Allevamenti intensivi di quaglie, l’indagine shock di Essere Animali

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Allevamenti intensivi di quaglie, l’indagine shock di Essere Animali ultima modifica: 2022-11-14T08:25:59+01:00 da Marco Grilli
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L’indagine di Essere Animali denuncia le terribili condizioni degli allevamenti intensivi di quaglie e rilancia la campagna End the Cage Age

La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali”, affermava il profeta della non violenza Gandhi. Le immagini e i video raccapriccianti, diffusi da Essere Animali in seguito alle indagini compiute sugli allevamenti intensivi di quaglie in Lombardia e Veneto, impongono una severa riflessione sull’utilizzo di queste gabbie di morte ed orrore per la produzione di uova e carne.

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Le caratteristiche delle quaglie

La quaglia comune (Coturnix coturnix) è un uccello di piccole dimensioni dal piumaggio grigio-brunastro che ama vivere a terra in campi erbosi, razzolando e compiendo bagni di polvere nel corso della giornata per poi nutrirsi preferibilmente all’alba o al tramonto. Vivono solitamente in gruppi numerosi durante la stagione invernale, dividendosi in coppie al momento della stagione riproduttiva. Le femmine creano il nido nell’erba e depongono l’uovo in un solco del terreno, per poi rivestirlo con erba secca.

Note per la loro tranquillità e l’ampia varietà di suoni emessi (ben 28 a poco più di un mese d’età), si riuniscono in stormi per la migrazione invernale, anche se molte quaglie domestiche ormai hanno perso questo abitudine. Pur vivendo principalmente a terra, il volo è sempre importante per sfuggire dai possibili predatori e trovare nascondigli più distanti.

Un tempo le quaglie erano apprezzate perfino come animali da compagnia, oggi invece sono gli uccelli più piccoli allevati a fini alimentari, che finiscono per esser macellati a solo cinque-sei settimane d’età per la filiera della carne, a otto mesi per quella delle uova. In natura la quaglia ha un’aspettativa di vita di circa due anni, che può salire a sei per alcuni tipi.

L’indagine di Essere Animali negli allevamenti intensivi in Lombardia e Veneto

Meno noto di altri allevamenti, quello delle quaglie non è così secondario se pensiamo che nel 2021 son stati macellati ben 8,5 milioni di uccelli, come riferito dalla banca dati nazionale del Ministero della Salute. Le indagini condotte dal team investigativo di Essere Animali in due allevamenti intensivi in Lombardia e in Veneto sono giunte a conclusioni sconcertanti: capannoni pieni di gabbie piccolissime  e sovraffollate, disposte in serie a più piani con pavimentazioni in rete metallica e prive di qualsivoglia arricchimento ambientale, dove gli animali possono ammalarsi e ferirsi facilmente e mostrano comportamenti aggressivi.

In ogni gabbia vengono ammassate circa 50 quaglie, che arrivano ad avere ognuna a disposizione uno spazio di circa 10 x 10 cm. In queste condizioni di sovraffollamento, gli animali non possono muoversi liberamente ed esprimere i comportamenti tipici della loro specie: volare, correre, esplorare, razzolare e becchettare. Le quaglie manifestano questo disagio beccandosi o strappandosi a vicenda le penne. Inoltre, lo stress e la frustrazione che derivano da queste condizioni indeboliscono il loro sistema immunitario, aumentando la possibilità che contraggano malattie”, si legge nel testo dell’indagine.

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L’assenza di ogni tipo di arricchimento ambientale, quale un substrato per razzolare, becchettare o fare bagni di sabbia, impedisce a questi uccelli di poter soddisfare le proprie esigenze comportamentali, provocando uno stato di stress e frustrazione che induce a episodi di aggressività. Le alte densità di allevamento e la deprivazione degli stimoli costituiscono un cocktail micidiale, senza dimenticare che il pavimento in rete metallica è causa di ferimenti, gonfiori o malformazioni, con gli stessi pulcini che spesso restano incastrati con le zampe nelle maglie delle rete.

In questo contesto di sofferenza ogni possibilità di volo resta un miraggio, i piccoli salti compiuti all’interno delle gabbie traducono un’esigenza insoddisfatta di libertà, mentre ogni fattore di paura, come ad esempio l’ingresso del personale, provoca moti spontanei verso l’alto con rischio di ferimenti gravi. Non potrebbe essere altrimenti se pensiamo che l’altezza delle gabbie è di soli 20 centimetri.

L’indagine ha documentato la presenza all’interno delle gabbie di uccelli spiumati, agonizzanti o morti. Lo stress e il sovraffollamento provocano la contrazione e il rapido diffondersi delle malattie, trattate sempre più frequentemente con gli antibiotici. Il loro massiccio utilizzo negli allevamenti intensivi aumenta il rischio che i patogeni, pericolosi anche per la nostra salute, sviluppino resistenze ad antibiotici utilizzati nella medicina umana. Un pericolo in più che ci dovrebbe far riflettere sull’opportunità di questi sistemi di produzione votati al massimo profitto.

Non si tratta di piccole aziende familiari, gli allevamenti di quaglie sono sistemi intensivi dove gli animali vengono rinchiusi in condizioni drammatiche. È vergognoso che nel nostro Paese simili metodi di allevamento siano ancora consentiti”, afferma Francesco Ceccarelli, responsabile investigazioni di Essere Animali.

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La coalizione End the Cage Age per la fine delle gabbie negli allevamenti

L’iniziativa europea End the Cage Age, lanciata nel 2018 e sostenuta da oltre 170 associazioni in 28 Paesi, chiede a gran voce la fine dell’utilizzo di ogni tipo di gabbia per l’allevamento di animali a scopo alimentare. A tale scopo la coalizione è riuscita a raccogliere 1,4 milioni di firme certificate in un solo anno. In Italia è sostenuta da 22 organizzazioni, tra cui Essere Animali, Oipa, Lav, Legambiente ecc.

Oggi sono ancora 300 milioni gli animali allevati in gabbia in tutto il territorio europeo. Dopo il grande successo della petizione, la Commissione europea ha preso l’impegno di eliminare gradualmente l’uso delle gabbie negli allevamenti. La battaglia è però appena al suo inizio, perché ogni proposta legislativa deve esser adottata dal Consiglio dell’Unione europea e dal Parlamento europeo.

End the Cage Age si rivolge anche all’Italia e al suo nuovo governo affinché dia il proprio contributo per giungere al divieto di questo crudele metodo di allevamento, “il ruolo dell’Italia e del nuovo Governo italiano può essere fondamentale in questo importante passo di civiltà. Chiediamo a Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura e a Orazio Schillaci, Ministro della Salute di prendere una posizione netta contro l’utilizzo delle gabbie, sostenendo l’impegno preso dalla Commissione europea e promuovendo anche a livello nazionale l’adozione di una normativa che ne vieti l’utilizzo”, scrive la coalizione.

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Un appello accorato per consegnare definitivamente alla storia l’età delle gabbie.

[Credits End the Cage Age/ Essere Animali]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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