The Great Green Wall – A Venezia si piantano alberi per salvare il pianeta

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The Great Green Wall – A Venezia si piantano alberi per salvare il pianeta ultima modifica: 2019-09-03T08:00:22+02:00 da Emanuel Trotto
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Dal 2004, alla Mostra del Cinema di Venezia, si affianca e vive un’altra manifestazione, altrettanto ricca e che, anche lei, è in grado di regalare numerose chicche. Si tratta delle Giornate degli Autori, quest’anno alla sedicesima edizione. La manifestazione è nata sulla scia de La Quinzane des Réalisateurs del Festival di Cannes per dare la possibilità di avere un cinema di qualità con un occhio di riguardo all’innovazione, la ricerca, l’originalità espressiva ed anche all’indipendenza autonoma ed espressiva. Le Giornate sono costituite da una Selezione Ufficiale e da una serie di eventi speciali che si tengono nella sede a Villa degli Autori.

Una serie di eventi è costituita dalle Notti Veneziane. A pochi metri dall’Hotel Excelsior e dal red carpet, non si respira il glamour ma la convivialità. Le Notti sono eventi che mescolano i vari mezzi espressivi e artistici. Primo fra tutti il cinema, ma anche il teatro e la musica.

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Tra gli appuntamenti di quest’anno vi è stata l’anteprima mondiale del film The Great Green Wall di Jared P. Scottautore di The Age of the Consequencesfilm di apertura del 20ma edizione del Festival CinemAmbienteThe Great Green Wall è frutto, fra gli altri, del lavoro del produttore esecutivo Fernando Meirelles (City of God, 2002) e della musicista maliana Inna Modja. Essa è la co-protagonista assoluta di questa storia. Il protagonista vero è il Sahel quella terra che non è deserto e non è foresta e divide il Sahara dal resto del continente africano. Una striscia di terra che può essere considerata la cartina di tornasole per comprendere gli effetti del cambiamento climatico. Non solo sul territorio, ma anche sulle persone. Il film è la storia di un viaggio dal Senegal all’Etiopia, passando per il Mali, il Ciad, la Nigeria e il Niger.

Inna è la protagonista di questo viaggio e porta avanti un progetto faraonico con spirito ambizioso, la creazione della Grande Muraglia Verde, la Great Green Wall, una (letteralmente) grande muraglia di alberi che si estenderà per 8.000 km. Essa si pone come un argine contro le incombenze del futuro. Come ci tiene a precisare Meirelles in un videomessaggio prima del film: «Si potrebbe invertire l’effetto serra in un modo estremamente economico nell’arco di cinquant’anni semplicemente  piantando un milione di miliardi di alberi».

Perché il cambiamento climatico e il conseguente riscaldamento globale, non porta solo allo scioglimento dei ghiacciai, ma anche alla desertificazione di aree prima rigogliose. E la popolazione che ci vive spesso combatte e soccombe. Se non muore per la sete o per le guerre civili, è costretta ad emigrare. L’ONU ha stabilito che la desertificazione minaccia due terzi delle terre coltivabili africane. Le persone vittime di questa calamità sono 500 milioni e vengono definite, la maggior parte di loro, migranti climatici.

Fra i tanti personaggi che incontra Inna nel suo viaggio, c’è chi ha tentato di andarsene, passando per la Libia ma che ha deciso di tornare indietro per aiutare la sua gente. Inna visita anche chi ha deciso di tentare comunque il viaggio dal Niger e che è sopravvissuto alla morte per mano dei trafficanti. Racconta anche la storia di chi non ce l’ha fatta ed è stato fucilato o di chi è morto di stenti, fatica o sete. La narrazione si ferma per un istante, Inna si allontana in lacrime.

Scorrono poi le immagini di quello che il deserto può fare. Sia oggi che ieri. La siccità in Senegal e in Etiopia (rispettivamente del 1973 e del 1984) che hanno decimato la popolazione. Immagini di cadaveri abbandonati e con la pelle incartapecorita, bambini denutriti. Ci sono le marce forzate, le facce tormentate dalle mosche. Inna visita scuole in cui sono state salvate ragazzine che l’organizzazione terroristica Boko Haram costringeva prima a matrimoni coatti e poi arruolate loro malgrado a diventare delle kamikaze. Il riscaldamento globale causa anche questo: guerra e violenza.

La cantautrice e modella maliana Inna Modja
La cantautrice e modella maliana Inna Modja

Queste storie rendono ancora più irremovibile Inna nel suo intento: promuovere la creazione della Muraglia ma anche creare lo spirito giusto nelle persone. Come? Con la musica, l’arte che, prima ancora del cinema e della scrittura, può unire tutti. Il suo progetto è quello di realizzare un album che crei il “sound” del Sahel. Perciò cerca la collaborazione con diversi artisti della scena musicale dei vari paesi che visita. Un album che possa relegare tutti i popoli. Al di sopra dei vari confini politici di un continente diviso e in conflitto come l’Africa. Un album i cui proventi vanno direttamente alla costruzione della Muraglia. Lei da sempre crede nella musica e l’ha sempre desiderata come vita. Ed è stata supportata dalla famiglia e dal padre a realizzare i suoi sogni e le sue sfide. Per lei far fronte al cambiamento climatico è una sfida per il domani. 

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La macchina da presa la segue sempre, cercando di stare al passo. Registra il minimo cambiamento sul suo volto. La sua chioma ricciuta si confonde con quella degli alberi. I colori dei suoi vestiti rispecchiano i suoi intenti.  Sono verdi come gli alberi, gialli come il sole e il deserto.

Sentiamo la sua voce, all’inizio del film, la scopriamo all’interno del suo studio di registrazione. Dopo di che mette la sua chitarra in una valigia ed esce di casa, sale su di un autobus. Abbandona la città e inizia la sua avventura. Una apertura metaforica. Altrettanto metaforica è la chiusura del film: lei avanza decisa dal deserto verso gli alberi. È inquadrata di spalle. Inna si ferma e l’inquadratura cambia. Inna è di profilo, a destra dell’inquadratura, nel deserto. Resta ferma qualche secondo, poi avanza verso sinistra. Verso gli alberi e verso il futuro.

Ci sarebbe dovuta essere anche lei alla fine della proiezione, sabato 31 agosto a Venezia, ma purtroppo non è stato possibile. Sta portando avanti un’altra missione importante. Sta portando in grembo un tassello del futuro.

The Great Green Wall – A Venezia si piantano alberi per salvare il pianeta ultima modifica: 2019-09-03T08:00:22+02:00 da Emanuel Trotto

Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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