Chiquita, il colosso delle banane, dopo un lungo contenzioso è stata condannata da una giuria statunitense per aver finanziato i paramilitari delle Forze Unite di Autodifesa della Colombia
Chiquita Brands International, la multinazionale conosciuta in tutto il mondo per la produzione di banane, è finita nei guai. Con una sentenza storica, appena emessa dalla giuria civile di West Palm Beach in Florida, si è chiuso un caso giudiziario trascinatosi per anni. Il gigante delle banane è stato riconosciuto colpevole di aver finanziato le Forze Unite di Autodifesa della Colombia (AUC), un gruppo paramilitare che ha seminato a lungo il terrore nel Paese sudamericano, fino alla tregua ed allo scioglimento delle bande armate nel 2006.
Il verdetto ed i commenti
“Questo verdetto invia un messaggio forte alle aziende di tutto il mondo: il profitto derivante dalle violazioni dei diritti umani non rimarrà impunito. Queste famiglie, vittime di gruppi armati e corporazioni, hanno affermato il loro potere e hanno prevalso nel processo giudiziario”, ha commentato Marco Simons, consulente legale internazionale di Earth Rights International, l’organizzazione non governativa che si è occupata del caso, fornendo assistenza ai familiari delle vittime nella lunga battaglia giudiziaria.
Si tratta di una sentenza dall’alto valore giudiziario, perché per la prima volta una giuria statunitense ha condannato una multinazionale americana ritenuta complice di gravi violazioni dei diritti umani in un altro Paese. Chiquita Brand International dovrà ora versare 38,3 milioni di dollari alle nove famiglie di campesinos colombiani, vittime delle violenze dell’AUC. Si stima infatti che, per garantire la sicurezza della produzione nelle regioni bananiere di Urabá e Magdalene dove imperversava la guerriglia armata delle Farc e dell’Epl, Chiquita abbia versato oltre 1,7 milioni di dollari all’AUC dal 1997 al 2004.
Giornata Mondiale dei Diritti Umani: dignità, libertà e giustizia per tutti
Con questi finanziamenti, “Chiquita ha contribuito a indicibili sofferenze e perdite nelle regioni colombiane di Urabá e Magdalena, compresi i brutali omicidi di civili innocenti. Questo verdetto storico significa anche che alcune delle vittime e delle famiglie che hanno sofferto a causa delle azioni di Chiquita saranno finalmente risarcite”, ha dichiarato Earth Rights International.
Le vittime hanno accolto con favore il verdetto della giuria civile di West Palm Beach (Florida). “È il trionfo di un processo che va avanti da quasi 17 anni, per tutti noi che abbiamo sofferto così tanto in questi anni. C’è un dibattito sulla giustizia e sulla riparazione; combattiamo dal 2007. Non siamo in questo processo perché lo vogliamo; è stata Chiquita, con le sue azioni, a trascinarci dentro. Abbiamo una responsabilità nei confronti delle nostre famiglie e dobbiamo lottare per loro”, il loro commento alla sentenza.
Earth Rights International ha espresso la sua profonda ammirazione per i familiari delle otto vittime, che hanno dimostrato grande coraggio e determinazione nel perseguire la giustizia. Il contenzioso più ampia contro Chiquita riguarda centinaia di altre vittime: tali casi potrebbero dare adito ad ulteriori processi od esser risolti medianti accordi.
Questo caso specifico seguito da Earth Rights International è partito nel lontano luglio 2007 e, dopo esser stato unito ad altri casi contro Chiquita l’anno successivo, è giunto a questo processo dopo numerose tappe e ricorsi. L’organizzazione non governativa Earth Rights International ha messo al servizio la sua esperienza, essendo specializzata nelle azioni legali contro gli autori di abusi dei diritti fondiari, nella formazione dei leader delle comunità e nelle campagne di sensibilizzazione. Presente con i suoi uffici negli Stati Uniti, nel Perù e nel Sud-est asiatico, con la sua attività cerca di unire il potere della legge e quello delle persone in difesa dei diritti umani e dell’ambiente, definiti “diritti della terra”.
