L’Italia è il terzo maggiore importatore europeo di beni che causano deforestazione, come legno, olio di palma e carne bovina. L’implementazione del regolamento europeo Deforestazione Zero è rimandata a fine 2025, ma i consumatori possono già agire scegliendo prodotti certificati.
Tra i primati poco desiderabili, l’Italia possiede quello di collocarsi tra i principali importatori europei di beni che causano deforestazione. Secondo il rapporto Bioeconomia delle Foreste 2024 di Legambiente, il nostro paese importa circa l’80% del fabbisogno nazionale di materie prime legnose, ricorrendo solo al 20% del legno proveniente da prelievo nazionale. Un fenomeno che, secondo gli esperti, non solo compromette la lotta contro la deforestazione globale e il traffico illegale di legname, ma indebolisce anche il settore forestale italiano, contrastandone sul campo un possibile sviluppo sostenibile.
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Le implicazioni della deforestazione
Come sottolinea lo studio, l’Unione Europea è responsabile del 10% della deforestazione globale derivante dalle importazioni di legname e derivati. L’Italia, in particolare, occupa il terzo posto tra i maggiori importatori di beni che causano deforestazione, dopo Regno Unito e Germania. Le importazioni italiane contribuiscono dunque al degrado ecologico delle foreste, specialmente quando il legname proviene da fonti non gestite in maniera sostenibile.
La deforestazione è principalmente causata dall’espansione agricola, responsabile del 90% della perdita delle foreste tropicali. Questo fenomeno ha un impatto diretto sulla biodiversità e sul cambiamento climatico, con gravi conseguenze sulla produzione di materie prime come, ad esempio, il caffè. Inoltre, il mercato internazionale dei beni agricoli ne risente, con un inevitabile aumento dei prezzi che colpisce tanto i produttori quanto i consumatori.
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Beni che causano deforestazione, quali sono
Un report di Aid Environment evidenzia le sette principali commodity a rischio di deforestazione più gettonate in Italia: legno, olio di palma, soia, carne bovina, cacao, gomma e caffè. Questi beni rappresentano un mercato globale di circa 36,6 miliardi di euro, coinvolgendo circa 175.000 imprese, molte delle quali piccole e artigiane. La maggior parte di queste importazioni proviene da Paesi ad alto rischio di deforestazione, aggravando ulteriormente la perdita di habitat vitali per la biodiversità.
Ad esempio, l’Italia importa il 100% del caffè non torrefatto, principalmente da Brasile e Vietnam. Inoltre, è il principale importatore europeo di olio di palma, proveniente soprattutto da Paesi come Indonesia e Malesia, noti per il loro alto rischio di deforestazione.
La situazione è simile per la carne bovina. Più della metà dei prodotti derivanti dagli allevamenti bovini importati nell’Unione Europea arriva infatti in Italia, con un forte impatto sulle foreste tropicali.
Una legge europea contro la deforestazione
Per contrastare questo fenomeno, l’Unione Europea ha approvato nel 2023 il regolamento Deforestazione Zero (EUDR), che mira a creare catene del valore senza deforestazione.
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Tuttavia, l’applicazione della legge è stata posticipata al 30 dicembre 2025, lasciando alle istituzioni e alle imprese ulteriori mesi per adeguarsi a nuove normative che promuovano pratiche più sostenibili.
Il Wwf Italia, insieme ad altre organizzazioni, ha sostenuto la necessità di questo regolamento e si batte per evitare ulteriori ritardi nella sua implementazione. “Ora servono azioni concrete. La Commissione deve fornire agli Stati e alle aziende strumenti adeguati, mentre i governi, Italia inclusa, devono garantire risorse, supporto tecnico e sanzioni efficaci per un’efficace implementazione del Regolamento”, ha affermato Edoardo Nevola, responsabile ufficio foreste di Wwf Italia.
Quali possibili soluzioni?
“Senza un riconoscimento nei trattati e una attenzione diretta della Commissione, con l’attuale modello continueranno a mancare gli appigli burocratici e legislativi per garantire le risorse finanziarie necessarie affinché il settore forestale da prevalentemente produttivo venga considerato nel suo ruolo multifunzionale. Serve dunque più Europa per le foreste” scrive il Presidente di Legambiente Stefano Ciafani nel report Bioeconomia delle foreste 2024. “[…] In questo quadro complesso, l’Italia deve continuare a puntare sul ruolo multifunzionale delle foreste (tutela della biodiversità, servizi ecosistemici, utilizzo produttivo, fruizione turistica, etc…) e sulla bioeconomia circolare per valorizzare il riuso dei materiali e la sostituzione di quelli tradizionali e più inquinanti con materiale legnoso. E serve il Made in Italy anche nel settore forestale per garantire qualità nell’approvvigionamento delle filiere forestali”.
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Consumatori in azione, cosa si può fare
Nonostante il ritardo nell’applicazione delle leggi, i consumatori italiani possono già fare la differenza con azioni concrete, sottolineano le associazioni ambientaliste.
La scelta di prodotti provenienti da agricoltura sostenibile e certificata, come il legno FSC (Forest Stewardship Council) o l’olio di palma certificato RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil), è un passo importante, alla portata di tutti.
Inoltre, ridurre il consumo di carne bovina– una delle principali cause di deforestazione- può avere un impatto positivo sugli ecosistemi forestali.
Scelte alimentari più responsabili, come una dieta prevalentemente a base vegetale, sono un altro strumento prezioso per contribuire alla salvaguardia delle foreste. Quest’ultimo punto in particolare, sottintendendo un cambio di mentalità e di abitudini, può concorrere a un cambiamento duraturo in molti settori della sostenibilità.
L’importanza della protezione delle foreste
Le foreste sono ecosistemi fondamentali per la salute del pianeta. Assorbono ogni anno quasi un terzo delle emissioni di CO2 derivanti dai combustibili fossili, forniscono risorse vitali a oltre 5 miliardi di persone e ospitano circa l’80% della biodiversità terrestre.
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Ne consegue che la protezione delle foreste è fondamentale anche per garantire la sicurezza alimentare e la resilienza agricola.
Le azioni concrete, tanto a livello istituzionale quanto individuale, sono quindi necessarie per arginare il fenomeno e tutelare, così, gli ecosistemi forestali.
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