Legambiente mette le comunità energetiche rinnovabili al centro dello sviluppo dei borghi italiani, per un nuovo modello di sviluppo
E se la transizione ecologica traesse le sue forze dal basso, radicandosi nei territori, nelle comunità? È questa la direzione tracciata da Legambiente e Kyoto Club in occasione di Voler Bene all’Italia, la festa dei borghi italiani in programma dal 2 al 5 giugno. Borghi indicati come protagonisti dell’auspicata transizione energetica, piccoli laboratori di innovazione sociale. Qui possono infatti trovare terreno fertile le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), reti di produzione e autoconsumo di energia da fonti rinnovabili.
I numeri delle Comunità Energetiche Rinnovabili
Legambiente ha recentemente diffuso i dati del XVI Rapporto Comunità Rinnovabili. Sono i numeri di un cambiamento già in atto nei borghi al di sotto dei 5mila abitanti. In Italia 38 piccoli comuni sono 100% rinnovabili: grazie al mix di eolico, fotovoltaico e idroelettrico riescono a produrre più energia elettrica e termica di quanta ne consumano. Sono invece ben 2.271 quelli 100% elettrici, in cui la produzione elettrica da rinnovabili supera i fabbisogni locali.
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Il Rapporto presenta inoltre le 100 comunità energetiche rinnovabili mappate da Legambiente: 35 di queste sono effettivamente operative, 41 in via di progettazione e 24 ancora allo stato embrionale. Tra gli esempi virtuosi si incontrano Ferla, nel siracusano, e Biccari, in Puglia. Più a nord, la CER Nuove Energie Alpine coinvolge vari comuni tra Valle Maira e Grana.
Le comunità energetiche: un nuovo modello di sviluppo
Il 2022 può diventare l’anno delle comunità energetiche rinnovabili, introdotte giuridicamente in Italia nel 2020. Si attende infatti l’attuazione della normativa legata alle CER che permetterà di attivare un succoso fondo da 2,2 miliardi di euro del PNRR. Con questi aiuti economici si potrà sostenere lo sviluppo di comunità energetiche nei territori, concedendo finanziamenti a tasso zero per la realizzazione di impianti rinnovabili e sistemi di accumulo di energia.
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Le comunità energetiche rinnovabili non sono soltanto un modo per generare energia, ma anche un innovativo modello di sviluppo. La produzione decentrata e collettiva permette infatti una vera redistribuzione dei vantaggi economici, sociali e ambientali, portando benefici all’intera comunità. E se, con la guerra in Ucraina, la geopolitica dell’energia è diventata un problema prioritario, le CER possono offrire una soluzione. A ribadirlo è il Presidente di Legambiente Stefano Ciafani, che suggerisce il modello delle comunità energetiche per “ridurre il peso delle fonti fossili, fonte di tensioni internazionali”.
Le richieste al Governo
Oltre 100 comuni hanno già sottoscritto il Manifesto per la democrazia energetica, promosso da Legambiente e Kyoto Club insieme a varie realtà. Occorre infatti che il decisore politico supporti più attivamente quei laboratori di innovazione sociale e sostenibilità che sono le CER. Tali esperienze non devono infatti rimanere di nicchia: verrebbe sprecata la loro capacità potenziale. Il manifesto si fa quindi portavoce delle cinque richieste avanzate al Governo:
- Definire gli aspetti tecnici e gli incentivi per le comunità energetiche rinnovabili con decreti e delibere;
- Semplificare i bandi del PNRR destinati ai piccoli comuni, per renderli accessibili alle Amministrazioni;
- Includere nei bandi non solo gli aspetti tecnici ma anche la costruzione della comunità e la partecipazione al progetto;
- Semplificare le autorizzazioni e snellire la burocrazia;
- Prevedere finanziamenti a fondo perduto per CER che si distinguono per impatto sociale o adozione di particolari soluzioni tecnologiche.
Secondo stime Enea, le CER supportate dai fondi del PNRR potrebbero produrre circa 2.500 GWh annui da rinnovabili, riducendo le emissioni di gas serra di 1,5 milioni di tonnellate.