Il mio amico robot – Il racconto di un’amicizia dal TFF41 agli Oscar 2024

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Il mio amico robot – Il racconto di un’amicizia dal TFF41 agli Oscar 2024 ultima modifica: 2024-04-28T06:41:10+02:00 da Emanuel Trotto
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Il mio amico robot di Pablo Berger è un film che parla dell’amicizia insolita fra un cane e un robot nella New York degli anni ’80.

«Che si stia svegli o che si dorma, in ogni dato momento milioni delle nostre cellule cerebrali stanno lavorando. 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, le informazioni vengono mandate al cervello e i segnali vengono rimandati indietro al corpo». Così scriveva lo scrittore e biochimico Isaac Asimov (1920 – 1992). Assieme a Ray Bradbury, Philip K. Dick e Frank Herbert, è stato uno fra gli autori che hanno portato il genere fantascientifico a non essere un semplice genere letterario per ragazzi. Grazie a loro sono riemerse delle importanti riflessioni in questa letteratura. Prima fra tutte il nostro ruolo all’interno dell’universo. Noi siamo coloro che si sono evoluti da un primate ancestrale e ci arroghiamo di essere la ‘specie dominante’ in quanto possediamo l’intelletto e il linguaggio.

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Abbiamo creato sistemi di intelligenza via via più complessi. E adesso molti temono che questi ultimi possano via via prendere il controllo. Non tanto perché sanno processare informazioni e dati molto velocemente, ma perché lo sanno fare senza alcun tipo di controllo stabilito (in teoria) dalla morale. Ma, come spesso capita, non abbiamo il quadro completo della situazione. Vediamo le cose solo dal solo punto di vista che riteniamo esatto, il nostro, senza tenere conto dell’altro. E se quel sistema complesso che abbiamo creato avesse anche lui un suo punto di vista, un suo modo di avere delle emozioni e gestirle? In altre parole che possa avere un inconscio e quindi (perché no) sognare?

Il mio amico robot di Pablo Berger poster
Il mio amico robot di Pablo Berger, il poster.

Asimov racconta questo (e molto altro) nei suoi racconti e nei suoi romanzi, come nella raccolta Io, robot (1950). Per lui gli esseri robotici, dotati di un’intelligenza pari se non superiore a quella umana, desiderano essere qualcosa di più di un semplice, senziente e costosissimo oggetto. Il primo racconto della raccolta è anche il primo racconto in assoluto di Asimov sull’argomento, scritto nel 1939. Si intitola Robbie ossia il nome del robot domestico che svolge la funzione di tata e bambinaia per Gloria, una bambina di otto anni. I due sono inseparabili: giocano e passano tutto il tempo possibile assieme.

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Tuttavia alla madre di Gloria, serpeggia il dubbio che il robot possa, un giorno far del male alla bambina. Così cerca in tutti i modi di allontanare Robbie. Allo stesso tempo, cerca di allontanare il pensiero di Robbie dalla testa di Gloria. Uno dei modi è quello di prendere un cane alla bambina che, entusiasta vuole farlo vedere al suo amico. Solo che Robbie non c’è più. Gloria perde qualsiasi altro interesse al di fuori di Robbie. Per la prima volta Asimov racconta una storia di robot per nulla minacciosi, ma che desiderano ardentemente esistere e non solo essere. È una storia di amicizia e di affetto oltre che di fantascienza.

Il mio amico robot di Pablo Berger
Robot e Dog ammirano lo skyline della Manhattan degli anni ’80 in una scena del film.

Il cinema degli ultimi anni si è posto nuovamente questo problema, soprattutto con l’arrivo delle intelligenze artificiali. Qual è il loro limite, soprattutto se questo limite glielo diamo noi? Una domanda che è costante da Ex Machina (2015) di Alex Garland fino ad arrivare a The Creator (2023) di Gareth Edwards. E il recente Il mio amico robot di Pablo Berger non fa eccezione. Il film d’animazione è uscito con I Wonder Pictures il 4 aprile, dopo essere stato presentato al 76° Festival di Cannes e nella sezione Fuori Concorso al 41° Torino Film Festival. Ha inoltre vinto numerosi premi fra cui il Controcampo al Festival Internazionale di Annecy, uno delle manifestazioni più importanti su questo campo. È stato candidato infine agli Academy Awards 2024come Miglior Film d’Animazione.

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Ispirato dalla graphic novel di Sara Varon Robot Dreams, il film è ambientato in una Manhattan degli anni ’80 alternativa. Infatti non ci sono esseri umani. Tutto è esattamente come allora, ma è popolato interamente da animali. Siamo nel periodo più florido per quello che riguarda la socialità e il consumismo. Ma è anche un ambiente alienante che porta alla solitudine. Come al protagonista della storia: Dog. Come suggerisce il nome è un cane che vive nel suo appartamento, da solo. Le sue serate sono buie. Le uniche luci sono quelle del microonde quando riscalda la sua cena e la tv che tiene costantemente accesa.

In una di queste pigre serate vede un’inserzione alla televisione: è possibile comprare un amico robot da tenere in casa. Senza esitare Dog lo acquista. Gli arriva a casa per posta con tanto di istruzioni. Una volta assemblato il robot viene attivato e si alza in piedi. Gli occhi si aprono e scambia uno sguardo con Dog che sta bevendo un succo di frutta. Sulla bocca metallica di Robot si disegna un sorriso.

Il mio amico robot di Pablo Berger
Dog e Robot ballano sui pattini assieme agli altri animali a Central Park in un’altra scena de Il mio amico robot.

Da qui inizia tutto. È estate, e i due sono inseparabili. Fra passeggiate in città e hot-dog presi al parco. Il loro rapporto è una danza continua, sulle note di September degli Earth Wind & Fire, una canzone che inneggia alla rinascita. L’inizio dopo un letargo fisico e mentale, quello che segue l’incontro con una persona speciale. Quella che, anche se per poco, sa cambiarti la vita e ridarti un nuovo stimolo. «Our hearts were ringing /In the key that our souls were singing / As we danced in the night / Remember how the stars stole the night away» («I nostri cuori stavano suonando/Nella tonalità in cui le nostre anime stavano cantando/Come ballavamo nella notte/Ricordi come le stelle rubarono la notte») recitano le prime strofe.

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Per Dog e il suo amico è pura festa, fino all’ultimo bagno in spiaggia. I circuiti del robot si danneggiano a causa dell’acqua e resta immobile sulla sabbia. Dog corre a casa a prendere quello che serve per sistemarlo ma la spiaggia, quando torna, è chiusa e non c’è possibilità di raggiungerlo. Così si vede costretto a lasciarlo in attesa della riapertura, l’anno successivo. Robot, da solo, non può far altro che sognare. Sotto i circuiti batte un cuore vero e vitale. Un’anima che sa emozionarsi e commuoversi, come noi.

Il mio amico robot – Il racconto di un’amicizia dal TFF41 agli Oscar 2024 ultima modifica: 2024-04-28T06:41:10+02:00 da Emanuel Trotto

Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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