziato Andrea De Giorgio sarà il docente del corso della durata di tre giorni che, sulla scia di Yale si prefigge lo scopo di trasmettere agli studenti quella pace interiore indispensabile a contatto con i pazienti. Il successo dalla professoressa Laurie Santos nell’università americana sottolinea la diffusa ricerca del benessere mentale degli ultimi anni.

In fondo cosa vogliono tutti? Una vita felice. A chi non piacerebbe svegliarsi la mattina e affrontare la giornata con un bel sorriso però c’è felicità e felicità. Oltre alla spiccata ricerca personale esiste oggi un’oggettiva spinta verso questo sentimento. Il dover focalizzare l’attenzione sulla propria persona come unico mezzo promotore della felicità e la visione di questo stato dell’essere come strumento unico di successo.
Libri, life coach, e corsi si presentano come l’antidoto a tutti i mali in primis quelli legati alla realizzazione personale e al successo professionale. Essere felici è produttivo, efficace e possibile se sai come farlo. Oggi è facile gestire le emozioni al pari della gestione del tempo?
Perplessità nei riguardi di questa nuova tendenza che investe l’Europa arrivano dai vari esperti tra cui lo psicologo Edgar Cabanas e la sociologa Eva Illouz che nel loro libro dal titolo Happy-crazia, come l’industria della felicità controlla le nostre vite (Edizioni Premier Parallèle, 2018) parlano di «tirannia della felicità».

Tutti la cercano, tanti ne parlano ma che significa essere felici?
La felicità è uno stato dell’animo di chi è sereno per l’enciclopedia Treccani, una sensazione di appagamento indistruttibile che si trova in ognuno di noi secondo la filosofia buddista. Da Felicità in questo Mondo di Giuseppe Cloza, che tra le pagine del suo libro sottolinea la differenza con una felicità fuggevole e relativa, perché legata a qualcosa fuori di noi: «Non riservata a pochi ma neppure facile da ottenere senza sforzi».
Per i filosofi negli anni ’90 lo star bene è racchiuso in tre pilastri: essere, avere, amare con i quali sintetizzano le necessità umane e provano a venire a capo di un dilemma senza tempo per il quale entra in gioco la soggettività odierna dove esiste una definizione di felicità per ognuno di noi, basta trovarla.
La felicità nel 2019 come si raggiunge?
Abbracci, meditazione e azioni gentili sono gli esercizi pratici che l’esperta Laurie Santos ha proposto in aula a Yale nel 2018 e che oggi, per l’enorme successo riscosso in termini di iscrizioni, ha reso disponibili online gratuitamente sulla piattaforma Coursera.
Sulla gentilezza verso il prossimo punterà anche Andrea De Giorgio da febbraio in aula con un diario delle azioni gentili da aggiornare come compito a casa per gli studenti di infermieristica del nuovo corso di psicologia positiva all’Università di Torino.
Dal tema “La felicità è un’emozione primaria che possiamo educare”, il laboratorio si prefigge l’obiettivo di «accendere gli animi e portare entusiasmo» – afferma De Giorgio – in coloro che scelgono la vicinanza con il dolore e la malattia per professione.
É sua opinione che la psicologia positiva, nata negli anni ’80 negli Stati Uniti finora si sia fin troppo occupata della patologia. É ora, a suo avviso, che si inizi a occupare di come si può stare meglio, di quali sono i fattori che consentono di stare bene.

Quali sono i fattori che concorrono alla felicità?
- Fare cose che piacciono: il cibo, un viaggio, la sessualità
- Il piacere di stare con gli amici, costruire relazioni
- Mettere a disposizione le proprie capacità per il prossimo
Aiutare il prossimo è l’azione più efficace per stare bene e per riuscirci si possono fare degli esercizi mentali attraverso i quali si educa la mente al costrutto della felicità: «Perché la felicità è sì un’emozione primaria, (io sono felice quando vinco una gara e l’emozione esplode) però è anche un’emozione che io posso ricercare attraverso degli atti» spiega il docente.
Quindi sta dicendo che si può imparare ad essere felici?
«Diciamo che da una parte si può educare il cervello a riconoscere quando siamo felici, perché non è così scontato, e dall’altra parte si possono cercare le occasioni per esserlo.
Perché i bambini ci affascinano? Perché i bambini a loro volta sono affascinati da tutto ciò che vedono per la prima volta: la neve, la pioggia. Noi ci strutturiamo e anche bere un bicchiere d’acqua ci appare una cosa scontata, poi quando hai semplicemente un mal di gola e ti dà fastidio bere, è lì che ci rendiamo conto quanto era bello prima. Allora perché non abituiamo la mente a far si che ogni volta che si presenta quella possibilità ne siamo consapevoli? La felicità non sono dei picchi, la felicità è un lento e costante apprezzare il qui ed ora».
Questo concetto si avvicina molto alla filosofia buddista. Si può affermare quindi che essere felici è provare gratitudine?
«I buddisti hanno una conoscenza della mente che è straordinaria, chi studia la loro filosofia rimane imbarazzato da quanto siamo indietro noi. Loro spiegano cose da millenni e la nostra società, che è più scientifica, tende a volerlo sostenere dal punto di vista scientifico, è il nostro linguaggio».

