Foreste e desertificazione

Foreste e desertificazione, come gli alberi possono contrastare la crisi climatica

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Foreste e desertificazione, come gli alberi possono contrastare la crisi climatica ultima modifica: 2024-01-31T06:42:16+01:00 da Davide Mazzocco
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Le foreste possono essere una delle soluzioni per arginare i processi di desertificazione in atto in Italia. Lo spiega lo scienziato Giorgio Vacchiano

I cambiamenti climatici stanno sottoponendo le foreste a condizioni senza precedenti, dalle ondate di calore ai lunghi periodi di siccità, dalle fitopatologie dovute a specie invasive alle conseguenze di tempeste distruttive come Vaia. Allo stesso tempo, le foreste possono essere una delle soluzioni per contrastare gli effetti del riscaldamento globale. Abbiamo intervistato lo scienziato Giorgio Vacchiano, ricercatore in gestione e pianificazione forestale dell’Università di Milano, per capire quale può essere il ruolo dei nostri boschi per arginare i processi di desertificazione in atto su tutto il territorio italiano.

Dal punto di vista di chi si occupa di foreste come viene vissuto il processo di desertificazione di alcune zone d’Italia? Quali sono le zone italiane nelle quali i boschi sono maggiormente sotto stress?

“La desertificazione si riferisce alla perdita progressiva di fertilità del suolo e alla riduzione della copertura vegetale, che può portare alla trasformazione di aree precedentemente forestali in ambienti desertici o semidesertici. In Italia, le zone boschive maggiormente sotto stress e soggette al processo di desertificazione sono principalmente quelle caratterizzate da clima mediterraneo, con estati calde e secche. Queste includono principalmente le regioni del Sud Italia, come la Sicilia, la Sardegna, la Puglia, la Basilicata e la Campania. Ma anche altre zone dell’Italia centrale e settentrionale, comprese alcune aree alpine, possono essere soggette a un degrado che prelude a una certa desertificazione del territorio, ad esempio per il verificarsi di incendi boschivi dal comportamento e la severità più gravi rispetto a quelle “naturali” e di successive siccità che ritardano o impediscono il processo di ricolonizzazione forestale, facilitando l’erosione e il degrado del suolo. 

I cambiamenti climatici, compresi gli aumenti delle temperature e la diminuzione delle precipitazioni, contribuiscono alla desertificazione in queste zone. Le pratiche di gestione forestale inadeguate o non pianificate possono anche esacerbare il problema. La perdita di suolo fertile, di capacità di infiltrazione dell’acqua, e la diminuzione della biodiversità sono i processi preliminari della prima fase della desertificazione, con effetti negativi sulla capacità delle foreste di fornire habitat per la fauna selvatica, proteggere i corsi d’acqua e mitigare i cambiamenti climatici”.

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Quali sono le prospettive per i boschi del Sud e del Centro Italia? Quali scenari è possibile prevedere per il futuro grazie ai modelli matematici in merito alla copertura boschiva in Italia?

“Le prospettive per i boschi del Sud e del Centro Italia dipendono da vari fattori, tra cui i cambiamenti climatici, la gestione forestale e le politiche di conservazione e ripristino forestale. Basandoci sulle tendenze attuali e sulle conoscenze disponibili, possiamo essere relativamente certi che i cambiamenti climatici continueranno a influenzare in modo crescente la distribuzione e la salute dei boschi. Si prevede che le temperature medie aumentino fino a tre gradi in più nel periodo estivo e che le precipitazioni possano diminuire del 10 o 15% in estate. Ciò potrebbe comportare una maggiore stress idrico per le foreste e la necessità di adattarsi alle nuove condizioni climatiche, o subire come conseguenza un rallentamento della crescita e una perdita di vitalità.

L’area percorsa dal fuoco potrebbe aumentare dal 20 al 40% a metà del secolo in corso, e l’assorbimento di carbonio ridursi del 10-20% a causa degli stress climatici. Al tempo stesso, la distribuzione geografica di alcune specie inizierà a rispondere ai mutamenti del clima, a cominciare dalla regressione verso nord e verso l’alto delle specie più sensibili (faggio, abete rosso, abete bianco) e dall’espansione di quelle più adattate come le querce mediterranee”.

Lo scienziato Giorgio Vacchiano durante le riprese de “Il seme del futuro”

Quali sono, invece, le zone destinate a desertificarsi nei prossimi decenni?

“Per quanto riguarda le zone destinate a desertificarsi nei prossimi decenni, è difficile fare previsioni precise. Tuttavia, alcune regioni dell’Italia meridionale, come la Sicilia, e la Puglia, che già affrontano condizioni climatiche aride e siccità estive, e hanno una copertura forestale molto bassa, potrebbero essere maggiormente a rischio. Anche le parti più a bassa quota di Calabria, Campania, Basilicata e altre in Sardegna e Toscana  potrebbero essere soggette a un aumento del degrado forestale e territoriale, così come le poche foreste costiere rimaste in tutta la penisola e i rimboschimenti artificiali di conifere mediterranee. Infine, anche sulle Alpi i boschi esposti a sud nelle vallate interne calde e secche rischiano di sperimentare crescenti difficoltà di crescita e di rigenerazione, come nel caso delle pinete di pino silvestre”.

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Quale può essere il contributo delle scienze forestali nel contrastare i fenomeni di desertificazione?

“È importante adottare un approccio integrato che combini diverse strategie, come il ripristino delle foreste degradate, la prevenzione selvicolturale degli incendi, la migrazione assistita di specie, e interventi di gestione forestale “climaticamente intelligente” per aumentare la resistenza e resilienza delle foreste alla siccità. Questi interventi sono possibili ed efficaci ma chiedono nuove conoscenze scientifiche, perché a causa della rapidità della crisi climatica non è più possibile basarsi solo sulle dinamiche osservate nel passato. Naturalmente, le scienze forestali contribuiscono alla comprensione degli ecosistemi forestali, inclusi i processi ecologici, la biodiversità, la fisiologia degli alberi e la loro capacità di adattamento alle condizioni ambientali. Questa conoscenza è fondamentale per sviluppare strategie di gestione forestale sostenibile che preservino la funzionalità degli ecosistemi e ne promuovano la resilienza alla desertificazione.

 Inoltre, le scienze forestali forniscono gli strumenti per monitorare lo stato delle foreste, lo stato di stress degli alberi, l’erosione del suolo e gli incendi boschivi. Il monitoraggio precoce, anche con strumenti remoti come le immagini satellitari, consente di identificare le zone a rischio di desertificazione e valutare l’efficacia delle misure di contrasto adottate. Grazie agli strumenti di monitoraggio e ai modelli informatizzati di simulazione, con cui possiamo prevedere gli impatti futuri della crisi climatica sulla distribuzione e sulla salute degli alberi, è possibile pianificare meglio le foreste, identificare le specie più adatte a un determinato ambiente, anticipare le conseguenze degli interventi selvicolturali e mitigare i rischi di desertificazione.

[Foto Pixabay e Il seme del futuro]

Foreste e desertificazione, come gli alberi possono contrastare la crisi climatica ultima modifica: 2024-01-31T06:42:16+01:00 da Davide Mazzocco
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Giornalista e saggista, ha scritto di ecologia, ambiente e mobilità sostenibile per numerose testate fra cui Gazzetta, La Stampa Tuttogreen, Ecoblog, La Nuova Ecologia, Terra, Narcomafie, Slow News, Slow Food, Ciclismo, Alp ed ExtraTorino. Ha pubblicato numerosi saggi fra cui “Giornalismo online”, “Propaganda Pop”, "Cronofagia" e "Geomanzia".

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