My ALPS – Un viaggio multimediale lungo le Alpi Piemontesi, per ricominciare

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My ALPS – Un viaggio multimediale lungo le Alpi Piemontesi, per ricominciare ultima modifica: 2020-06-28T08:00:53+02:00 da Emanuel Trotto
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My ALPS il progetto di Giulio Pedretti che ci porterà alla scoperta delle Alpi Piemontesi, attraverso un racconto fatto sui social

My ALPS partirà a breve. La situazione attuale ha permesso di fermarci. Fermarci a riflettere. Sul mondo, su noi stessi, sulle nostre priorità. Sulla necessità anche di essere migliori. Cercare il meglio di noi stessi per poter ricostruire quello che siamo. Avere dei nuovi spunti quando la pagina è bianca e non si sa come riempirla. Basta chiudere gli occhi e lasciarsi andare.

E poi, muoversi. In un certo senso può anche essere stata, la situazione attuale, come un modo per focalizzarci sulla nostra sedentarietà. E nei limiti del possibile, porvi rimedio. Perché spostarsi e viaggiare è un perdersi per ritrovarsi. Un atto fisico che porta ad un importante movimento interiore. Un modo per ottenerlo? Ad esempio facendo una passeggiata in montagna. Le montagne da tempi immemori sono state un punto di riferimento per l’uomo. L’uomo ha guardato la loro inaccessibilità come un segno tangibile che, per ottenere delle risposte, bisogna impegnarsi.

Camminare fa bene sempre ma è passeggiare nella natura a dare il beneficio più grande

Anche per questo scopo è nato un progetto come My ALPS. Si tratta di una iniziativa di Giulio Pedretti, detto Pedro, videomaker e collaboratore presso vari festival cinematografici. Il progetto è stato sviluppato in collaborazione con la BTREES – New Media Agency. Si tratta di una agenzia di comunicazione specializzata in Social Media e con sede in Piemonte fra Torino, Biella e Novara.

Sarà un viaggio che segue la Grande Traversata Alpina, l’itinerario escursionistico che unisce tutto il tratto alpino piemontese dall’Alta Valle del Tanaro a Viozene, al confine con la Liguria. Il viaggio incomincerà a luglio e si concluderà nel 2021. Sarà costituito di tre tappe: la prima a luglio 2020, partendo dal Passo di Gries, a Nord; la seconda fra ottobre e novembre che si concluderà al Parco del Monviso. La terza nella primavera 2021, arriverà  fino al mare. Lo scopo del viaggio, per Pedro, è quello di far scoprire, tramite i social network, la montagna, ma non solo. Gli abbiamo fatto qualche domanda al riguardo.

Giulio Pedretti, regista e operatore di ripresa, ma soprattutto grande amante della montagna. Amore dal quale è nato MY ALPS.
Giulio Pedretti, regista e operatore di ripresa, ma soprattutto grande amante della montagna. Amore dal quale è nato My ALpS .

Prima di parlare di My ALPS volevo conoscere il tuo background e in particolare di come ti sei avvicinato al cinema e all’attività di documentarista?

Mi sono laureato al DAMS con una tesi sul documentario. Grazie alle esperienze professionali con Documé, Documentary in Europe, Festival CinemAmbiente, Superottimisti e progetti personali in Valsesia e in giro per il mondo mi sono sempre più appassionato ad uno sguardo cinematografico sul reale più che alla costruzione di storie di fiction. Detto questo non credo si essere un documentarista. Lavoro nel mondo dell’audiovisivo cercando di preservare le mie passioni, tra cui realizzare reportage e documentari.

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L’obbiettivo del cinema documentario, sarebbe quello di essere un documento, la testimonianza di una realtà. Ritieni che la moda delle direct Instagram abbia un po’ snaturato questo concetto?

