Alla Biennale Tecnologia il professor Franco Fassio ha illustrato quelli che potrebbero essere gli scenari futuri della produzione di cibo e delle coltivazioni agricole alla luce degli effetti del cambiamento climatico
Gli effetti del cambiamento climatico sulla produzione dei generi alimentari sono una realtà con la quale ci confrontiamo ormai quotidianamente, fra i banchi dei mercati o fra gli scaffali della grande distribuzione. La scomparsa delle mezze stagioni, i lunghi periodi di siccità, gli eventi meteorologici estremi e le temperature in costante crescita, hanno fatto lievitare i prezzi della produzione agricola; a rendere ancora più pesante questa inflazione sono state le conseguenze su energia e trasporti della guerra in Ucraina.
Un interessante incontro della Biennale Tecnologia tenutasi a Torino dal 10 al 13 novembre ha focalizzato il dibattito sulla strettissima relazione fra cibo e clima. Franco Fassio, ricercatore e docente presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ha illustrato quello che sta succedendo sui mercati agricoli di tutto il mondo. Il suo intervento è iniziato con la citazione di un vecchio adagio popolare divenuto ormai anacronistico: “Ad agosto riempi la cucina, a settembre la cantina”.
Il progressivo anticipo di primavera ed estate sta portando a raccolti anticipati di un mese, ma soprattutto a una settentrionalizzazione delle coltivazioni: “Il cambiamento climatico sta spostando le aree di coltivazione di molti prodotti in entrambi gli emisferi – ha spiegato Fassio -. Il 50° parallelo, storico limite della viticoltura, è ormai superato e si stima che, entro il 2050, una percentuale compresa fra il 25% e il 73% delle aree attualmente coltivate a vite diventeranno inadeguate alla produzione. Non è un caso che molti produttori delle Langhe stiano acquistando nuovi terreni a nord dei loro attuali possedimenti. In Giappone, invece, la pesca dei totani si sta spostando sempre più in profondità a causa dell’aumento della temperatura dell’acqua in superficie”.
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Un sistema da rivoluzionare
Le criticità del sistema con il quale ci alimentiamo non sono legate esclusivamente alla crisi climatica, ma a numerosi fattori quali l’utilizzo intensivo del suolo, le dinamiche del trasporto, l’abuso di packaging e lo spreco di cibo. “Ogni anno vengono sprecati 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti per il consumo umano – ha proseguito Fassio -. Secondo i dati Unep del 2019, il 61% di questi rifiuti proviene dall’ambito domestico, il 26% dalla ristorazione e il 13% dalla vendita al dettaglio. Per produrre questo cibo che viene buttato sono necessari 250 miliardi di litri di acqua, una cifra astronomica se si pensa alle crescenti carenze idriche che si stanno verificando su scala globale”.
Il cambiamento climatico sta modificando la geografia e lo spostamento delle coltivazioni innescherà nuovi fenomeni di land grabbing e water grabbing dando vita a nuovi conflitti. Solo una radicale rivoluzione della produzione agricola e delle filiere distributive potrà consentire di far fronte alle sfide imposte dalle siccità e dagli eventi estremi.
“Perché se abbiamo un’impresa non ci permettiamo di compromettere i nostri rapporti con i nostri principali fornitori e lo facciamo, invece, come esseri umani nei confronti della nostra principale fornitrice ovverosia la Natura?” ha chiesto retoricamente Fassio ricordando l’importanza di servizi ecosistemici quali l’impollinazione e il sequestro di carbonio.
Il tema delle risorse idriche è e sarà sempre più centrale. Il nostro Pianeta è costituito per il 73% da acqua, di questa solo il 3% è dolce e solo l’1% è utilizzabile dall’uomo. Ma quest’acqua è distribuita in modo diseguale sul Pianeta e, a ben vedere, esistono delle vere e proprie potenze del cosiddetto “oro blu”, Russia e Brasile per esempio.
Quando nel 2050 la popolazione umana raggiungerà – secondo le attuali proiezioni – i 10 miliardi di persone, l’estrazione d’acqua per scopi alimentari dovrà crescere del 69% rispetto a ora. Ciò significa che, sin da ora, dobbiamo intervenire sulle falle delle reti idriche e sugli sprechi alimentari in maniera drastica.
[Foto Pixabay e Davide Mazzocco]