La direttiva greenwashing ha ottenuto il via libera dall’Europarlamento, stop alle dichiarazioni ambientali fuorvianti e miglioramenti nell’etichettatura dei prodotti
Con 593 voti favorevoli, 21 contrari e 14 astensioni, il Parlamento europeo ha approvato la direttiva greenwashing che aiuterà i consumatori del Vecchio Continente a compiere acquisti più informati, proteggendoli da pratiche di commercializzazione ingannevoli.
“A tal fine, saranno aggiunte all’elenco UE delle pratiche commerciali vietate una serie di strategie di marketing problematiche legate al cosiddetto greenwashing (ambientalismo di facciata) e all’obsolescenza precoce dei beni”, comunica il Parlamento Ue.
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I provvedimenti più importanti riguardano: il divieto di inserire dichiarazioni ambientali generiche od altre informazioni fuorvianti sui prodotti; la concessione dell’autorizzazione ai soli marchi di sostenibilità basati su sistemi di certificazione approvati o creati da autorità pubbliche, ed infine la creazione di un nuovo marchio di estensione della garanzia ed in generale la fornitura di informazioni più visibili su quest’ultima.
Il commento della relatrice
La relatrice di questa importante nuova norma europea, l’eurodeputata croata Biljana Borzan del gruppo dell’alleanza progressista di socialisti e democratici (S&D), ha espresso particolare soddisfazione per un provvedimento che, a suo dire, “cambierà il quotidiano di tutti gli europei”.
“Ci allontaneremo dalla cultura dello scarto, renderemo più trasparente il marketing e combatteremo l’obsolescenza prematura dei beni. Le persone potranno scegliere prodotti più durevoli, riparabili e sostenibili grazie a etichette e pubblicità affidabili. Soprattutto, le aziende non potranno più ingannare le persone dicendo che le bottiglie di plastica sono buone perché l’azienda ha piantato alberi da qualche parte — o dire che qualcosa è sostenibile senza spiegare come. Questa è una grande vittoria per tutti noi”, le sue parole.
Già in occasione della precedente approvazione del mandato negoziale da parte del Parlamento europeo (maggio 2023), Borzan aveva dichiarato che “il settore non potrà più guadagnare producendo beni di consumo che si rompono a garanzia appena scaduta. I consumatori dovranno essere informati in modo chiaro delle opzioni e dei costi di riparazione. Le etichette dei prodotti informeranno i cittadini sui prodotti con una garanzia di durata maggiore e i fabbricanti con i prodotti più durevoli ne beneficeranno. La giungla delle false dichiarazioni ambientali finirà, poiché saranno consentite solo le dichiarazioni ecologiche certificate e comprovate”.
Il contesto
Questa nuova norma integra la direttiva sulle asserzioni ambientali, attualmente in fase di discussione a livello di commissione parlamentare, che stabilirà le condizioni specifiche per l’utilizzo delle dichiarazioni ecologiche.
L’Europarlamento chiarisce che il focus sul greenwashing, “risponde alle aspettative dei cittadini in materia di consumo, imballaggio e produzione sostenibili, nonché di crescita e innovazione sostenibili, come espresso nelle proposte 5 (1), 7 (10) e 11 (2) delle conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa”.
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La direttiva greenwashing appena approvata, inoltre, rientra nel primo pacchetto sull’economia circolare, insieme ai regolamenti sulla progettazione ecocompatibile e sui prodotti da costruzione ed alla relazione d’iniziativa sulla strategia dell’Ue per prodotti tessili sostenibili e circolari.
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La nuova norma dovrà ricevere l’approvazione definitiva del Consiglio europeo e sarà poi pubblicata in Gazzetta ufficiale. A quel punto i Paesi membri avranno 24 mesi di tempo per recepirla nel diritto nazionale.
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Per garantire la transizione ecologica e tutelare davvero l’ambiente ed i consumatori, gli operatori economici sono chiamati a fornire informazioni chiare, pertinenti ed affidabili. Ecco dunque le norme specifiche a livello comunitario per contrastare le pratiche commerciali sleali che ingannano i consumatori, impedendogli di compiere scelte sostenibili.
Con le nuove regole l’etichettatura dei prodotti sarà finalmente più chiara, poiché le indicazioni ambientali generiche – quali rispettoso dell’ambiente, rispettoso degli animali, verde, biodegradabile, a impatto climatico zero o ecologico – saranno vietate in assenza di prove, ovvero di “un’eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali pertinenti all’asserzione”, si legge nel testo della direttiva.
L’eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali è dimostrabile in primis mediante la conformità al regolamento (CE) n. 66/2010 o ad un sistema di assegnazione di marchi di qualità ecologica EN ISO 14024, riconosciuto ufficialmente negli Stati membri.
Un operatore economico non dovrebbe poi far ricorso ad asserzioni generiche, quali consapevole, sostenibile o responsabile, basate esclusivamente sull’eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali. Questo perché tali asserzioni riguardano non solo le caratteristiche ambientali ma anche quelle sociali.
