Direttiva europea sulla criminalità ambientale

Criminalità ambientale, nella Direttiva Ue nuovi reati e forti sanzioni

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Criminalità ambientale, nella Direttiva Ue nuovi reati e forti sanzioni ultima modifica: 2024-03-14T06:19:12+01:00 da Marco Grilli
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La nuova Direttiva europea sulla criminalità ambientale, appena approvata dal Parlamento Ue, prevede nuovi reati e inasprisce le sanzioni

Passi in avanti in Europa nella lotta agli eco-reati. Il Parlamento europeo ha appena approvato la nuova Direttiva sulla criminalità ambientale con 499 voti favorevoli, 100 contrari e 23 astensioni.

Nel testo, già concordato con il Consiglio europeo il 16 novembre 2023, sono stati introdotti nuovi reati, quali il commercio illegale di legname, il riciclaggio illegale di componenti inquinanti di navi, l’esaurimento delle risorse idriche e le gravi violazioni della legislazione comunitaria in materia di sostanze chimiche. La Direttiva prevede inoltre inasprimenti delle pene per i trasgressori.

Entusiasta il commento del relatore per il Parlamento europeo Antonius Manders (PPE) al termine della votazione: “È giunto il momento che la lotta alla criminalità transfrontaliera assuma una dimensione europea, con sanzioni armonizzate e dissuasive che impediscano nuovi reati ambientali. Con questo accordo, chi inquina paga. Ma non solo: è anche un enorme passo avanti nella giusta direzione. Qualsiasi dirigente d’impresa responsabile di provocare inquinamento, infatti, potrà essere chiamato a rispondere delle sue azioni, al pari dell’impresa. Con l’introduzione del dovere di diligenza, poi, non ci sarà modo di nascondersi dietro a permessi o espedienti legislativi”.

La Direttiva entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (Ue). Entro due anni gli Stati membri dovranno recepire le norme nel diritto nazionale. L’approvazione di questo provvedimento rappresenta pure una risposta da parte dei deputati alle proposte avanzate dai cittadini nelle conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa. 

Il contesto

La criminalità ambientale è la quarta attività criminale al mondo, con un tasso di crescita tra il 5 ed il 7% all’anno secondo la stima dell’Interpol e del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep). Provoca perdite stimate in 110-281 miliardi di dollari all’anno e si configura come una delle principali fonti di introito per le organizzazioni criminali, insieme al traffico di droga ed armi ed alla tratta di esseri umani.

La complessa organizzazione e la natura transfrontaliera della criminalità ambientale richiedono un approccio coordinato a livello nazionale e internazionale da parte delle autorità amministrative, di polizia e giudiziarie, per far sì che la lotta sia efficace. Gli Stati membri sono chiamati ad attuare le migliori misure per sviluppare la cooperazione all’interno dell’Unione europea e con i Paesi terzi, garantire indagini efficienti e giungere a procedimenti giudiziari di rilievo.

I reati contro l’ambiente incidono negativamente anche sulla salute umana e si dimostrano difficili da individuare, perseguire e punire. La prima Direttiva dell’Ue sulla tutela penale dell’ambiente risale al 2008 (2008/99/CE) ma ha avuto una scarsa efficacia, come ha rilevato pure la Commissione europea con la sua valutazione effettuata nel 2019-2020.

Fu appurato che i suoi effetti erano stati tutt’altro che soddisfacenti, visti i pochi casi indagati conclusisi positivamente con condanne. Le sanzioni si erano inoltre dimostrate irrisorie, mentre la cooperazione transfrontaliera arrancava rivelando limiti e lacune. Per ovviare a tali problematiche, la Commissione europea presentò una proposta per migliorare l’efficacia della direttiva il 15 dicembre 2021. Questi gli antefatti fino alla recente approvazione da parte del Parlamento europeo.

“L’UE ha adottato misure per combattere le reti criminali coinvolte in tutte le forme di criminalità ambientale, anche introducendo norme sulla gestione dei rifiuti e sul commercio di flora e fauna selvatica. Le autorità di contrasto e doganali di tutti i paesi dell’UE, le istituzioni, le agenzie e gli organismi dell’UE, nonché i paesi e le organizzazioni partner, collaborano per combattere questa forma di criminalità attraverso indagini, sequestri e altre operazioni di polizia, comunica il Consiglio europeo.

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In dettaglio, la criminalità ambientale riguarda le attività di: raccolta, trasporto, recupero o smaltimento impropri di rifiuti; omissione o scarico di sostanze illecite nell’atmosfera, nell’acqua e nel suolo; uccisione, distruzione, possesso o commercio di specie animali o vegetali selvatiche protette; commercio illecito di sostanze che riducono lo strato di ozono.

