Un année difficile – Crisi, consumismo e ecologia al 41 Torino Film Festival

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Un année difficile – Crisi, consumismo e ecologia al 41 Torino Film Festival ultima modifica: 2023-11-27T19:01:43+01:00 da Emanuel Trotto
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Un année difficile, dagli autori di Quasi amici, è una commedia che contrappone ecologia e consumismo al Torino Film Festival 41

Un sogno: quello di vedere il mondo finalmente libero dal consumo compulsivo, dove non si produce più per il mero bisogno di possedere, ma per condividere. Un mondo nel quale le città sono vuote e i negozi chiusi. Città dove è possibile camminare liberamente per strada, nel silenzio e nella contemplazione. Per poter, finalmente, vivere. Solo allora sarà possibile mettere da parte le ansie sul nostro futuro e dedicarci a quello personale. Inclusa la possibilità di innamorarsi di nuovo ed essere felici con persone con le quali si è in sintonia. Questo è il sogno di Valentine (Noémie Merlant), detta “Cactus”, uno dei tre protagonisti di Un année difficile di Eric Toledano e Olivier Nakache. Il film è presentato Fuori Concorso al 41 Torino Film Festival e sarà distribuito in sala a partire dal 30 novembre da IWonderPictures con il titolo Un anno difficile.

Un année difficile
Un année difficile di Eric Toledano e Olivier Nakache, il poster francese.

Si tratta della prima volta, nella carriera dei due autori, di un film esplicitamente politico. L’anno difficile è quello attuale ma lo sono anche tutti gli anni prima, fin dal 1974. Così almeno lo sono nelle parole dei presidenti francesi che fanno lo stesso annuncio in televisione nel corso degli anni. Da Macron, a Sarkozy a Chirac fino ad arrivare a Valéry Giscard d’Estaing. Qual è quindi l’anno difficile? C’è mai stato un anno facile? Perché i problemi, è evidente, cambiano.

Oggi uno dei problemi è quello del sovra-consumo che, da una parte rende il pianeta sempre più colmo di oggetti inutili buttati. Dall’altra è un problema di natura economica. Infatti, in Francia, a fronte di un aumento del prodotto interno lordo pro-capite e dei salari reali, negli ultimi anni si è ridotto il potere di acquisto che rimane stagnante. Ciò non impedisce a comperare in modo sfrenato, ben oltre il proprio patrimonio. Con ciò c’è il rischio che, inconsciamente, si rimanga indebitati.

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Proprio da qui che parte la storia di Albert (Pio Marmaï) e Bruno (Jonathan Coehn), gli altri due protagonisti di Un année difficile. Il primo vive di espedienti, senza fissa dimora: dorme nell’aeroporto dove lavora. Qui riesce a recuperare qualche soldo rivendendo in giro gli oggetti che vengono lasciati ai check-in base alle norme anti-terrorismo. Flaconi di profumo e molti altri oggetti che, non reclamati, finiscono direttamente nell’immondizia.

Albert a volte approfitta dei Black Friday per comprare oggetti scontati e rivenderli poi a prezzi maggiorati. È proprio in una di queste occasioni, davanti a un negozio di elettrodomestici che lui incontra Cactus. Lei è a capo di un gruppo di eco-attivisti che si mettono fra la saracinesca e i consumatori impazziti. Come tutti gli altri compratori, Albert si getta a capofitto sugli scaffali. Una scena resa falsamente epica dal ralent e grottesca dal valzer come sottofondo. Le persone sono letteralmente calpestate e ci sono scontri per accaparrarsi l’ultimo televisore a schermo piatto.

Un année difficile
Albert (Pio Marmaï, a sinistra) e Cactus (Noémie Merlant) al loro primo incontro, fra fronti contrapposti in Un année difficile

Albert ne esce vincitore e si reca in una viletta a schiera che sta per essere venduta dalla banca. Qui ci vive Bruno, un suo cliente con il quale aveva concordato la vendita di un televisore. Bruno è indebitato fino al collo. Per anni è stato sposato con una donna dell’alta società. Lui, essendo di un ceto minore, ha accumulato prestiti per mantenere un tenore di vita allo stesso livello. Ora è divorziato e tenta il suicidio con dei sonniferi.

Un anno difficile
Un anno difficile, una scena del film

Soccorrendolo Albert entra in contatto con Henri (Mathieu Almaric), responsabile di una società che si occupa di training per insegnare alle persone a fare acquisti mirati per i loro bisogni reali.  Lì Albert e Bruno si conoscono meglio e decidono di prendersi una birra assieme. E nel pub trovano Cactus che, insieme ad altri attivisti, fanno proseliti. Entrambi decidono di unirsi a loro. Dapprima per il loro interesse personale, poi iniziano a comprendere. Imparano che, per poter diventare realmente se stessi bisogna attraversare un mondo completamente estraneo. Devono essere il ponte per ottenere il cambiamento.

Il film, da dichiarazione stessa dei suoi autori, si muove come un valzer. Le contrapposizioni si abbracciano ed entrano lentamente in armonia, senza cozzare. Come l’accenno di danza, provocatorio, nel primo incontro fra Albert e Cactus. Un movimento armonico per accentuare anche le ipocrisie di entrambi i lati. A cominciare da Henri con i suoi sermoni da una parte, e dall’ altra ci sono i suoi maldestri tentativi di entrare nel casinò, nonostante ne sia bandito.

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L’opportunismo si cela dietro anche il gesto più nobile, in cerca costante di approvazione o per spianare la strada al vantaggio personale. Colpisce tutti anche chi si batte per un bene più grande fra azioni e manifestazioni di ogni genere. Essere egoisti è una malattia da cui è difficile guarire. Così non è Cactus la quale, nonostante il suo nome di battaglia suggerisce un carattere e una tempra ferrea, mostra chiaramente la sua fragilità. È la medesima di una generazione di venti e trentenni che si sentono ingannati e senza una meta dalle istituzioni che promettono un mondo migliore. Il suo scopo è di renderlo possibile. È una forza della Natura perché è quasi una personificazione della stessa. Lei segue il suo obiettivo come il corso di un fiume, ed è pressoché impossibile imbrigliare.

Un année difficile
Albert e Bruno (Jonathan Coehn, a destra) attivisti in una scena di Un année difficile

Attraverso una scrittura ironica ma mai banale, Toledano e Nakache affrontano tematiche d’attualità con intelligenza senza mai scadere, cioè, nel banale. Ciò lo avevano dimostrato fin dal loro film più famoso Quasi amici (2011). La loro è una poetica precisa: la necessità di un contatto umano al di là delle barriere sociali. Ciò serve a trasmettere energia positiva e abbattere tutti i confini. La sola energia necessaria perché il sogno, il proprio sogno personale e non soltanto globale, possa avverarsi.

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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