Altra materia è quella del raffronto dei prodotti in base alle rispettive caratteristiche ambientali o sociali od agli aspetti relativi alla circolarità, quali la durabilità, la riparabilità o la riciclabilità. Si tratta di una tecnica di marketing molto diffusa che può dimostrarsi ingannevole per i consumatori. Per evitare ciò la nuova direttiva modifica “l’articolo 7 della direttiva 2005/29/CE per imporre agli operatori economici di fornire ai consumatori informazioni sul metodo di raffronto, sui prodotti raffrontati e sui fornitori di tali prodotti, così come sulle misure predisposte per tenere aggiornate le informazioni”.
Tra le novità della direttiva greenwashing, l’Europarlamento comunica pure che “saranno vietate anche altre pratiche ingannevoli come fare dichiarazioni sull’intero prodotto se la dichiarazione è vera solo per una parte di esso, o affermare che un prodotto durerà un certo periodo di tempo o potrà essere utilizzato con un determinato livello di intensità se ciò non è vero”. Per il primo caso, ad esempio, non si potrà più considerare un prodotto realizzato con materiale riciclato se il riciclo ha riguardato solo un suo componente quale l’imballaggio.
Molto importante risulta la parte relativa alla regolamentazione dei marchi di sostenibilità, che saranno resi finalmente più trasparenti e credibili per mettere fine al caos dovuto finora alla loro proliferazione ed al mancato utilizzo di dati comparativi. “L’operatore economico dovrebbe poter esibire tali marchi di certificazione solo se sono stabiliti da autorità pubbliche o basati su un sistema di certificazione”, si legge nel testo della nuova direttiva.
Questa norma vieterà inoltre le asserzioni che sostengono, per un prodotto od un servizio, l’impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente in termini di emissioni di gas a effetto serra, in virtù della partecipazione a sistemi di compensazione delle emissioni. “È opportuno che tali asserzioni siano consentite solo se si basano sull’impatto effettivo del ciclo di vita del prodotto in questione e non sulla compensazione delle emissioni di gas a effetto serra al di fuori della catena del valore del prodotto, in quanto i primi e le seconde non sono equivalenti”, specifica la direttiva.
La durabilità
Con la nuova norma produttori e consumatori sono chiamati a prestare maggiore attenzione alla durata dei prodotti. “L’acquisto di prodotti che dovrebbero durare più a lungo di quanto non durino effettivamente lede i consumatori. Peraltro le pratiche di obsolescenza precoce incidono complessivamente in modo negativo sull’ambiente, dato che determinano un aumento dei rifiuti e un maggiore utilizzo di energia e di materiali. Di conseguenza affrontare la questione delle informazioni relative alle pratiche di obsolescenza precoce ridurrà verosimilmente la quantità di rifiuti, contribuendo a una maggiore sostenibilità dei consumi”, recita la direttiva greenwashing.
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Non sarà più possibile quindi introdurre caratteristiche di progettazione che limitino la durata di un prodotto o ne causino il malfunzionamento prematuro.
“Le nuove norme vietano anche le indicazioni infondate sulla durata (ad esempio, dichiarare che una lavatrice durerà per 5.000 cicli di lavaggio, se ciò non è esatto in condizioni normali), gli inviti a sostituire i beni di consumo prima del necessario (spesso accade, ad esempio, con l’inchiostro delle stampanti) e le false dichiarazioni sulla riparabilità di un prodotto”, comunica inoltre l’Europarlamento.
In generale, i produttori non dovrebbero essere autorizzati a limitare le funzionalità di un prodotto in caso di utilizzo di materiali di consumo, parti di ricambio o accessori (ad esempio caricabatterie o cartucce d’inchiostro) prodotti da altre aziende. La direttiva greenwashing vieta inoltre la deliberata mancata informazione del consumatore sul deterioramento della funzionalità di un bene quando si utilizzano materiali di consumo, pezzi di ricambio o accessori non originali, così come la tendenza a far credere al consumatore che l’impiego di quest’ultimi comprometta la funzionalità di un prodotto quando ciò è falso.
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In materia di durabilità, dovranno essere più visibili le informazioni sulla garanzia e verrà creato un nuovo marchio armonizzato per dare maggiore risalto ai prodotti con un periodo di garanzia più esteso. “Ciò per mettere in evidenza i prodotti di qualità e motivare le aziende a concentrarsi di più sulla durabilità”, specifica l’Europarlamento.
Al di là della garanzia commerciale di durabilità (di due anni per i beni nuovi come stabilito per legge) vi è quella di conformità, spesso ignorata dai consumatori. Un avviso armonizzato dovrebbe quindi ricordare la sua esistenza e i suoi principali elementi, in particolare la durata minima di due anni e la possibilità di estendere quest’ultima a norma del diritto nazionale.
La lotta alla cultura dello scarto si fa finalmente sentire.
[Credits foto: Mollyroselee su Pixabay]
