Le otto montagne – Sulle vette per riconnettersi col mondo

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Le otto montagne – Sulle vette per riconnettersi col mondo ultima modifica: 2023-01-15T07:53:23+01:00 da Emanuel Trotto
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Una ricerca di se stessi e un inno alla libertà gridato. Questo è Le otto montagne, film premiato al 75° Festival di Cannes e tratto dall’omonimo romanzo di Paolo Cognetti.

Ci sono quei film, fra i tanti che si vedono, che lasciano un segno indelebile in chi li guarda. C’è sempre quello che ti sta parlando. Ti comunica in maniera estremamente profonda, un senso di bellezza e di malinconia che ti porti dietro anche quando lasci la sala, accompagnandoti nel percorso che ti porta a casa. Fino ad essere l’ultimo pensiero mentre ci si corica prima e al risveglio poi. Proprio allora cerchi di riordinare e trascrivere mentalmente quelle sensazioni, disperatamente.Il film, in questo caso, è Le otto montagne di Felix Van Groening e Charlotte Vandermeersch, tratto dall’omonimo romanzo Premio Strega 2017 di Paolo Cognetti, e vincitore del Gran Premio della Giuria al 75° Festival di Cannes, aex equo con Eo di Jerzy Skolimovski, uscito in sala dal 22 dicembre 2022.

Le otto montagne sono gli angoli del mondo, secondo una leggenda nepalese: al centro del mondo c’è un monte altissimo, Sumeru. Scalare quelle otto montagne rende più saggi o lo è chi rimane su Sumeru? Questa è la domanda che sta al centro del romanzo di Cognetti ed è la medesima che si insinua nel corso della visione del film.

Le otto montagne | Il poster
Le otto montagne | Il poster

Si tratta di una storia che parla a chi è cresciuto in una città alle pendici delle montagne ma che la vita ha portato, per necessità, lontano. Ma non solamente per loro è rivolto. È la storia di Pietro (Luca Marinelli), figlio di un dirigente di una grande fabbrica di Torino che, per l’estate, si reca a Graines, un piccolo paese della Valle d’Aosta sperduto fra le valli. Un luogo con poco più di quattordici anime. Si tratta di quei posti che ti possono riconnettere. Soprattutto se sei cresciuto in un mondo agli antipodi. Per Pietro questa connessione avviene grazie all’amicizia con un suo coetaneo, Bruno, una di quelle quattordici anime. Egli è cresciuto con i suoi zii, in quanto il padre ha abbandonato quei luoghi per la Svizzera e con una madre che c’era e non c’è più.

Col tempo il loro rapporto si sviluppa in una serie di giochi infantili che fanno esplorare a Pietro quei luoghi. Tutti posti in cui ogni cosa, se indicata, ha il proprio nome e la propria funzione. Ciò permette di conoscerli e di viverli: dai laghi, alle cascine abbandonate, ai pini e alle cime. Quelle stesse cime che il padre di Pietro, Giovanni (Filippo Timi), esplora e sfida per pochi giorni l’anno in cui si concede una pausa dal lavoro.

I due protagonisti di Le otto montagne: Bruno (Alessandro Borghi, a sinistra) e Pietro (Luca Marinelli).

Apparentemente una sfida per se stesso: con determinazione calca diversi sentieri che poi riporta con il pennarello sulla cartina. Un cammino iniziatico per un figlio biologico che non sa ancora vivere, trovando in Bruno un figlio ideale che è stato vicino a lui e alla moglie quando, per Pietro, le estati in montagna sono finite. Con esse finisce la spensieratezza dell’infanzia, e si passa alla durezza del divenire adolescente prima e giovane adulto poi in città. Con i suoi ritmi e i suoi pericoli, le incertezze di questa vita.

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Una città dalla quale è possibile vedere quelle cime che si fanno largo tra i tetti e le nubi di smog. Giovanni le intravede da lontano, al lavoro, in una pausa sigaretta interrotta dai colpi di tosse. Bisogna ritornare alla realtà e al lavoro. Quelle montagne Pietro, invece, le vede solo attraverso vetri di finestre o di finestrini. Una visione esterna che non gli permettono di comprendere per davvero: né se stesso, neppure quel padre riservato per il quale quelle escursioni erano il solo modo di sentirsi se stesso e in pace con il mondo.

Le otto montagne film
Una scena tratta dal film Le otto montagne

Giovanni, agli occhi del figlio, diviene una figura scissa: da una parte l’uomo severo e ligio, dall’altra un uomo solitario ma che aveva il bisogno disperato di trasmettere qualcosa a suo figlio. Lassù, nel silenzio vero, in una Natura chiamata così solo da chi non la conosce davvero, che idealizza.

Lassù in una baita diroccata nel cuore dell’inverno c’è qualcosa da ricostruire. Un lavoro che Pietro fa grazie a Bruno, dopo che si sono ritrovati da adulti, dopo quindici anni di letargo. Un’amicizia rimessa assieme pezzo dopo pezzo come le pietre, le travi e le tegole. I due amici si ritrovano anche se, in realtà, non si erano mai persi davvero perché non sono mai diventati adulti davvero.

Paolo Cognetti scrittore de Le otto montagne
Paolo Cognetti, lo scrittore Premio Strega dal cui romanzo omonimo, è stato tratto il film.

Pietro ha le idee confuse, è alla ricerca della parola giusta; e Bruno, imparando a leggere, ha saputo dare un nome ai suoi pensieri. Per rafforzare i suoi solidissimi propositi. Vivere la montagna come si faceva una volta, soli con qualche vacca per fare formaggi. Vivere semplicemente di quello senza niente altro del mondo fuori. Non c’è nulla per lui al di fuori della montagna e il mondo non ha nulla da offrirgli. Montagna e montanaro per lui sono una cosa sola, una unica simbiosi che non conosce stagioni.

Il Montanaro resiste anche quando il freddo pungente e l’alta neve di novembre fa fuggire gli idealizzatori. Esattamente come Gabriele “Rambo” Vuillermin, collaboratore durante le riprese del film, che ha ispirato Cognetti nel delineare il personaggio di Bruno. Egli era tutt’uno con la montagna e l’alpeggio, con la Natura selvatica tanto da essere, per lo scrittore milanese, Il ragazzo selvaggio del suo omonimo romanzo. Scomparso il 17 agosto 2021 , a Rambi e a quello che rappresentava è dedicato il film.

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Cosa rappresentava? Un anelito di libertà. Lo stesso sentimento che anima pian piano Pietro. E, in maniera indiretta, anche noi. Abbiamo bisogno di scalare quelle otto montagne, visitare quegli otto mari. Oppure restare su quella cima al centro di un mondo che è quello fisico in cui viviamo, ma è anche il mondo dentro di noi. Esplorare, fermarsi e capire è il regalo più grande che possiamo farci. Ed è quello di cui abbiamo un immenso bisogno. La vita è indefinita, piena di domande e poche certezze.

Le otto montagne – Sulle vette per riconnettersi col mondo ultima modifica: 2023-01-15T07:53:23+01:00 da Emanuel Trotto

Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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