Il corso che inizierà a Torino è rivolto esclusivamente agli studenti di infermieristica. È possibile che l’esperienza venga estesa ad altre realtà?
«Un’occasione più che una scelta che si auspica possa avere un’evoluzione e un’apertura più ampia, sempre in ambito universitario».
Andrea De Giorgio, esperto di emozioni e autore del libro La Mente Mente condivide, in parte, l’espressione “tirannia della felicità″ utilizzata da Cabanas coautore del libro Happy-crazia insieme alla sociologa Illouz. I due esprimono perplessità in merito alla psicologia positiva, divenuta la moda del momento: «Sono d’accordo con loro – afferma De Giorgio – la felicità non è l’obiettivo da perseguire con forza». Per esempio: «Quando siamo tristi e vogliamo ascoltare musica tendiamo a cercare musica triste che ci fa stare ancora peggio, è normale che sia così. La nostra emozione deve essere in sintonia con ciò che viviamo e ascoltiamo, poi che succede: dopo un po’ c’è un momento di catarsi, piangiamo, ci sfoghiamo e a quel punto siamo pronti ad ascoltare un altro tipo di musica, anzi quella musica ci dà fastidio. Ecco perché la felicità è un’educazione e non dobbiamo sempre essere felici».

Un altro aspetto discutibile della tendenza è di far credere che i successi e i fallimenti, la ricchezza e la povertà, la felicità e la tristezza siano in verità una questione di scelta. Una responsabilità individuale. E chi non riesce a costruire, insegnare e apprendere la felicità?
Questa è una domanda presente nel libro dove gli autori definiscono paradossale il messaggio che può arrivare dalla psicologia positiva. Un esempio per tutti: il self-made-man Chris Gardner (Will Smith) nel film di Gabriele Muccino Alla ricerca della felicità.
La felicità si identifica in un genere ben preciso di persona: individualista, fedele a se stesso, resiliente, ottimista e dotato di una grande intelligenza emotiva. Una sorta di pornografia emozionale, secondo gli autori frutto esclusivo di una cultura popolare americana, il cosiddetto mitico sogno americano.

Non basta, la riflessione prosegue. Il perseguire la felicità non è soltanto uno dei tratti distintivi della cultura nord-americana ma anche uno dei principali orizzonti politici. Gli Stati Uniti hanno spronato, esportato e diffuso questa modalità potendo competere con un ampio intervento non politico: autori, life coach, fondazioni, uomini d’affari e celebrità, un’industria mondiale a tanti zeri parallela alla scienza tradizionale.
Hanno creato, secondo Cobanas prima la necessità di essere felici, il modello da inseguire e prontamente confezionato (il prodotto), inserito la felicità nei programmi all’università e negli ambienti sociali, politici ed economici di molti paesi.
Il termine felicità è onnipresente. In televisione, in radio, nei libri e nelle riviste, nelle palestre e tra i consigli per la dieta. A lavoro, sul web e all’università, a tal punto che è raro passare una giornata senza udirlo.

La felicità nel 2019 cos’è? Grazie alla psicologia positiva non è più considerata un’idea nebulosa, un obiettivo utopistico o un lusso inaccessibile ma una meta tangibile. Un progetto che permette di definire le condizioni psicologiche necessarie a definire un individuo sano, di successo, un Chris Gardner.
Ma l’indefinibile emozione che prende all’improvviso in tante piccole e grandi occasioni, è uno stato dell’essere che c’è e basta. Come un paio d’occhiali da sole, fa vedere tutto a colori. In ogni caso un’emozione da vivere. Per la prima volta in Italia, all’Università di Torino un laboratorio esorterà ad essere più gentili e questo rende felici.
