Perfect Days – La bellezza del quotidiano agli Oscar 2024

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Perfect Days – La bellezza del quotidiano agli Oscar 2024 ultima modifica: 2024-02-04T06:30:18+01:00 da Emanuel Trotto
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Perfect Days, film candidato per il Giappone agli Oscar 2024, racconta della ricerca della bellezza delle piccole cose nel caos di Tokyo.

Perfect Days è il nuovo film del regista tedesco Wim Wenders candidato agli Oscar 2024 che racconta la quotidianità di Hirayama, un uomo di mezza età che per professione è addetto alla pulizia delle toilette. Per comprendere appieno la pellicola è necessario fare chiarezza partendo da alcuni termini.

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«Komorebi» è un termine della lingua giapponese che può essere traducibile come la luce che filtra fra le foglie degli alberi. È un termine che si riferisce alla mutevolezza di questo fenomeno. Una sensazione che evoca un’immagine mentale bella, calda e silenziosa di un bosco in cui i raggi del sole filtrano e proiettano ombre sul terreno. Ogni volta sono diverse, come le piccole differenze che possono avvenire all’interno di una giornata superficialmente sempre uguale a se stessa.

Komorebi è qualcosa che è monotono e ripetitivo, ma allo stesso tempo, non lo è. Rimanda a qualcosa di sfuggente che ci porta a ricordare la mutevolezza delle cose, in maniera costante ed impercettibile anche se non lo notiamo. Ricorda di cercare la positività anche nei particolari più insignificanti proprio perché sono quelli, nella loro unicità, a fare la differenza. Perché bisogna saper trovare in questo piccolo e semplice momento la forza di riprendersi e proseguire nell’esistenza. In un certo senso è come cercare, in occidente, la fatidica luce in fondo al tunnel. Nel buio c’è sempre una luce. Komorebi è una parola dal significato molteplice, come la vita.

Perfect Days di Wim Wenders locandina
Perfect Days di Wim Wenders: il poster.

Perfect Day è la terza traccia dell’album Transformer del 1972 di Lou Reed. Una canzone dalle interpretazioni molteplici. Può essere intesa come una metafora “romantica” della tossicodipendenza del suo autore che la vede quale forma di fuga dall’esistenza tramite l’annullamento di sé. È un’amara riflessione sugli errori commessi a causa di un immaturo amore di gioventù. Oppure l’insieme di piacevoli sensazioni portate da una passeggiata a Central Park con sua la futura moglie, Bettye Kronstad. Un misto di sensazioni ma con, sempre, una punta di rimpianto racchiusa nella ripetizione dell’ultimo verso «I thought I was someone else someone good» [Ho pensato di essere qualcun altro, una brava persona].

«Mu», termine cinese che sta a significare «Vuoto» o «Nulla». Si tratta della sola parola scritta sulla lapide del regista giapponese Yasujirō Ozu (1903 – 1963). Egli è stato il narratore di un Paese come il Giappone da sempre diviso fra la tradizione e la modernità. Un dissidio affrontato con uno sguardo garbato nelle case, ad altezza di tatami, attraverso dialoghi semplici e quotidiani, solo apparentemente. Uno sguardo schivo e minimale come lo erano le sue inquadrature. I piccoli drammi familiari, quando vengono inquadrati diventano grandi storie e grandi lezioni di vita.

Il protagonista di Perfect Days Hirayama
Il protagonista di Perfect Days, Hirayama (Kōji Yakusho a sinistra) assieme alla nipote Niko (Arisa Nakano) in una scena del film.

Il suo è un cinema che trascende il reale e ha lo scopo di mostrarlo e caricarlo di significato, come ebbe modo di esporre Paul Schrader nel suo testo Il trascendentale al cinema – Ozu, Bresson, Dryer del 1972. Una lezione di cinema che molti autori hanno fatto propria rivelando nuove sfumature, oppure garbatamente rispettandola. Uno di questi è il regista tedesco Wim Wenders. Nel 1985 gira il documentario Tokyo – Ga come omaggio alla figura di Ozu. Non si limita a rievocare il regista tramite i racconti di tecnici e attori che lo hanno conosciuto da vicino. Cerca anche di indagare quanto dello spirito che il regista nipponico permeava i suoi film è rimasto nella cultura giapponese contemporanea.

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Più di trent’anni dopo, partendo dalla lavorazione di un documentario sulle toilette pubbliche per conto del progetto di riqualificazione urbana The Tokyo Toilet, ha tratto il film Perfect Days uscito nelle nostre sale a partire dal 4 gennaio per Lucky Red. Il film, scritto da Wenders assieme a Takuma Takasaki è stato dapprima presentato in Concorso al 76 Festival di Cannes dove l’attore protagonista Kōji Yakusho ha vinto il Prix d’interprétation masculine. È stato, inoltre, incluso per il Giappone nella cinquina di candidati per il Miglior film in lingua straniera agli Oscar 2024.

Wim Wenders e Kōji Yakusho
Il regista Wim Wenders assieme a Kōji Yakusho alla presentazione del film al Festival di Cannes 2023.

Perfect Days racconta la quotidianità di Hirayama, un uomo di mezza età che, come lavoro, è addetto alla pulizia delle toilette nelle zone di Shibuya. Poteva fare qualsiasi altra cosa nella vita, anche una vita di ozio e denaro. Ma lui ha fatto una sua scelta. Per lui questo lavoro è sintomo di ordine e di precisione. Una mansione che svolge con meticolosità e impegno, arrivando anche a costruirsi gli strumenti nella maniera più idonea. Un lavoro ripetitivo e alienante, all’interno di giornate uguali a loro stesse e di rituali sempre uguali. A partire dalla sveglia data dal sole che dissipa lentamente il buio della notte. Una toeletta che non esclude la cura costante di piantine d’acero. Dopo il lavoro fa sempre tappa nei bagni pubblici per lavarsi, cena alla medesima tavola calda. Conclude le giornate fra le pagine di un libro alla luce di una lampada.

La sua preparazione quotidiana consiste anche nel prendere con sé una macchina fotografica analogica. Durante la pausa pranzo si reca sempre al parco, sulla stessa panchina. Addenta un tramezzino sempre accanto a una giovane e guardinga impiegata. In quel momento sfila la macchina fotografica e la punta verso la cima degli alberi, e scatta una foto. Il click dello scatto e il rumore delle foglie mosse dalla brezza sono gli unici suoni che si sentono in un parco sospeso nel tempo nel mezzo del brulichio di Tokyo. Una volta finito il rullino lo porta a sviluppare e sceglie le foto che archivia anno per anno.

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Cerca di fermare un attimo che non si ripeterà mai più. Cerca la semplicità e la purezza di ciò che è irripetibile in una società consumista nel quale si è schiavi del continuo rinnovamento ma senza un vero cambiamento. Il cambiamento vero avviene non a grandi balzi ma in maniera lenta, costante e impercettibile.  Con Tokyo – Ga il Vuoto lasciato come epitaffio da Ozu rappresentava l’impossibilità di colmarlo. Con Perfect Days accogliendo lo spirito del «kintsugi» ovvero del riparare con l’oro gli oggetti rotti e dargli un nuovo valore, Wenders ci dice, con uno spirito profondamente nipponico, che a tutto c’è un rimedio.

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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