Il maiale che cantava alla luna di Jeffrey Moussaieff Masson indaga il mondo interiore di maiali, galline, capre, pecore, mucche, oche e anatre
Il maiale che cantava alla luna di Jeffrey Moussaieff Masson si apre con la storia di Piglet, una scrofa conosciuta dall’autore durante un viaggio in Nuova Zelanda. Socievole, pulita, amante della compagnia degli umani e delle nuotate in mare, Piglet aveva una particolarità: amava la musica dei violini e, nelle notti di luna piena, emetteva suoni molto dolci in direzione del satellite terrestre.
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Incontri come questo hanno spinto Masson a scrivere un saggio sulla vita emotiva degli animali da fattoria che sostiene una posizione molto radicale: impedire a un animale di vivere nel modo per il quale si è evoluto crea infelicità.
In apertura de Il maiale che cantava alla luna vengono citate alcune cifre: i 9 miliardi di polli e i 97 miliardi di maiali che vengono macellati ogni anno negli Stati Uniti, i 40 miliardi di polli che vengono uccisi annualmente su scala globale (una media di 5 per ogni abitante della Pianeta). Secondo Masson, per non essere complici dei maltrattamenti ai quali vengono sottoposti gli animali negli allevamenti intensivi non ci si può limitare al vegetarianismo, ma occorre abbracciare il veganismo eliminando anche prodotti di derivazione animale come uova e latticini.
Sin dall’introduzione, i lettori sono invitati ad assumere una prospettiva antispecista: “Nel caso di cani e gatti, si potrebbe sostenere che l’addomesticamento è stato reciprocamente vantaggioso. Loro hanno ottenuto, compagnia, protezione, cibo, calore, compagni di gioco e perfino amore. E noi abbiamo ricevuto in cambio molte di queste stesse cose (tranne il cibo: è raro che gli esseri umani mangino animali con i quali hanno condiviso la propria casa). Ma nel caso degli animali da fattoria, il rapporto non si è mai neppure avvicinato a qualcosa di simile a uno scambio paritario. Abbiamo preso le loro uova, il latte, la carne, la pelle, il lavoro e in cambio, per quanto ne so, loro si sono visti accorciare la vita”.
Maiali coraggiosi
Nell’ampio capitolo dedicato ai maiali, Masson fa piazza pulita dello stereotipo legato alla loro sporcizia: se i suini vivono nello sporco lo si deve agli umani, perché il senso della pulizia di questa specie non ha nulla da invidiare a quello dei gatti. Possiedono un forte senso del gruppo, amano giocare e per quanto riguarda l’alimentazione, sono molto più selettivi di quanto si creda.
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Fra i casi di cronaca raccontati da Masson, uno dei più celebri è quello verificatosi nel 1998 in Gran Bretagna, quando due maiali Tamworth fuggirono dal camion che li stava portando al mattatoio, scavarono un cunicolo sotto una recinzione, attraversarono un fiume a nuoto e si rifugiarono nella boscaglia. Grazie alla loro fuga i due maiali si accattivarono la simpatia del pubblico e divennero ospiti di un rifugio per animali da fattoria.
Proprio come i cani, anche i maiali capiscono quando vengono chiamati per nome, scodinzolano quando sono felici e salvano la vita dei loro padroni. Vittima di un attacco cardiaco, Joanne Altsmann è stata salvata da Lulu, una femmina di maiale vietnamita che, accortasi del malore della donna, si è piazzata in mezzo alla strada per attirare l’attenzione delle persone e condurle all’interno dell’abitazione della padrona.
Se nel mondo lo stigma nei confronti di questi animali continua a essere diffusissimo, in Papua Nuova Guinea i maiali rivestono un importante ruolo sociale e presso le popolazioni siuai dell’isola di Bougainville condividono il cibo con i loro proprietari, vengono battezzati e ricevono un nome rituale.
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Chiocce e pulcini comunicano durante la cova
A proposito di stereotipi negativi che dire di quelli legati all’intelligenza delle galline? Numerosi studi dimostrano come le vocalizzazioni non siano casuali, ma comunichino in modo puntuale la presenza di cibo oppure di predatori. Si è inoltre scoperto che, già durante la cova, il pulcino emette dei pigolii di angoscia ai quali la madre risponde con versi rassicuranti. Quando l’uovo si schiude il legame fra la chioccia e il suo pulcino è già saldo: quest’ultimo risponderà solamente ai richiami della genitrice.
Le mucche
Pochi animali sono protettivi nei confronti della prole come le mucche. Masson cita testimonianze di mucche totalmente disorientate per la perdita del vitello, un istinto materno che le porta a cercarli e a chiamarli con il loro verso dopo che questi sono stati sottratti per essere portati altrove. Sottratti alla madre i vitelli trascorrono la propria breve vita confinati in un box.
Una storia analoga a quella della coppia di maiali Tamworth è quella di Emily, una mucca del Massachusetts che nel 1995, dopo avere capito di essere prossima alla fine, superò con un balzo la staccionata di un metro e mezzo del mattatoio e fuggì nel bosco.
Una posizione politica nei confronti del cibo
Gli studi di etologia stanno facendo passi da gigante e noi di eHabitat ci siamo occupati spesso dell’argomento. Vale la pena citare quello che scriveva Charles Darwin nella seconda metà dell’Ottocento: “Credo sia ora stato dimostrato che l’uomo e gli animali superiori, soprattutto i primati, hanno alcuni istinti in comune. Possiedono gli stessi sensi, intuizioni e sensazioni; passioni, affetti ed emozioni simili, pure le più complesse, come gelosia, sospetto, emulazione, gratitudine e generosità; usano l’inganno e sono vendicativi; talvolta sono suscettibili al ridicolo, ma hanno pure il senso dell’umorismo; provano stupore e curiosità; possiedono le stesse facoltà di imitazione, attenzione, riflessione, scelta, memoria, immaginazione associazione di idee e ragione…”. Leggendo queste parole la mente corre inevitabilmente alla dichiarazione rilasciata qualche settimana fa dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, secondo il quale l’uomo sarebbe l’unico animale senziente.
Nell’epilogo del suo saggio Masson invita i lettori ad assumere un atteggiamento critico e politico nei confronti dell’alimentazione: “Tutti noi abbiamo bisogno di sviluppare una posizione politica rispetto al nostro cibo. Non dovremmo fidarci delle informazioni che provengono dalle industrie. Loro hanno un prodotto da vendere, un territorio da proteggere, un consiglio d’amministrazione da soddisfare con i profitti. Non sono indipendenti. Pensiamo sempre a quali interessi vengono favoriti. Si comincia dalla singola parola: non si parla di maiali, ma di prosciutto, non di carne di mucca ma di hamburger; sono parole usate apposta per farci dimenticare l’origine di quel cibo. Il packaging del cibo fa lo stesso”.
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Interessante intreccio di etologia ed etica, aneddotica e divulgazione scientifica, Il maiale che cantava alla luna di Jeffrey Moussaieff Masson è edito da Il Saggiatore con la traduzione di Chiara Arcadio.
[Foto Pixabay]
