The Pecking Order, il report del World Animal Protection evidenzia che in Italia i grandi marchi di fast food non si impegnano abbastanza per il rispetto del benessere dei polli
“Il destino degli animali allevati industrialmente è una delle questioni etiche più urgenti del nostro tempo”, parole di Yuval Noah Harar, storico e filosofo israeliano di fama mondiale. Inizia con questa significativa citazione “The Pecking Order” (TPO) 2023, il report redatto dal World Animal Protection – in collaborazione con Essere Animali (per l’Italia), Albert Schweitzer Stiftung, L214 e Humane Society International/Europe – che dal 2019 analizza le comunicazioni delle più importanti aziende di fast-food e ristorazione per valutare se il loro impegno in materia di tutela del benessere dei polli rispetta gli standard fissati dall’European Chicken Commitment (ECC).
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“I polli allevati per la produzione di carne sono gli animali terrestri allevati in maggior numero, ma anche tra quelli meno tutelati dalla legge. Si fa ancora troppo poco per eliminare almeno le principali cause di sofferenza nelle catene di fast food”, sostiene Elisa Bianco, responsabile Corporate Management di Essere Animali. Ogni anno nel mondo, infatti, decine di miliardi di questi esseri senzienti, selezionati per crescere troppo velocemente con conseguenti problemi di salute, sono costretti a vivere in gabbie o negli spazi ad alta densità degli allevamenti intensivi spesso privi di arricchimenti ambientali, prima di andare incontro ad una morte crudele.
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L’ECC ed i metodi e gli obiettivi del The Pecking Order
Il TPO, un progetto che mira a migliorare il benessere dei polli d’allevamento in tutto il mondo, nell’edizione 2023 ha valutato 69 aziende dislocate in Francia, Germania, Italia, Spagna e per la prima volta in altri due Paesi, Polonia e Romania. Nel mercato italiano sono finiti sotto la lente d’ingrandimento sette marchi: Autogrill, Burger King, Ikea, KFC, McDonald’s, Starbucks e Subway.
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Questo importante strumento, che ha avviato il proprio lavoro nel 2019 quale valutazione degli impegni assunti dai marchi globali di fast food per assicurare il benessere dei polli in tutte le filiere, si è poi evoluto dal punto di vista metodologico dal 2022, adottando un approccio più localizzato per analizzare il comportamento dei vari brand nei singoli mercati. Nel 2023 il focus ha privilegiato i Paesi europei.
Il TPO fornisce una valutazione obiettiva delle aziende basata su criteri precisi, che si riallacciano alla richiesta unificata dell’ECC. Quest’ultima è stata elaborata nel 2017 da oltre trenta Organizzazioni non governative europee (Ong) per la protezione degli animali, al fine di stare al passo con gli esiti delle più recenti ricerche scientifiche e di migliorare gli standard di allevamento e macellazione nella filiera dei polli da carne.
L’ECC si rivolge alle aziende alimentari per assicurare una vita migliore a questi animali mediante: il rispetto di tutte le leggi e dei regolamenti europei sul benessere animale; l’utilizzo di genetiche migliori; la maggior disponibilità di spazio vitale e quindi una densità massima di allevamento pari o inferiore a 30 kg/m²; l’introduzione di luce naturale, posatoi e substrati per stimolare l’espressione di comportamenti naturali; l’adozione di metodi di macellazione più efficienti e meno crudeli, nonché l’attuazione di sistemi di controllo da parte di enti terzi, con la pubblicazione di report annuali.
Altri standard ambientali prevedono l’esposizione a 50 lux di luce compresa quella naturale, ogni 1000 uccelli un minimo di due metri di spazio per appollaiarsi e due substrati per beccare, il rispetto dei requisiti sulla qualità dell’aria previsti dalla Direttiva comunitaria sui polli da carne, ed infine l’eliminazione delle gabbie e dei sistemi multilivello.
All’inizio di quest’anno perfino l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha rilevato in un report le pessime condizioni di vita dei polli negli allevamenti intensivi, raccomandando una densità massima di 11 kg/m² per salvaguardare il loro benessere sulla base delle evidenze scientifiche e denunciando l’ammassamento che si verifica quando questi volatili raggiungono l’età della macellazione. Una situazione incresciosa che gli consente a fatica di muoversi impedendo il rispetto delle loro esigenze etologiche.
L’EFSA invita dunque a rispettare i criteri dell’ECC, considerati un compromesso accettabile tra il benessere degli animali e le esigenze del mercato. Il massimo di 14-15 animali (pari a 30 chilogrammi) per metro quadrato proposto dall’ECC è ritenuto dall’EFSA un valore ancora troppo alto, che però – qualora fosse rispettato – migliorerebbe la vita di questi animali.
