Disastro di Chernobyl nucleare atomico

Giornata internazionale in commemorazione del disastro di Chernobyl, 35 anni dopo la catastrofe

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Giornata internazionale in commemorazione del disastro di Chernobyl, 35 anni dopo la catastrofe ultima modifica: 2021-04-26T00:01:28+02:00 da Carla Clúa Alcón
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Oggi, 26 aprile, è la Giornata internazionale in commemorazione del disastro di Chernobyl. Un invito a ricordare le vittime dell’incidente e a riflettere sulle conseguenze della catastrofe

Oggi, 26 aprile, si celebra la Giornata internazionale in commemorazione del disastro di Chernobyl: una data di riflessione storica, che porta anche all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale i rischi legati all’energia atomica.

Un’esplosione nella centrale nucleare di Chernobyl, il 26 aprile del 1986, diffuse una nube radioattiva su vaste parti dell’Unione Sovietica -oggi territori di Bielorussia, Ucraina e Russia– colpendo pure l’Europa occidentale. Quasi 8,4 milioni di persone furono esposte alle radiazioni, patendo conseguenze anche molto gravi.

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La Giornata internazionale in commemorazione del disastro di Chernobyl è stata stabilita nel 2016 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Essa ha riconosciuto che, anche a decenni di distanza dal disastro, continuano a essere gravi le conseguenze a lungo termine della catastrofe.

Disastro di Chernobyl, i dati della catastrofe

Non ci sono dubbi: la tragedia di Chernobyl ha rappresentato una delle peggiori catastrofi nucleari della storia, insieme all’incidente di Fukushima del 2011. Si tratta di uno dei più grandi disastri ambientali del pianeta, in cui la quantità di materiale radioattivo rilasciato è stato 500 volte quello della bomba di Hiroshima nel 1945.

Nei mesi successivi all’esplosione, circa 600.000 persone tra vigili del fuoco, lavoratori e volontari vennero impiegati dall’Unione Sovietica per spegnere l’incendio, mettere in sicurezza l’area e costruire un sarcofago sopra il reattore esploso, con l’obiettivo di contenere le radiazioni. Più di 130.000 persone furono evacuate dalle aree più prossime alla centrale e 200.000 vennero ricollocate successivamente.

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Le autorità stimano che gli esseri umani non saranno più in grado di vivere in sicurezza in questo luogo per 24.000 anni. E rimangono ancora pesanti le conseguenze, innanzitutto a livello sanitario, con diverse incognite da risolvere. Ad esempio, il numero totale di morti e di persone colpite da cancro dalle radiazioni.

Gli studi non concordano, ma molti di essi danno dei valori allarmanti. Il rapporto di Greenpeace del 2006 parlava di circa 270.000 futuri casi di cancro attribuibili a Chernobyl. Nello stesso anno, il paper Torch del Partito dei Verdi tedesco affermava che il 44% della Germania e il 34% del Regno Unito erano stati colpiti dalle radiazioni di dieci anni prima.

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Da disastro nucleare a patrimonio Unesco?

Nel 2020, l’allarme nucleare è di nuovo scattato a causa di alcuni incendi boschivi che hanno interessato una vasta area intorno all’ex centrale atomica di Chernobyl, provocando una nuova impennata delle radiazioni (per via degli alberi contaminati che bruciavano) e facendo temere il peggio, per alcuni giorni, rispetto a quanto ancora presente sul sito del disastro nucleare di Chernobyl.

Quindi -con lo scopo di ottenere più risorse per proteggere la zona e, al contempo, attirare turisti- lo scorso dicembre il Ministro della Cultura dell’Ucraina, Oleksandr Tkachenko, ha sostenuto l’idea di far entrare Chernobyl nel Patrimonio mondiale dell’UNESCO: “Si tratta di uno dei territori più emblematici dell’Ucraina e deve essere preservato per l’Umanità”, ha dichiarato all’agenzia AFP.

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Da alcuni anni, la Dead Zone intorno all’ex reattore nucleare è già comunque diventata meta di turismo, accogliendo persone dagli interessi differenti: appassionati di storia, architettura, catastrofi, urbex o, semplicemente, curiosi di vedere un sito -fortunatamente- unico nel suo genere al mondo.

In particolare la città di Pripyat, che dista solo 2 chilometri dalla centrale di Chernobyl, aveva 50.000 abitanti al momento dell’evacuazione, avvenuta nel giro di poche ore. Oggi rimane come una città fantasma, un luogo che si è fermato da un giorno all’altro: case e scuole abbandonate, ospedali pieni di materiale già rovinato e strade totalmente deserte.

Chernobyl è anche diventato un santuario in cui la natura e la fauna selvatica hanno riconquistato i loro spazi. Accanto a loro, l’enorme arco d’acciaio che oggi copre il reattore numero quattro è diventato un simbolo della cooperazione internazionale: 26 paesi hanno finanziato il suo costo di 1.500 milioni di euro.

Chernobyl, la serie (e non solo)

Anche se non è mai stato dimenticato, l’incidente è tornato fortemente alla ribalta nel 2019, grazie alla serie HBOChernobyl. Un resoconto dei fatti accaduti nel 1986 che ha generato una nuova ondata di interesse da parte del pubblico.

Infatti, a seguito della messa in onda della mini-serie, le prenotazioni per le visite turistiche nell’area intorno alla centrale nuclare sono aumentate del 40%.

Documentaristi e film-maker di tutto il mondo hanno, negli anni, raccontato anche diversi aspetti legati al post-esplosione: dalle conseguenze sanitarie a quelle ambientali, passando per il racconto delle anziane abitanti della zona (le cosiddette “Babushkas“) che non vogliono abbandonare le terre in cui sono sempre vissute o i giovani “stalker” in cerca di avventure estreme.

The Babushkas of Chernobyl, nonne che all’esilio preferiscono le radiazioni

[Cover Image: asilo infantile abbandonato a Kopachi, a pochi chilometri dalla centrale in cui avvenne il disastro nucleare di Chernobyl – foto di Francesco Rasero]

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Laureata in giornalismo, vive a cavallo tra l'Italia e la Spagna. Nata nel 1996 a Tarragona (Catalogna), sta conseguendo una Laurea Magistrale in Scienze Internazionali all'Università di Torino. Ha lavorato in diversi media spagnoli, televisione, radio e giornali. Le sue passioni sono viaggiare, scrivere, conoscere la politica e imparare le lingue –ne parla sei!-. Amante del buon cibo, è sempre alla ricerca del sole e del mare.

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