Master Gardener – La redenzione botanica a Venezia79

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Master Gardener – La redenzione botanica a Venezia79 ultima modifica: 2022-09-06T14:54:11+02:00 da Emanuel Trotto
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Il regista Paul Schrader, Leone alla Carriera a Venezia 79, porta al festival una storia di redenzione fra piante e fiori con Master Gardener

Che cos’è il trascendentale? Si tratta di un elemento che, come dice il nome stesso, trascende dal reale. Non è riconducibile all’esperienza ma la rende possibile. È un elemento che è presente in tutte le forme artistiche da secoli. Dalla pittura in passato, al cinema oggi. Ha lo scopo di mostrare, in maniera totalizzante il Sacro. Non inteso religiosamente, perché non richiama necessariamente quel tipo di iconografia. Si tratta piuttosto di un misto fra simbolismo, espressionismo e naturalismo. Uno stile che utilizza insomma il reale e lo manipola ai propri scopi per colmare di significato l’immagine. Nel cinema esso può essere applicato tramite determinati tipi di inquadratura, un determinato tipo di montaggio, o un tipo di recitazione (anche stereotipata) di un personaggio.

Questo tipo di cinema, in passato, ha avuto come massimi esponenti Yasujirō Ozu e Robert Bresson in passato, e oggi autori celebrati nei festival internazionali come Lav Diaz o Paul Schrader. Quest’ultimo è il medesimo teorizzatore di questo stile cinematografico. Uno stile che ha descritto nella sua tesi di dottorato Il trascendentale al cinema – Ozu, Bresson, Dryer del 1972 – con tutore lo storico dell’arte Rudolph Ahrneim – per poi metterlo in pratica con diverse sceneggiature per il cinema: da Obsession – Complesso di colpa (1976) di Brian DePalma a Mosquito Coast (1986) di Peter Weir.

Master Gardener

Ma l’esempio più notevole è Taxi Driver (1976) di Martin Scorsese. In esso Schrader ha messo molto anche della sua personale esperienza fatta di depressione, alcolismo e insonnia. Il protagonista, Travis Bickle (Robert DeNiro), cerca disperatamente una qualche forma di redenzione: è un disadattato, reduce dal Vietnam, insonne e paranoico, con un odio viscerale per un’umanità corrotta e da ripulire ad ogni costo. Fino a che non trova la prostituta bambina Iris. Travis si lega a lei e decide di avviare con essa il suo processo di redenzione, di trascendere la vita. Vuole trovar uno scopo che, fino a quel momento, è stato offuscato da sigarette e cibo cattivo. Tutto registrato su di un diario interiore in cui cerca di mettere ordine all’interno del costante disordine dalla quale è immerso.

Questo leitmotiv narrativo Schrader lo applicherà anche quando metterà lui stesso in scena le sue sceneggiature. Arriverà a un grado di perfezione formale e stilistico che lo porterà a essere autenticamente trascendentale. Da First Reformed – La creazione a rischio (2017), passando per Il collezionista di carte (2021). Un dittico che si è trasformato in una ideale trilogia con The Master Gardener, presentato Fuori Concorso alla 79 Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia.

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In questa occasione gli è stato conferito, la sera del 3 settembre, il Leone d’Oro alla Carriera. Il Direttore della Mostra, Alberto Barbera, ha motivato così il premio: «Non è un’esagerazione affermare che si tratta di uno dei più importanti autori americani della sua generazione, un cineasta profondamente influenzato dal cinema e dalla cultura europea». Continua poi dicendo che «L’audace stilizzazione visiva che informa tutte le sue opere, le colloca tra le forme più moderne di un cinema non riconciliato e sottilmente indagatore della contemporaneità».

The Master Gardener è Narvel (Joel Edgerton), il capo giardiniere dei Grenwood Gardens, di proprietà della ricca vedova Haverhill (Sigourney Weaver). Egli è estremamente meticoloso nel suo lavoro, ha una conoscenza enciclopedica dei fiori e dei giardini. Per lui il giardinaggio è una forma autentica di redenzione. Un amore sincero e viscerale nel quale trincerarsi, se rapportato con un passato di odio nelle frange di una organizzazione di suprematisti bianchi. Il passato emerge costantemente nel suo presente, mentre descrive piante e semi nel suo diario, oltre che nei suoi sogni.

Sigourney Weaver e Paul Schrader conferimento del Leone D'Oro alla carriera
Sigourney Weaver (Madame Haverhill) e Paul Schrader al conferimento del Leone D’Oro alla carriera.

Esso è il suo modo di creare ordine e fare i conti con quello che è stato fra le righe delle descrizioni botaniche. Lui ha il suo equilibrio. Un equilibrio che viene scosso quando gli viene affidata come apprendista la giovane pronipote di Mdme Haverhill, Maya (Quintessa Swindell). Una ragazza problematica e sola al mondo.

Con lei Narvel cerca di inculcare il suo viscerale amore per le piante e il potere lenitivo che hanno sullo spirito, oltre che il mestiere. I Greenwood Gardens sono per lui una sorta di Eden primordiale, in cui cerca un contatto diretto con la Terra: da camminare a piedi nudi, perché l’uomo ha perso il contatto con essa viene ostacolato dalle scarpe e dall’asfalto. Oppure immergere il viso, fino a sporcarsi, del concime, per odorarlo a fondo, e sentirlo davvero. Il suo è un rapporto panico: si confonde, si mescola completamente con l’ambiente naturale, pur corrotto dal giardinaggio. Un concetto espresso anche negli ambienti che frequenta: dalle pareti verdi della depandance in cui vive, alle meduse della villa Greenwood. Da una parte la placidità delle piante, dall’altra l’impetuosità di Haverhill, ferina e animalesco. Nel mezzo c’è Maya, spirito affine a Narvel, e seme rigoglioso.

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L’utilizzo dei nomi non è casuale: Narvel è un nome che si rifà alla tradizione medievale, del cavaliere dall’armatura luccicante, che ricerca della autentica natura del male. Ciò lo accomuna al personaggio arturiano di Parsifal. Il cavaliere, cresciuto isolato in una foresta oltre la quale non conosce nient’altro e che decide perciò di uscire da questo ipotetico Paradiso Terrestre, per immergersi nella violenza del mondo. E da lì arrivare alla conoscenza nella ricerca del Santo Graal.

Master Gardener
Una scena del film Master Gardener

Maya, invece, riprende il nome della dea indiana attraverso la quale il filosofo Schopenhauer spiega il proprio concetto di visione del mondo. Un mondo che è ai nostri occhi velato, il mondo vero che va’ oltre il mondo in cui viviamo tutti i giorni. Il mondo che viene razionalizzato, intellettualizzato, in cui domina la scienza per spiegarlo. Un mondo fatto di una conoscenza sensibile e tattile. Solo unendo queste due concezioni del mondo è possibile giungere alla verità e alla conoscenza.

Per conoscere il mondo vero questo velo deve essere strappato e affrontare la redenzione e il dolore tramite le tre vie: l’arte, la pietà e l’ascesi. Narvel attraversa gradualmente queste tre fasi e Maya con lui. Un percorso impervio e doloroso. Ma la strada davanti è piena di fiori ed alberi rigogliosi. Una prospettiva per la quale vale la pena lottare.

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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