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Mense universitarie, ancora bassa l’offerta di menù sostenibili e vegetali

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Mense universitarie, ancora bassa l’offerta di menù sostenibili e vegetali ultima modifica: 2024-02-12T06:05:52+01:00 da Marco Grilli
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Nelle mense universitarie scarseggiano i piatti vegetali, ecco i risultati del report di Essere Animali che indica pure gli atenei più virtuosi

Mense universitarie e piatti vegetali, secondo gli ultimi dati, l’offerta negli Atenei italiani è ancora molto scarsa.

In Italia una mensa universitaria su due non prevede secondi a base vegetale e soltanto il 20% delle strutture di ristorazione degli atenei li propone una o due volte a settimana. Risultati deludenti che emergono dal report pubblicato da Essere Animali all’interno della campagna “Mense per il Clima”, avviata nel 2022 per promuovere l’offerta di piatti vegetali a ridotto impatto ambientale all’interno delle università italiane.

“Per ottenere mense più sostenibili negli atenei italiani, è fondamentale conoscere nel dettaglio la situazione di partenza. Per questo motivo, nel 2023 abbiamo analizzato i menù di tutte le mense universitarie, andando a quantificare la presenza di piatti vegetali e a valutare la chiarezza comunicativa nei confronti dell’utenza, con l’obiettivo di fornire un quadro esaustivo delle università italiane che più si impegnano per fronteggiare la crisi eco-climatica nel campo della ristorazione: una scelta motivata dal fatto che il settore alimentare è responsabile di un terzo delle emissioni globali di gas serra, spiega Valentina Taglietti, Food Policy Manager di Essere Animali.

L’analisi LCA

Oltre al ranking della ristorazione universitaria, il report presenta anche un’analisi LCA (Life Cycle Assessment) realizzata per Essere Animali dal gruppo di ricerca Demetra, che ha analizzato 16 pietanze presenti nella maggior parte delle mense per valutarne l’impatto ambientale.

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Dai risultati emerge come le portate a base di carne sono quelle che emettono più gas climalteranti. In particolare, osservando i primi piatti, è interessante notare come alla carne sia associato il 62-75% dell’impatto complessivo della portata, pur rappresentando solo l’11-30% del peso a crudo”, si legge nel report.

Tale situazione è confermata pure dai secondi piatti, poiché quelli a base di carne o pesce hanno dimostrato di avere costi ambientali dalle quattro alle 10 volte superiori rispetto a quelli a base di legumi. “Questa è l’ennesima conferma di quanto la comunità scientifica internazionale sostiene da anni: la transizione proteica nei Paesi ad alto reddito, come l’Italia, è fondamentale per ridurre la pressione sugli ecosistemi e contrastare l’insorgenza di patologie croniche non trasmissibili correlate all’alimentazione”, spiega Taglietti.

In fondo basta solo soffermarsi un attimo sui risultati dell’analisi: un hamburger alla piastra produce 3,5 kg equivalenti di anidride carbonica, pari a quelli emessi da un viaggio in auto di 29 km; un tortino di ceci resta ben sotto gli 0,5 kg equivalenti, per un impatto pari a quello prodotto da 1,5 km percorso in auto.

Il contesto delle mense universitarie

Stando ai dati forniti dalla Commissione europea, 1,4 milioni di persone in Italia sono passati all’alimentazione vegana, mentre il 26% della popolazione sta eliminando o riducendo il consumo di carne per ragioni climatiche.

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Dati abbastanza confortanti, in linea coi dettami della comunità scientifica internazionale, che considera fondamentale l’integrazione di cibi vegetali nella dieta di ogni cittadino per frenare la crisi eco-climatica e l’insorgenza di patologie croniche non trasmissibili correlate all’alimentazione (ad esempio cancro, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e metaboliche).

Il clima non è mai cambiato a questa velocità ed intensità, l’aumento del consumo di carne potrebbe avere costi ambientali enormi ed irreversibili, l’unica scelta logica pare dunque  la transizione verso sistemi alimentari più sostenibili per garantire cibo a sufficienza ad una popolazione mondiale in costante crescita (10 miliardi di persone entro il 2050).

In Italia, un ruolo cruciale per una variazione delle abitudini alimentari può esser svolto dalle mense universitarie, sia per questioni numeriche (rappresentano un bacino di utenza di due milioni di persone tra studenti, docenti e personale vario), sia per il prestigio culturale delle istituzioni universitarie stesse, che possono spingere verso scelte più sostenibili poiché è proprio al loro interno che si fa ricerca sulla crisi climatica per comprenderla e per capire come frenarla. “L’ambito universitario può così diventare un laboratorio ideale di buone pratiche per la promozione generale di un’alimentazione più sana, etica e sostenibile”, si legge nel report.

