Black Country Living Museum, la vita in Inghilterra ai tempi del carbone

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Black Country Living Museum, la vita in Inghilterra ai tempi del carbone ultima modifica: 2023-04-28T06:31:50+02:00 da Francesco Rasero
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Non lontano da Birmingham, in Inghilterra, c’è un museo all’aria aperta che ricostruisce la vita nelle città inglesi al tempo della Rivoluzione industriale e del carbone: è il Black Country Living Museum.

C’era un tempo -iniziato nel Settecento e durato fino a qualche decennio fa- in cui il carbone era talmente presente nella vita quotidiana inglese da rendere nera ogni cosa: lo testimonia la regione della Black Country, che dal nero della fuliggine prende il nome e che oggi è ancora possibile scoprire nel museo all’aria aperta (Living Museum) dedicato a quel luogo nel suo periodo di massima espansione.

Vista del Black Country Living Museum

Situato a Dudley, una ventina di chilometri da Birmingham, nel cuore dell’Inghilterra, il Black Country Living Museum racconta infatti la storia della Rivoluzione industriale fino alla fine degli Anni Sessanta, attraverso il quotidiano delle persone e le attività umane che hanno plasmato il mondo moderno.

Black Country Living Museum
Un figurante in costume d’epoca

Visitare il Black Country Living Museum

Il cuore del museo è costituito da un villaggio e da un centro cittadino fedelmente ricostruiti: gli edifici storici, infatti, sono stati spostati mattone per mattone, replicati o ricreati, per ridare vita a una tipica comunità della Black Country all’inizio del XX secolo.

Black Country Living Museum
Fabbrica a vapore

I panorami, i suoni, gli odori e i sapori generano immagini del passato, offrono così ai visitatori la possibilità di immergersi nella Storia e viverla in prima persona.

Si vedono all’opera i costruttori di catene, gli addetti ai motori a vapore, i negozianti di dischi e di dolciumi o il fornaio, mentre ai muri sono affissi i manifesti pubblicitari dell’epoca e al cinema vengono trasmessi filmati di inizio secolo, muti e in bianco e nero.

Manifesti pubblicitari dell’epoca sui muri

È possibile salire a bordo di un classico bus rosso a due piani, che dall’ingresso del museo conduce fino alla scuola, al cui interno è anche possibile assistere ad alcune lezioni “vecchia maniera”.

Oppure entrare nelle case, quelle tradizionali in mattoni rossi, con le tavole apparecchiate e il mobilio dell’epoca.

L’interno del tradizionale bus rosso a due piano

Una parte del museo è quindi dedicata alle lotte per i diritti dei lavoratori e delle donne, con una sezione di approfondimento sul movimento delle Suffragette.

A partire da gennaio di quest’anno, ci si può inoltre avventurare -con opportune visite guidate che partono ogni 20 minuti circa, incluse nel biglietto di ingresso- all’interno di una buia miniera di carbone, scoprendo la dura e pericolosissima vita dei minatori, la forza-lavoro che alimentò il successo industriale della Black Country fino al 1968.

Black Country Living Museum
La Black Country deve il suo nome al carbone

Il set di Peaky Blinders (e non solo)

In alcuni momenti sembra anche di essere sul set di qualche film ambientato tra Ottocento e Novecento nelle fiorenti e difficili città industriali britanniche. E non ci si sbaglia: il Black Country Living Museum, infatti, è stato utilizzato da numerose produzioni cinematografiche per realizzare scene del passato.

Uno degli spazi utilizzati per le riprese della serie tv Peaky Blinders

I fan della serie Peaky Blinders, ad esempio, riconosceranno tanti luoghi “iconici” in cui agiscono gli Shelby, le cui vicende sono infatti ambientate a Small Heat, all’epoca quartiere operaio della vicina Birmingham, e dintorni: dal cantiere di Charlie Strong, situato lungo il canale, al ponte dove Ada e Freddie si incontrano clandestinamente nella prima stagione.

Alla fiction prodotta dalla BBC sono anche dedicate alcune serate a tema, tra musiche degli Anni Venti e le più celebri gang cittadine che si aggirano tra i vicoli. Il museo è stato anche location per altri film, nonché per pubblicità, video musicali e set fotografici.

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La Black Country e il carbone

La Black Country non ha, in realtà, confini precisi: vi appartengono una ventina di Comuni dell’area intorno al museo, tra cui le città di Walsall e Wolverhampton.

Operai nei costumi di di inizio Novecento

A partire dall’inizio del XX secolo, la regione è diventata una delle zone più industrializzate del Regno Unito, con miniere di carbone, fonderie di ferro, fabbriche di vetro e di mattoni, che ancora oggi dominano il paesaggio.

Qui sono partite alcune innovazioni che hanno letteralmente cambiato il mondo: sono stati costruiti il primo motore a vapore di successo al mondo e il primo treno a vapore (lo Stourbridge Lion); è stato anche introdotto il primo salario minimo per i lavoratori.

La ricostruzione di un centro urbano di inizio Novecento

L’industria ebbe qui un impulso straordinario, con merci spedite in tutto il pianeta, ma anche con un costo enorme a livello paesaggistico e ambientale, compreso l’eccessivo sfruttamento delle risorse.

Nel 1862 il console americano a Birmingham descrisse la regione come “nera di giorno e rossa di notte” a causa dello smog onnipresente nelle ore diurne e dei bagliori ardenti delle fornaci che illuminavano il buio serale.

Black Country Living Museum

Una condizione di vita che oggi -fortunatamente- è stata superata, ma che la struttura didattica del Black Country Living Museum ha conservato intatta dal passato e che consente di riscoprire in modo immersivo, con una visita a cui dedicare anche la giornata intera.

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Black Country Living Museum, la vita in Inghilterra ai tempi del carbone ultima modifica: 2023-04-28T06:31:50+02:00 da Francesco Rasero
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Giornalista pubblicista, dal 1998 scrive su carta stampata e online. Oggi è direttore responsabile di una testata locale e gestisce Altrov*e, start-up che si occupa di copywriting e comunicazione. Ha lavorato per oltre un decennio nel settore ambientale, oltre ad aver organizzato svariati eventi culturali, in ambito artistico, cinematografico e teatrale. È appassionato di viaggi, in particolare nell’area balcanica e nell’Est Europa, dove ha seguito (e segue) alcuni progetti di volontariato. Ama conoscere, progettare, fotografare e stare a contatto con le persone. Ma ancora di più ama il rugby, i suoi gatti e la sua nuova famiglia.

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