Reportage fotografico da Monteruga, il paese abbandonato del Salento, nato a inizio Novecento per la coltivazione del tabacco e che ora il Ministero della Cultura vorrebbe tutelare
Monteruga è un piccolo paese abbandonato del Salento, al confine tra le Provincie di Lecce e di Brindisi, nella Puglia meridionale.

Un tempo florido centro di produzione del tabacco, nonché dell’olio e del vino, oggi il borgo agricolo si presenta deserto, con alcuni edifici parzialmente crollati e altri pericolanti.

Ma è ancora ricco di fascino e storia: al punto che, proprio nei giorni scorsi, il Ministero della Cultura lo ha sottoposto a vincolo quale “sito di interesse particolarmente importante”.

Un riconoscimento che, si spera, permetterà di tutelarlo e recuperarlo, preservandone la bellezza e la memoria.
Ascesa e declino di un borgo agricolo
Il borgo di Monteruga -che sorge nel territorio del Comune di Veglie (Lecce), non lontano dalla Provinciale 109- è stato fondato tra il 1926 e il 1928, nell’ambito delle bonifiche dell’agro salentino volute dal regime fascista, ampliando una masseria pre-esistente.

La sua architettura rispecchia quella tradizionale dei villaggi della zona nei primi decenni del Novecento.

Ancora oggi è possibile capire come il paese fosse a tutti gli effetti un nucleo autonomo, con la chiesa di Sant’Antonio Abate al centro della piazza principale, gli spazi abitativi privati e quelli comunitari, come la scuola e il dopo-lavoro, attorno ai quali ruotava gran parte della vita locale.

La sua espansione si ebbe soprattutto nel Dopoguerra, quando l’intero borgo passò in gestione alla Società Elettrica per Bonifiche e Irrigazioni (SEBI) e iniziò a richiamare lavoratori e lavoratrici da tutto il Salento e da altre zone dell’Italia Meridionale per le attività nei campi e le successive lavorazioni dei prodotti agricoli coltivati nei terreni dei dintorni.

Verso la fine degli anni Settanta del Novecento arrivò a contare fino a 800 abitanti, per poi subire un rapido e drastico declino nel corso del decennio successivo, a causa della privatizzazione dell’azienda e della spartizione dei terreni.

Da ormai oltre 40 anni Monteruga è diventato un villaggio deserto e abbandonato; in un nulla di fatto sono finiti tutti i vari progetti finora pensati per il suo possibile rilancio, anche sotto forma di struttura turistica.

Una meta per gli appassionati di Urbex
In attesa di capire i possibili, eventuali benefici del vincolo ministeriale, oggi l’ex borgo agricolo salentino è oggetto di visite da parte di curiosi e di appassionati di Urbex, l’esplorazione di edifici urbani abbandonati.

Formalmente l’intero complesso è proprietà privata, con divieto di accesso, e gran parte degli edifici presenta vistose scritte di “pericolo di crollo” e cartelli che vietano l’entrata.

Non è raro, però, imbattersi in visitatori che decidono di lasciarsi alle spalle per qualche ora le spiagge salentine e il barocco leccese per spingersi in mezzo alle campagna a scoprire questo paese fantasma, alla ricerca di tracce di un passato che, seppur temporalmente abbastanza vicino, pare ormai molto distante dal mondo contemporaneo.

Monteruga: cosa resta oggi del villaggio salentino
Ad attrarre è il fatto che l’intero villaggio pare essersi improvvisamente fermato al secolo scorso e, pur colpito dall’inevitabile degrado del tempo, risulta nel suo complesso abbastanza intatto e ben preservato.

La chiesa di Sant’Antonio -al cui interno una volta a gennaio si festeggiava in pompa magna il santo patrono, con tanto di processione in tutto il borgo- ha ancora un bel bassorilievo in terracotta sopra il portale d’ingresso, l’altare principale, i confessionali, le vetrate policrome pressoché integre, il fonte battesimale e alcune panche in legno, che poggiano su un bel pavimento in cotto; i muri in pietra leccese la rendono luminosa e per nulla spettrale.

Diverse case coloniche presentano al loro interno i vecchi camini, oltre a residui di mobilio, elettrodomestici di qualche decennio or sono e quelli che un tempo erano piccoli giardini privati sul retro.

Gli spazi produttivi -come l’imponente edificio rosso che ospitava magazzino tabacchi e l’oleificio– sono generalmente integri nelle loro strutture portanti, con qualche macchinario ancora presente qua e là, i fili sui quali venivano messe a essiccare le foglie di tabacco, le cisterne e gli imponenti silos bianchi.

A parte alcuni graffiti e scritte a spray di cattivo gusto -compensati da altri murales di migliore fattura artistica- gran parte degli edifici non presenta inoltre particolari segni di vandalismo, anche se negli anni gli interni sono stati quasi completamente depredati di tutto quello che potesse avere un qualche valore economico e riutilizzo.

Una visita a Monteruga -ovviamente da effettuarsi con tutte le precauzioni del caso e senza assolutamente alterare o asportare alcunché, nel pieno rispetto delle leggi e della storia del paese- permette quindi di avere facilmente una visione d’insieme di come fossero organizzati gli spazi e come dovesse svolgersi la vita quando il borgo agricolo salentino era in piena attività, nel cuore del Novecento.
Luoghi delle vacanze estive abbandonati al loro destino, dove il sole splende invano
