50 premi Nobel per la riduzione delle spese militari

Spese militari, 50 premi Nobel ne chiedono la riduzione per il bene comune

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Spese militari, 50 premi Nobel ne chiedono la riduzione per il bene comune ultima modifica: 2021-12-20T07:10:56+01:00 da Fabiana Re
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Le risorse liberate riducendo le spese militari verrebbero usate per contrastare i grandi problemi globali, quali la crisi climatica e sanitaria: la proposta “semplice e concreta” di 50 premi Nobel agli Stati membri dell’ONU

Se fosse inclusa tra i buoni propositi globali per il 2022 avrebbe una portata rivoluzionaria. Stiamo parlando della proposta avanzata da 50 premi Nobel agli Stati membri delle Nazioni Unite: ridurre le spese militari del 2% ogni anno per i prossimi cinque anni. Il ragionamento sottostante è intuitivo: perché investire miliardi di dollari nel potenziamento degli armamenti, quando occorre liberare risorse per affrontare l’emergenza sanitaria e la crisi climatica? Una logica lineare, ma opposta a quella seguita finora dai governi di tutto il mondo.

Spese militari in costante aumento

“La spesa militare, a livello globale, è raddoppiata dal 2000 ad oggi, arrivando a sfiorare i duemila miliardi di dollari statunitensi all’anno”, denunciano i 50 premi Nobel nel loro appello. Parliamo di un numero a 12 zeri e, secondo i firmatari, destinato ad aumentare a causa del meccanismo della controreazione. “I singoli governi sono sotto pressione e incrementano la spesa militare per stare al passo con gli altri Paesi”, spiegano. Mentre ogni Stato investe nel settore militare erode però le risorse nazionali che “potrebbero essere utilizzate a scopi migliori”.

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Gli Stati Uniti destinano il budget più alto alla spesa militare, 778 miliardi di dollari nel 2020; seguono Cina (“solo” 252 miliardi di dollari), India e Russia. Le cifre investite dall’Italia sembrano briciole in confronto, ma parliamo pur sempre di 25 miliardi nel 2021 secondo i dati preliminari dell’Osservatorio Mil€x. Attenzione però al trend: siamo di fronte a un aumento dell’8,1% rispetto al 2020 e del 15,7% rispetto al 2019.

La proposta dei 50 premi Nobel

Un settore militare più solido non significa pace e sicurezza, anzi. “In passato, la corsa agli armamenti ha spesso condotto a un’unica conseguenza: lo scoppio di guerre sanguinose e devastanti”, ricordano i 50 premi Nobel. I dati del Global Peace Index dell’Institute for Economics and Peace confermano questa correlazione. Il livello di pace nel mondo è in calo dal 2008. A questi presagi di conflittualità si oppone l’iniziativa degli studiosi. “Vogliamo presentare una semplice e concreta proposta per l’umanità: che i governi di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite si impegnino ad avviare trattative per una riduzione concordata della spesa militare del 2 per cento ogni anno, per cinque anni”.

La cooperazione è l’elemento chiave. In un’arena globale in cui ogni Stato corre per aumentare i propri armamenti, una singola nazione non è disposta a ridurre le spese militari di propria iniziativa senza percepirsi in pericolo. Ma se tutti, anche le nazioni nemiche, riducono le armi nella stessa proporzione si mantiene l’equilibrio delle forze. “L’accordo siglato servirà a contenere le ostilità, riducendo il rischio di futuri conflitti”.

I vantaggi del disarmo

Si tratta di un’azione a vantaggio degli Stati e dell’umanità intera. “Enormi risorse verranno liberate e rese disponibili, il cosiddetto «dividendo della pace», pari a mille miliardi di dollari statunitensi entro il 2030”, spiegano i 50 premi Nobel. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute, tali risorse equivalgono al totale della spesa mondiale attuale in aiuti umanitari e cooperazione internazionale. Una cifra enorme, che può essere impiegata per far fronte “alle istanze più pressanti dell’umanità: pandemie, cambiamenti climatici e povertà estrema”.  Un’organizzazione internazionale deve orchestrare queste azioni. “La metà delle risorse sbloccate da questo accordo convergerà in un fondo globale, sotto la vigilanza delle Nazioni Unite”, propongono gli studiosi. L’altra metà resterebbe invece a disposizione dei singoli governi.

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Chi sono i 50 premi Nobel firmatari

I 50 premi Nobel citano casi storici in cui, di comune accordo, gli Stati hanno limitato la proliferazione degli armamenti, in particolare durante la Guerra Fredda con i trattati Salt e Start. La credibilità della proposta è sostenuta anche dai nomi dei firmatari stessi. Tra gli italiani, il fisico Giorgio Parisi, fresco di Nobel nel 2021 per i suoi studi sui sistemi complessi, Carlo Rubbia, premio Nobel nel 1984, e Carlo Rovelli, fisico e apprezzato divulgatore che ha promosso l’iniziativa. “Cerchiamo di collaborare tutti insieme, anziché combatterci”, esortano.

La proposta è diventata una petizione su Change.org che può essere firmata da tutti per dimostrare ai leader globali che la collettività vuole andare in questa direzione. Ad oggi sembra utopico che i quasi 200 Stati membri dell’ONU riescano ad accordarsi su un tema tanto delicato quanto quello della spesa militare. Ma chissà, forse di fronte alle sfida della contemporaneità riusciranno ad abbassare (almeno un po’) le difese per il bene comune.

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Studentessa torinese di Economia dell’Ambiente, della Cultura e del Territorio, trascorre il suo tempo a districarsi tra molteplici passioni e a rincorrere mille sogni. Tra lettura, disegno, scrittura creativa ed esperimenti di cucina vegana di alterno successo, i giorni di sole 24 ore finiscono sempre troppo in fretta.

1 Commento

  1. Non in mio nome. Non autorizzo alcuno a costruire ed usare armi e munizioni per difendere la mia persona. Aspetto si dichiarino i vili che vogliono che si ammazzi per salvaguardare la propria, insulsa esistenza.

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