Da diversi studi emergono prove di associazione tra decalcificazione ossea e inquinamento ambientale
Legate all’inquinamento atmosferico si hanno le conseguenze sanitarie più disparate ma dai dati scientifici più recenti emerge un risvolto imprevisto.
In occasione della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi, celebrata domenica 20 ottobre, è stato posto in rilievo il rapporto esistente tra le esposizioni ambientali e l’aumento delle fratture. Sono diversi gli studi internazionali che suggeriscono questa associazione.
Inquinamento: come incide sull’osteoporosi
“L’inquinamento atmosferico”, per l’esattezza il particolato con un diametro minore di 2.5 micron, “è stato recentemente associato a un incremento di tasso di ospedalizzazione per fratture femorali e di polso in 9 milioni di americani over 65 anni e in 6000 norvegesi”, ha dichiarato la professoressa Elena Colicino del Mount Sinai Hospital di New York e componente del Comitato Scientifico della Società Italiana di Medicina Ambientale.
“Una cattiva qualità dell’aria, con elevati livelli di PM2.5, PM10 e black carbon, è stata, inoltre, associata a una riduzione della densità ossea in uno studio condotto sia su uomini di mezza età, che su uomini tra 75 e 76 anni”, ha precisato l’esperta.
Alcuni fattori ambientali, tra cui il piombo, il mercurio, e il cadmio, hanno invece mostrato di contribuire alla demineralizzazione ossea e a un più alto rischio di osteoporosi. Ma non ci si limita a questo. Tra i dati scientifici iniziano a emergere anche nuovi tipi di esposizioni chimiche, tra cui i cosiddetti PFAS, sostanze perfluoroalchiliche o acidi perfluoroacrilici, principalmente presenti nel packaging alimentare, nel pentolame e tra gli inquinanti indoor.
Come specificato dalla professoressa Colicino, queste sostanze, agendo sul sistema endocrino, modulano gli ormoni e hanno un impatto sulla salute delle ossa. Ne conseguono una riduzione della loro densità e fenomeni di osteoporosi, principalmente nelle donne in menopausa.
Osteoporosi: i dati
Queste evidenze non possono che creare un clima di allarme a livello sanitario. Dalle analisi condotte emerge infatti che dopo i 70 anni di età le fratture di femore sono una causa di ospedalizzazione di gran lunga superiore all’infarto. Si stima inoltre che i costi per ricoveri, interventi e riabilitazione derivanti dall’osteoporosi ammontino a ben 18 miliardi di euro dal 2000 ad oggi.
Non si tratta quindi esclusivamente di età, ridotta attività fisica e fumo. La lotta all’osteoporosi si muove di pari passo con la battaglia per un ambiente più sano e pulito.