Nelle mense per gli uffici, le università e le caserme, i criteri ambientali minimi (CAM) per la ristorazione pubblica promuovono menù a maggior contenuto di proteine vegetali rispetto a quelle animali. Eppure tali standard paiono lontani dall’essere rispettati.

Tutto ciò a fronte di numerosi esempi virtuosi provenienti dall’estero, basti pensare che nel Regno Unito oltre 12 università hanno già avviato iniziative per rendere sostenibili i menù dei campus, in Germania ben 57 realtà per il diritto allo studio stanno elaborando linee guida nazionali in favore dell’alimentazione sostenibile, mentre in Francia è stato già fissato l’obiettivo di un pasto vegetale su due entro il 2030 nelle strutture scolastiche ed universitarie.

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In Italia si sono distinte le mense universitarie della Toscana, dove da novembre 2022 è stato rinnovato il menù in favore delle proteine vegetali: ogni giorno è prevista un’opzione vegetale sia per i primi piatti che per i secondi, mentre la carne rossa viene servita una sola volta a settimana.

Risultati e ranking 

Essere Animali ha potuto analizzare 58 menù relativi a 49 atenei (rispetto agli 88 totali), poiché 39 istituti universitari non hanno risposto alle richieste o si sono dimostrati privi di una mensa dedicata. “Analizzando un menù autunno-inverno e un menù primavera-estate per ogni struttura, abbiamo potuto calcolare una media per ciascuna mensa, che costituisce il punteggio finale. La media di questi valori ha generato una classifica finale, divisa in cinque fasce”, spiega Taglietti.

Classifica ranking mense clima essere animali

Come già accennato, il 55% delle mense non contempla secondi piatti vegetali, il 22% solamente una o due volta alla settimana. Va meglio per i primi piatti a base di proteine vegetali, rintracciabili sempre o quasi nel 62% delle mense (solo il 6% di quest’ultime non li offre neanche una volta alla settimana), mentre i più facili da reperire sono i contorni, che in media quasi in una mensa su tre (28%) sono totalmente privi di derivati di origine animale.

Nei menù autunno-inverno 14 mense (24% del totale) offrono almeno un primo vegetale al giorno (capofila è la Toscana con sei mense tra Pisa, Siena e Firenze). Tale dato scende nei menù primavera-estate, dove sono 12 (21% del totale) le mense che garantiscono quotidianamente un primo vegetale, con il Friuli Venezia Giulia a guidare la classifica. Le realtà che mantengono il massimo del punteggio in entrambe le stagioni si ritrovano a Milano, Padova, Pisa, Torino e Trieste.

Lo scenario peggiora nei secondi piatti, poiché solo 10 menù primavera-estate e otto menù autunno inverno garantiscono un secondo vegetale al giorno. In testa alla classifica c’è ancora una volta la Toscana, rispettivamente con sei e cinque menù tra Pisa, Siena e Firenze.

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Passando al ranking delle strutture analizzate, nelle tre fasce verdi che indicano le categorie più virtuose (la B “Sulla buona strada” con 41-60 punti, la A “In testa al cambiamento” con 61-80 punti e la A+ “Missione futuro” con 81-100 punti) si ritrovano solo 12 mense, di cui nove in fascia B e solo tre nella A, rispettivamente Pisa (Praticelli), Pisa (Le Piagge) e Siena (Sant’Agata), tutte quindi in Toscana. “Tra le mense più all’avanguardia in Italia, una su due si trova in Toscana, la regione italiana che più si sta impegnando nella trasformazione in chiave sostenibile del proprio servizio di ristorazione universitaria”, specifica Taglietti.

L’esempio virtuoso da seguire è quello di Pisa Le Piagge, che ha totalizzato 66 punti grazie all’ampia gamma di primi vegetariani e vegani ed all’offerta di un secondo vegetale ogni giorno, il tutto esplicitando sempre gli allergeni e la presenza di piatti vegetariani o vegani.

Mappa classifica ranking mense clima essere animali

In conclusione, si legge nel report, “nella maggior parte delle mense analizzate l’offerta alimentare non è più compatibile con le richieste della comunità scientifica internazionale. Si manifesta quindi un enorme potenziale inespresso nel servizio della ristorazione collettiva universitaria, che potrebbe ridurre considerevolmente l’impronta ambientale e, al tempo stesso, promuovere la salute di milioni di persone. L’auspicio è che questo rapporto riesca nel suo obiettivo di stimolare il dibattito attorno a cosa viene servito ogni giorno nelle mense universitarie italiane e di aumentare la consapevolezza su questi temi negli ambienti dedicati”.

[Credits foto: Essere Animali, essereanimali.org]

Mense universitarie, ancora bassa l’offerta di menù sostenibili e vegetali ultima modifica: 2024-02-12T06:05:52+01:00 da Marco Grilli

Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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