Il sesto report IPCC sul cambiamento climatico

Cambiamento climatico, nuovo report dell’IPCC: impatti più gravi del previsto

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Cambiamento climatico, nuovo report dell’IPCC: impatti più gravi del previsto ultima modifica: 2022-03-09T07:00:18+01:00 da Fabiana Re
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Sesto report dell’IPCC, gli scienziati lanciano l’allarme: il cambiamento climatico è già in atto, ma non è troppo tardi per agire

“È inequivocabile che il cambiamento climatico ha già sconvolto i sistemi umani e naturali”. Scrive così l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), il corpo delle Nazioni Unite che si occupa di valutare scientificamente i cambiamenti climatici. La seconda parte del suo Sesto Report – un mastodontico lavoro di 3.675 pagine – è stata pubblicata pochi giorni fa ed è la cronaca di una crisi già in corso. E che si dimostra più grave del previsto.

Gli impatti del cambiamento climatico nel report dell’IPCC

Il report, basato su 34.000 studi scientifici e redatto da 270 autori, esamina gli impatti del cambiamento climatico sulla natura e sugli esseri umani, concentrandosi sulle vulnerabilità e sui percorsi di adattamento che possono essere intrapresi. A distanza di 6 anni dall’ultimo Assessment Report, pubblicato nel 2014, i toni dell’IPCC si fanno ancora più cupi. Il cambiamento climatico è già in atto, e i suoi effetti sono visibili in ogni angolo del mondo.

Sono più di 3.3 miliardi le persone che vivono in zone altamente vulnerabili – il 40% della popolazione mondiale. La crisi climatica, come sappiamo, non conosce giustizia: gli Stati più a rischio sono quelli insulari, nell’Asia del Sud, nell’America Centrale e Meridionale e nell’Africa sub-Sahariana. Qui, per di più, le comunità spesso non hanno gli strumenti per adattarsi a un clima che cambia e mette a rischio la loro sopravvivenza.

Cambiamento climatico, i rischi futuri

Il report dell’IPCC è un concentrato di dati e percentuali sui futuri rischi dei diversi livelli di riscaldamento globale. Non staremo a ripetervi quanti milioni di persone rischieranno la fame a causa di siccità e inondazioni che metteranno a repentaglio le coltivazioni. Né quante migliaia di specie animali rischiano di scomparire – o si sono già estinte – a seguito della distruzione dei loro ecosistemi, o quanti ghiacciai si scioglieranno in futuro. Sono tutte informazioni che potete trovare nelle 30 pagine del Summary for Policymakers e che, in fondo, sono difficili da interiorizzare nella loro gravità.

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Ciò che bisogna tenere a mente è che neppure rispettare la soglia degli 1.5 C° di riscaldamento pare risparmiare gli effetti avversi. Già oggi, a +1.1 C°, alcuni ecosistemi hanno raggiunto i limiti massimi di adattamento, tra cui alcune barriere coralline e alcuni ecosistemi montani e polari. E anche se l’economia globale si decarbonizzasse rapidamente, i gas serra già nell’atmosfera renderanno comunque inevitabili alcuni impatti climatici entro il 2040. Si tratta quindi di evitare il peggio, ovvero il superamento degli 1.5 C°: ciò aumenterebbe la probabilità di eventi catastrofici e cambiamenti irreversibili nel sistema climatico.

L’interazione uomo-natura nel report dell’IPCC

L’IPCC lo specifica a chiare lettere nel suo report: l’entità e la rapidità del cambiamento climatico dipende dalle azioni di mitigazione e adattamento che verranno intraprese nel breve termine. Non basta promettere le “Emissioni nette zero” entro il 2050, occorre ridurle fin da subito. Eppure l’IPCC denuncia che spesso le politiche climatiche di adattamento sono dichiarate su carta ma non implementate, o si concentrano solo sui rischi attuali mancando così di una visione globale del problema.

Il panel di esperti incoraggia a dirigere più fondi verso le politiche climatiche, che devono avere uno sguardo intersettoriale. Non sarà il progresso tecnologico da solo a salvarci: occorre lavorare sul riequilibrio degli ecosistemi e, al contempo, sulla promozione dell’uguaglianza e della giustizia sociale, a supporto della resilienza delle comunità. L’intero report si concentra sull’interazione tra il sistema climatico, gli ecosistemi e la società umana: su questa bisogna costruire le opportunità per un futuro sostenibile.

Il report dell’IPCC è un grido d’allarme

Il report dell’IPCC suona come un avvertimento finale. La prossima volta in cui gli scienziati si pronunceranno sarà a fine decennio (le pubblicazioni avvengono ogni 6 anni). Adesso siamo ancora in tempo per cambiare le nostre traiettorie di sviluppo: nel 2018 sarà troppo tardi. Come ci saremo giocati le nostre carte?

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L’idea di una lenta e “gentile” transizione ecologica non sembra più realistica. L’IPCC parla di una “finestra che si chiude rapidamente” per assicurarsi un futuro vivibile: l’azione non può essere rimandata. “Le mezze misure non sono più un’opzione”, ammonisce Hoesung Lee, presidente dell’IPCC. Il direttore di Glacier Trust Morgan Philips, intervistato da Euronews, invoca un cambiamento radicale: “La cruda realtà è che il sistema socioeconomico attuale è incompatibile con la stabilità climatica”.

Ad aprile uscirà la terza e ultima parte del Sesto Report dell’IPCC, dedicata alla mitigazione del cambiamento climatico e alle strategie per ridurre le emissioni. Con queste solide basi scientifiche i leader mondiali si avvieranno verso la COP27, che si terrà in Egitto a novembre. Sarà quello il momento di dimostrare che gli allarmi lanciati dagli scienziati non sono soltanto parole al vento.

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Studentessa torinese di Economia dell’Ambiente, della Cultura e del Territorio, trascorre il suo tempo a districarsi tra molteplici passioni e a rincorrere mille sogni. Tra lettura, disegno, scrittura creativa ed esperimenti di cucina vegana di alterno successo, i giorni di sole 24 ore finiscono sempre troppo in fretta.

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