La squadra olimpica dei rifugiati a Tokyo 2020

La squadra olimpica dei rifugiati a Tokyo 2020, una nuova vita con lo sport

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La squadra olimpica dei rifugiati a Tokyo 2020, una nuova vita con lo sport ultima modifica: 2021-07-27T06:55:15+02:00 da Fabiana Re
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Sono 29 gli atleti a far parte del team: simboleggeranno gli oltre 80 milioni di rifugiati in fuga dal proprio Stato

C’è una squadra, alle Olimpiadi di Tokyo 2020, che non rappresenta nessuna nazione. Che sfila fieramente portando una bandiera bianca con i cinque cerchi e che intona l’inno olimpico quando sale sul podio. È il Refugee Olympic Team, la squadra olimpica dei rifugiati. I suoi 29 atleti – 11 donne e 18 uomini – rappresentano gli oltre 80 milioni di persone al mondo costrette a fuggire dalla propria patria a causa di guerre o persecuzioni.

Gli atleti della squadra olimpica dei rifugiati

Difficile non provare ammirazione per questi campioni. La loro perseveranza è dimostrata non solo dai lunghi allenamenti ma anche dalle loro biografie. C’è chi arriva dalla Siria, come Yusra Mardini, la nuotatrice fuggita da Damasco verso l’Europa su un barcone poi naufragato al largo delle coste di Lesbo. C’è chi ha abbandonato l’Afghanistan affrontando un’interminabile marcia fino ad arrivare in Belgio, come il campione di taekwondo Abdullah Sedigi. Ogni storia di questi atleti meriterebbe di essere narrata.

I cambiamenti climatici e i rifugiati ambientali, una questione tutta da affrontare

A far da filo conduttore è il ruolo quasi salvifico dello sport, che diventa per questi rifugiati arma di riscatto e strumento per costruirsi una nuova vita. I membri della squadra olimpica dei rifugiati sono supportati da specifiche borse di studio erogate dal COI, il Comitato Olimpico Internazionale. A Tokyo 2020 gareggeranno in 12 discipline sportive: sono judo, taekwondo, karate, boxe, wrestling, ciclismo, nuoto, badminton, atletica, sollevamento pesi, tiro a segno e canottaggio.

Squadra olimpica dei rifugiati: un po’ di storia

Non è il primo anno in cui la squadra olimpica dei rifugiati prende parte alla competizione sportiva internazionale. Già alle Olimpiadi di Rio 2016 fece il suo esordio, rappresentata da due nuotatori siriani, due judoka della Repubblica Democratica del Congo, e sei corridori provenienti da Etiopia e Sud Sudan. La sua partecipazione ebbe un notevole impatto mediatico, evidenziando sulla scena internazionale il problema dei rifugiati attraverso lo sport.

Atleti in campo per l’ambiente, la sfida è rendere lo sport sempre più green

Nell’ambito della collaborazione tra il COI e l’UNHCR, l’attività sportiva è vista come promotrice del benessere dei rifugiati. Ecco perché l’agenzia delle Nazioni Unite promuove il loro accesso allo sport, riabilitando campi sportivi in diversi campi rifugiati e fornendo kit sportivi. “Crediamo nel potere dello sport di cambiare la vita, per guarire, per portare speranza, ha dichiarato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi. Ha poi fatto i suoi auguri alla squadra olimpica dei rifugiati: “Siamo al vostro fianco. Sappiate che stiamo tutti tifando forte, da tutti gli angoli del mondo”.

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Studentessa torinese di Economia dell’Ambiente, della Cultura e del Territorio, trascorre il suo tempo a districarsi tra molteplici passioni e a rincorrere mille sogni. Tra lettura, disegno, scrittura creativa ed esperimenti di cucina vegana di alterno successo, i giorni di sole 24 ore finiscono sempre troppo in fretta.

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