Il cinema, come i social, sono un mezzo, un linguaggio, un tramite. Ma non credo si possa parlare di realtà, che è solo quella che viviamo. E ognuno ha e vede la propria. Per questo credo ci sia una grande differenza tra documento e documentario. Il secondo infatti prevede un’interpretazione personale e un pubblico, il primo no. I social sono un nuovo strumento di comunicazione, ma hanno anche esasperato il concetto ‘il medium è il messaggio’. A mio parere dovrebbero rimanere uno strumento. E questo dipende da ognuno di noi, dal rispetto che ha verso le storie che racconta e gli spettatori che le rivivranno.

Il valore che è stato dato all’attività documentaristica, negli ultimi mesi, è stato fondamentale. Quale sarà il futuro di un cinema di questo tipo nei prossimi anni?

La realtà crea storie incredibili ogni giorno, anche sotto casa. Finché ci saranno persone che vogliono raccontarle e altre che vogliono riviverle ci sarà sempre un futuro. L’importante è non credere che quel che si racconta sia la verità, ma soltanto una verità. Dal documentario alla propaganda il passo è breve. E in un mondo dove tutti sanno tutto e possono dirlo a tutti, le verità e le fake news diventano la stessa cosa. Diventano un post che dimentichi dopo qualche minuto. Camminare per più di due mesi in montagna vuole anche essere una risposta alla velocità di quel che viviamo ogni giorno.

Arriviamo a My ALPS. Come ha preso vita questo progetto? Che ruolo ha avuto BTREES nella sua creazione?

Quest’anno compio 40 anni e volevo festeggiare con un’avventura a piedi. Inizialmente volevo percorrere tutto il GTA senza pause. Poi è arrivata la pandemia per cui due mesi e mezzo persi e senza entrate, molto banalmente. Rimango sempre un freelance, anche se montagnino. E quindi ho rimodulato l’avventura e il racconto, dividendolo in tre stagioni, anche grazie all’aiuto di BTREES. Con l’agenzia ho iniziato a collaborare circa un anno fa e da subito c’è stata grande sintonia. Avevo soprattutto bisogno di un supporto strategico per impostare il racconto sui social network. Ma MY A.L.P.S. è un progetto che volevo sviluppare con persone con cui non c’è solo rispetto professionale, ma una comunanza di valori e amore per il proprio territorio. E BTREES è la realtà perfetta!

Un giovane Giulio Pedretti in montagna. Per lui è intimamente legata alla sua esistenza, da sempre.
Un giovane Giulio Pedretti in montagna. Per lui è intimamente legata alla sua esistenza, da sempre.

My ALPS è molto autobiografico. Hai dichiarato: «La prima volta che sono andato in montagna non avevo neppure un anno, portato sulle spalle da mio papà a fare sci e alpinismo». L’amore per la montagna è stato un colpo di fulmine o è stato un processo graduale?

Diciamo che la montagna è parte di me, come per chi nasce al mare. Al massimo cerchi di liberartene con il tempo, ma non puoi cancellarlo! Non ho mai abbandonato questa passione e anzi negli ultimi anni il richiamo di passeggiate e tour sempre più lunghi è diventata quasi una necessità. La montagna si intreccia con le storie della mia famiglia, della mia infanzia, con i primi amori, le prime uscite con gli amici, le paure e le soddisfazioni più grandi. E come la maggior parte delle persone che amano la montagna, mi piace molto di più la salita rispetto alla discesa.

Quanto questo progetto è stato influenzato dall’attuale crisi sanitaria?

Il progetto nasce prima dell’emergenza COVID-19. A causa della pandemia stava per tramontare (anche solo per problemi di allenamento). Ma appena si è potuto uscire di casa, la prima cosa che ho fatto è stata una passeggiata di 1200m di dislivello, da solo, in una giornata piovosa e con la nebbia. Ero talmente felice che ci ho messo un’ora e mezza e in cima ridevo come un bambino. Lì ho capito che avrei potuto riprendere il discorso, anche solo per non impazzire del tutto. Detto questo non mi interessano le gare e neppure rischiare la vita per un selfie. Obiettivo di questa avventura è stare bene e cercare di trasmettere questa bellezza e serenità. Cose che solo le montagne possono dare. A me, ma anche agli altri. Tutti ne abbiamo bisogno adesso!

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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