L’Europa respira come effetto del lockdown per arginare l’epidemia di Covid-19: crolla l’inquinamento
Non tutti i mali vengono per nuocere. Come spesso accade, la vecchia saggezza popolare dimostra di avere ragione. Ed è questo il caso. Grazie alle restrizioni attuate in diverse città europee per frenare la pandemia di Coronavirus si sta, infatti, attestando un calo notevole dell’inquinamento.
Gli effetti del lockdown sull’inquinamento
Ad annunciarlo è stata l’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, puntualizzando che in alcune realtà urbane i livelli di biossido di azoto si sono dimezzati.
Il miglioramento della qualità dell’aria è particolarmente evidente in Italia, in Spagna e in Francia dove il lockdown è ormai in vigore da diverse settimane. A Parigi dal 13 aprile al 13 marzo, si è potuto attestare un calo del 54% dei livelli di biossido di azoto rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. A Milano, Roma e Madrid del 45% circa.
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La rilevazione dei dati proviene dal satellite Copernicus Sentinel-5P nell’ambito del programma Copernicus dell’Unione Europea, specifica l’ESA precisando che il biossido di azoto deriva dalle centrali elettriche, dai veicoli e da altre strutture industriali e può avere conseguenze significative sulla salute umana, accrescendo la probabilità di sviluppare problemi respiratori.
Il ruolo della variabilità meteorologica
Le concentrazioni di biossido di azoto nella nostra atmosfera variano ampiamente di giorno in giorno a causa delle fluttuazioni delle emissioni, nonché delle variazioni delle condizioni meteorologiche, si legge sul sito dell’Agenzia.
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Questa variabilità meteorologica rende difficile giungere a conclusioni solide sugli effetti del restrizioni basandosi esclusivamente su misurazioni giornaliere o settimanali delle concentrazioni di inquinamento atmosferico. Risulta quindi necessario un approccio più complesso al problema: «Esistono notevoli variazioni meteorologiche in ogni Paese da un giorno all’altro, che hanno un grande impatto sulla dispersione del biossido di azoto – spiega Henk Eskes del Royal Netherlands Meteorological Institute – Osservare dati medi su periodi di tempo più lunghi ci consente di vedere più chiaramente i cambiamenti nelle concentrazioni di NO2 dovuti all’attività umana. Per questo motivo, le mappe mostrano concentrazioni su un periodo mensile con un’incertezza del 15%, che riflette la variabilità meteorologica non rilevata nelle medie mensili utilizzate».
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I dati pervenuti evidenziano comunque con chiarezza l’impatto che i comportamenti umani possono determinare sull’aria che respiriamo. Ci auguriamo perciò che a partire da queste rilevazioni si possano realizzare politiche sempre più sostenibili, partendo dalla mobilità ma non solo. Gli aspetti da tenere in considerazione sono infatti numerosi e spaziano dall’influenza degli allevamenti intensivi fino all’uso dei combustibili fossili per la produzione energetica. È tempo di cambiare rotta con determinazione e senza voltarsi indietro. O adesso o mai più.