“Implementare l’ECC è il minimo che le aziende dovrebbero fare. Non ci sono scuse per l’inazione, nessuna giustificazione per le mezze misure. Molte aziende lo hanno riconosciuto, sia perché danno valore al benessere degli animali, sia perché hanno a cuore la propria reputazione e le aspettative dei propri clienti e del proprio personale”, scrive Dirk Jan Verdonk, direttore della sezione olandese del World Animal Protection, nell’introduzione al report.
Nel The Pecking Order, la valutazione delle aziende mira ad incoraggiare l’assunzione di impegni e ad implementare le buone pratiche in allevamento mediante due pilastri. Il primo (impegni e obiettivi) valuta se l’azienda ha una politica pubblica sul benessere dei polli, il suo ambito di applicazione e la completezza degli impegni presi rispetto ai criteri dell’ECC; il secondo (comunicazione dei progressi) giudica invece il mondo in cui un’azienda implementa effettivamente gli standard migliorativi dell’ECC.
In entrambi i casi si analizza se e come sono comunicati i progressi fatti in relazione a ciascuno dei seguenti criteri: eliminazione di gabbie/sistemi multipiano, presenza di arricchimenti ambientali, uso di razze a crescita più lenta, limitazione delle densità, stordimento efficace e verifiche di un ente terzo.
Dopo aver calcolato la media delle valutazioni ottenute in ciascun pilastro, alle aziende viene assegnato un punteggio complessivo, che determina la loro classificazione nei diversi livelli che descrivono la fase del percorso di miglioramento.
I risultati ed il ritardo italiano
Rispetto al 2022, il The Pecking Order registra leggeri miglioramenti sul benessere dei polli negli allevamenti europei, con marchi quali Vapiano, Buffalo Grill France e Quick France che hanno sottoscritto gli impegni dell’ECC.
Per quanto riguarda il punteggio medio registrato dalle aziende balza all’occhio il dato particolarmente deludente dell’Italia. La classifica è guidata da Germania (37%) e Francia (36%), segue la Spagna (23%), ben più distaccate Italia (19%), Polonia (18%) e Romania (17%). Le aziende francesi e tedesche mostrano dunque risultati nettamente migliori in materia di rispetto del benessere dei polli rispetto a quelle del Bel Paese, sia per la pubblicazione di impegni che per i progressi avviati.
Dal report emerge pure che solo due (Ikea e Subway) delle sette aziende analizzate in Italia hanno pubblicato un impegno a eliminare dalle proprie filiere le problematiche principali di benessere dei polli, le altre cinque (Autogrill, Burger King, KFC, McDonald’s e Starbucks) non si sono impegnate pubblicamente neppure sui criteri più importanti quali la riduzione delle densità e la transizione a razze con migliori indicatori di benessere animale, nessuna è migliorata rispetto al 2022 e addirittura tre (Ikea, KFC e McDonald’s) hanno registrato punteggi più bassi.
“Nel caso di McDonald’s (20% nel 2022 vs 2% nel 2023) la riduzione è dovuta prevalentemente alla scomparsa dell’impegno pubblico a eliminare gabbie e sistemi multipiano dalle loro filiere, mentre la valutazione negativa di IKEA (67% nel 2022 vs 47% nel 2023) e KFC (44% nel 2022 vs 26% nel 2023) è legata a un passo indietro nella comunicazione dei progressi fatti”, si legge nel report.
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Particolarmente significativo il caso di KFC Italia, non solo per il peggioramento del risultato ma anche per la notevole disomogeneità tra le politiche e le pratiche attuate nei diversi Paesi. Se in Francia e Germania, infatti, questo marchio si è impegnato a rispettare l’ECC, così non è negli altri Stati compresa l’Italia, dove è pure notevole l’arretramento in due parametri particolarmente importanti, ovvero la percentuale di polli storditi in maniera efficace in sistemi a gas, che diminuisce dal 57,85% al 25,03%, e quella di polli allevati con densità inferiori a 30 kg/m², che scende a 0.
Varia significativamente anche la percentuale di aziende che hanno pubblicato un impegno a rispettare i criteri dell’ECC, dal 73 e 67% rispettivamente di Francia e Germania, fino al 37% della Spagna ed al misero 29% dell’Italia. “Come sta accadendo nella grande distribuzione, quindi, anche nel settore della ristorazione l’Italia resta indietro rispetto agli altri Paesi europei nell’affrontare le criticità di allevamento dei polli”, si legge nella parte del report dedicata al nostro Paese.
Nel complesso le aziende italiane si classificano con punteggi scarsi o molto scarsi e nessuna ha comunicazioni in merito ai progressi svolti. Il benessere dei polli negli allevamenti del Bel Paese è ancora a un punto critico.
[Credits foto: Essere Animali]