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Le conseguenze sono facilmente intuibili, traducendosi nell’aumento dell’inquinamento, nella perdita di biodiversità, nel degrado della fauna selvatica, nella perturbazione dell’equilibrio ecologico e nei rischi per la salute umana. Nel triennio 2018-2021, le operazioni di polizia nell’Ue contro la criminalità ambientale hanno portato a 829 arresti ed al recupero di 8,3 milioni di euro grazie ai sequestri.

La direttiva e le novità

La nuova direttiva mira a stabilire norme minime per la definizione dei reati e delle sanzioni al fine di tutelare meglio l’ambiente e sostituisce la precedente direttiva del 2008, divenuta obsoleta a fronte degli sviluppi del diritto ambientale dell’UE”, chiarisce il Consiglio europeo.

È stata dunque definita con maggiore precisione la criminalità ambientale, aggiungendo nuovi tipi di reati e armonizzando il livello delle sanzioni per le persone fisiche e per quelle giuridiche (novità introdotta) in tutti gli Stati membri.

Il numero di reati previsto dal diritto penale dell’Ue è salito da 9 a 18, ampliando così il tipo di azioni vietate poiché ritenute nocive per l’ambiente. Sono stati introdotti inoltre i cosiddetti “reati qualificati”, ovvero quelli paragonabili all’ecocidio perché comportano la distruzione di un ecosistema (tra questi gli incendi boschivi su vasta scala e l’inquinamento diffuso di suolo, acqua ed aria).

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In materia di sanzioni pecuniarie e pene detentive, “reati ambientali commessi da persone fisiche e rappresentanti d’impresa saranno punibili con la reclusione, a seconda della durata, della gravità o della reversibilità del danno. Per i cosiddetti reati qualificati, il massimo è di 8 anni di reclusione, per quelli che causano la morte di una persona 10 anni e per tutti gli altri 5 anni”, chiarisce in una nota il Parlamento europeo.

Per quanto riguarda le imprese, per i reati più gravi è prevista una sanzione pecuniaria pari ad almeno il 5% del fatturato mondiale totale od in alternativa di 40 milioni di euro, che per tutti gli altri reati scende ad almeno il 3% od a 24 milioni di euro. “Possono anche essere adottate misure supplementari, tra cui l’imposizione dell’obbligo per l’autore del reato di ripristinare l’ambiente o di compensare i costi connessi ai danni, l’esclusione dello stesso dall’accesso ai finanziamenti pubblici o il ritiro di permessi o autorizzazioni, specifica il Consiglio europeo.

Gli Stati membri potranno inoltre decidere se perseguire i reati commessi al di fuori del loro territorio. In più dovranno obbligatoriamente organizzare corsi di formazione specializzati rivolti a coloro che si si occupano di accertare, indagare e perseguire i reati ambientali – ovvero forze dell’ordine, giudici e pubblici ministeri – oltre a redigere strategie nazionali e ad organizzare campagne di sensibilizzazione sul tema in questione.

Naturalmente i Paesi Ue dovranno vigilare affinché tali autorità competenti abbiano sempre sufficienti risorse finanziarie ed il giusto numero di personale qualificato per svolgere le attività previste dalla direttiva. Vanno inoltre segnalate le forme di tutela previste da questa importante norma: durante i negoziati i deputati si sono infatti battuti per introdurre nel testo disposizioni in materia di sostegno e assistenza alle persone che segnalano reati ambientali (i cosiddetti whistleblower), ai difensori dell’ambiente ed alle persone colpite dagli eco-reati.

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I dati sui reati ambientali raccolti dai governi dell’UE dovrebbero inoltre consentire di affrontare meglio la questione e aiutare la Commissione ad aggiornarne regolarmente l’elenco”, segnala l’Europarlamento.

[Credits foto: jlujuro su Pixabay]

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Laureato in Lettere moderne, giornalista pubblicista e ricercatore in storia contemporanea, è consigliere dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Nei suoi studi si è occupato di Resistenza, stragi nazifasciste e fascismi locali, tra le sue pubblicazioni il volume “Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia”. Da sempre appassionato di tematiche ambientali, ha collaborato con varie testate online che trattano tali aspetti. Vegetariano, ama gli animali e la natura, si sposta rigorosamente in mountain bike, tra i suoi hobby la corsa (e lo sport in generale), il cinema, la lettura, andar per mostre e la musica rock.

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