I padroni della terra, il VI rapporto Focsiv sul land grabbing
Il contesto
Negli anni Novanta e fino ai primi anni Duemila nelle due regioni colombiane di Urabá e Magdalene operavano i guerriglieri di sinistra delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) e dell’Esercito popolare di liberazione (Epl), che finanziavano la loro lotta armata per la giustizia sociale e la redistribuzione delle terre con i rapimenti, le estorsioni ed il traffico di droga. In generale, il conflitto tra il governo colombiano supportato dalle forze paramilitari e le Farc (sorte nel 1964), si è contraddistinto come una delle guerre civili più lunghe e sanguinose a livello mondiale, fino alla fragile tregua del 2016.
Tornando alle regioni di Urabá e Magdalene, i documenti contabili hanno rivelato che Ciquita aveva stretto patti con l’AUC per mettere al sicuro la produzione di banane ed evitare di pagare tangenti ai gruppi guerriglieri di sinistra, al fine di non incorrere in sequestri od altri rischi. Dal 1994 al 2004 i paramilitari delle AUC ricevettero 1,7 milioni di dollari dalla multinazionale; un anno dopo la tregua sancita nel 2006 (e lo scioglimento dell’AUC), la vicenda fu finalmente resa nota e Chiquita giunse al patteggiamento di una multa di 25 milioni di dollari con il dipartimento di Stato degli Stati Uniti, visto che l’AUC era stato inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche nel 2001.
Processo Eternit bis, la condanna a 12 anni di Stephan Schmidheiny
Un’inchiesta fu aperta anche dalla Fiscalía General della Nacion colombiana, che ricostruì i complessi rapporti tra Chiquita e i paramilitari, con la prima che si sarebbe garantita la sicurezza nelle piantagioni proprio grazie ai finanziamenti annuali versati all’AUC. Il procedimento è ancora in corso – ed a rischio prescrizione – e vede imputati i vertici della filiale colombiana della multinazionale, ormai non più attiva, per il reato di associazione a delinquere.
Chiquita continua a difendersi rinnegando le accuse e dichiarandosi vittima di estorsione, poiché costretta dall’AUC a versare tangenti. Una tesi che non collima con quanto emerso finora dalla documentazione giudiziaria. La multinazionale ha comunque dichiarato che farà appello alla sentenza emessa in Florida, avendo valutato come prive di base legale le affermazioni della giuria.
Le tappe
Il patteggiamento del 2006 dette fiato pure ai familiari delle vittime, sostenuti da varie Ong. Al di là delle esigenze di sicurezza o meno, in virtù dei finanziamenti ormai appurati i querelanti hanno accusato Chiquita di esser almeno parzialmente responsabile delle gravi violazioni dei diritti umani commesse dall’AUC, con i rapimenti, le torture, le sparizioni forzate e le uccisioni dei contadini considerati collaboratori delle Farc. “Fornendo oltre 1,7 milioni di dollari in finanziamenti illegali alle AUC dal 1997 al 2004, Chiquita ha contribuito a indicibili sofferenze e perdite nelle regioni colombiane di Urabá e Magdalena, compresi i brutali omicidi di civili innocenti”, afferma Earth Rights International.
Questo caso in questione, giudicato da un tribunale federale della Florida, ha avuto una lunga trafila. Nel 2007 la stessa Ong ha intentato un’azione legale collettiva federale per conto delle famiglie colombiane colpite: il caso, originariamente archiviato nel New Jersey, è stato successivamente coordinato con numerosi altri casi simili contro Chiquita a West Palm Beach, in Florida.
Erin Brockovich-Forte come la verità: impegno senza retorica
Nonostante le istanze di rigetto presentate dalla multinazionale, nel 2011 il tribunale distrettuale federale ha respinto la mozione di archiviazione della Chiquita, ritenendo giusto procedere per le accuse di esecuzioni extragiudiziali, tortura, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Un anno dopo i ricorrenti hanno citato in giudizio vari dirigenti Chiquita coinvolti nello schema di finanziamento illegale.
Dopo varie battute d’arresto, nel 2016 il giudice federale della Florida Kenneth Marra ha respinto la tesi di Chiquita per spostare il procedimento dagli Stati Uniti alla Colombia. Negli anni successivi sono sopraggiunte altre complicazioni che non hanno fermato però la volontà dei familiari delle vittime e di Earth Rights International di andare avanti. Tutto questo fino al verdetto emesso lo scorso 10 giugno. Il rispetto dei diritti umani non può arretrare a fronte delle esigenze di qualsiasi azienda, sia pure la multinazionale delle banane più famosa al mondo.
[Credits foto: eHabitat.it]
