Il convegno organizzato dall’Ispra La mobilità sostenibile nelle aree urbane: la situazione attuale e le prospettive future rileva il problema dell’inquinamento atmosferico e acustico nelle città italiane
Il parco auto nazionale nel nostro Paese è in continua crescita, con conseguenze negative in termini di incidenti e inquinamento (atmosferico e acustico), oltre che per la vivibilità urbana. Sono questi i risultati principali che emergono dal convegno organizzato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra): “La mobilità sostenibile nelle aree urbane: la situazione attuale e le prospettive future” che ha fatto il punto sulla mobilità sostenibile in città.
L’aumento delle auto private in Italia e in Europa
Stando ai dati forniti dall’Aci, il numero di autovetture in Italia a fine 2021 ha toccato la cifra record di quasi 40 milioni. Un numero incredibile se pensiamo ai poco più di 59 milioni di abitanti del Bel Paese, che dimostra quanto l’automobile sia considerata indispensabile non solo per i tradizionali spostamenti casa-scuola, casa-lavoro, ma anche per altri tragitti a breve distanza.
Nonostante le tante alternative disponibili, il clima mite di molte Regioni e i tratti pianeggianti presenti in diverse città, l’auto resta la prima scelta degli italiani. Una comodità a cui non si vuol rinunciare (o forse più propriamente un vizio), che nasconde un deficit culturale e resiste anche al netto dell’aumento del prezzo dei combustibili fossili e di ogni evidenza. Sì perché più automobili significano aumento dello smog, aria spesso irrespirabile, rumori assordanti, ingorghi stradali e più in generale città sempre meno vivibili e non a misura d’uomo.
C’è poco da rallegrarsi se spostiamo l’attenzione dal nostro Paese anche al resto dell’Europa, dove tutti i 27 Stati hanno registrato un aumento del numero di auto, ad eccezione della sola Bulgaria. A fine 2020 le autovetture circolanti nell’Unione hanno raggiunto quota 250 milioni.
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Le conseguenze negative dell’uso delle automobili in città
Secondo i dati forniti dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), nel 2019 vi sono state 307mila morti premature per l’esposizione al particolato PM2.5, 40.400 per quella cronica al biossido di azoto e 16.800 per quella all’ozono. Dati che devono invitare a riflettere e che sono stati ampiamente dibattuti nel corso del convegno organizzato dall’Ispra, teso anche a valorizzare tutti gli aspetti della mobilità sostenibile affrontati dai più importanti portatori d’interessi.
“L’uso intensivo dell’autotrasporto per gli spostamenti genera inevitabilmente delle conseguenze negative, come l’aumento delle emissioni di gas inquinanti e climalteranti e di polveri sottili. La frazione della popolazione europea esposta a livelli di inquinati superiori ai limiti vigenti è del 34%, per l’ozono (O3) e del 4% per il biossido di azoto (NO2). Se però andiamo a considerare i limiti imposti dall’OMS, notoriamente più stringenti di quelli europei, le medesime percentuali schizzano al 94% per l’esposizione a NO2 e al 99% per l’O3“, scrive l’Ispra.
Per l’Italia c’è poco da stare allegri, visto che il nostro Paese ha la percentuale più alta in Europa di morti per inquinamento atmosferico (17%). Naturalmente si cerca pure di correre ai ripari. Nel recente trilogo tra Eurocamera, Consiglio Ue e Commissione europea si è stabilito che, dal 2035, non potranno più esser vendute auto a combustione interna (benzina o diesel), mentre entro il 2030 i costruttori saranno chiamati a ridurre, rispettivamente del 55 e del 50%, le emissioni prodotte dalle nuove automobili immesse sul mercato e quelle dei veicoli commerciali. Un’intesa politica molto importante, che dovrà ora esser approvata formalmente dall’Eurocamera e dal Consiglio Ue.
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Più in generale, sempre a livello europeo, si attende una stretta sugli inquinanti dell’acqua e dell’aria con il pacchetto “Pollution 0” della Commissione europea, che comprende le direttive sugli standard di qualità dell’aria e su fogne e depuratori. I tetti alle emissioni tenderanno ad avvicinarsi ai parametri ben più stringenti imposti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Buone nuove, se pensiamo che l’Italia ha ben tre procedure d’infrazione aperte in sede europea per la violazione dei limiti di PM10, PM2.5 e NO2.
L’intenso traffico veicolare cittadino continua inoltre ad avere pesanti conseguenze nell’ambito degli incidenti stradali e del numero di vittime ad essi connesso. Fortunatamente in Europa si registra una certa stazionarietà in quest’ultimo paramentro dal 2013 ad oggi, un dato che comunque non deve far abbassare la guardia, anche perché le cifre del 2020 (in Italia si ebbero 2.395 morti con un calo del 24,5% rispetto all’anno precedente), fortemente condizionate dal lockdown imposto dal Covid 19, sono tornate subito a rialzarsi nel 2021 (2.875 vittime e 151.875 incidenti, rispettivamente + 20 e + 28,4% rispetto al 2020).
Altro problema forse sottovalutato, ma non di secondaria importanza se facciamo riferimento agli effetti indesiderati dell’eccesso di auto in città, è l’inquinamento acustico. Secondo i dati dell’Eea, a causa del traffico stradale oltre il 20% della popolazione europea è esposto ogni giorno a livelli di rumore superiori ai 55 decibel, un valore che corrisponde alla soglia di segnalazione stabilita dalla direttiva sul rumore ambientale dell’Ue. D’altronde, l’inquinamento acustico rappresenta uno dei più gravi problemi ambientali con alto impatto sugli abitanti delle città. Da tempo le ricerche specialistiche hanno evidenziato che molti problemi di salute, quali malattie cardiovascolari, ipertensione, infarti, ictus e disturbi del sonno, sono ben più diffusi tra la popolazione che vive in centri urbani con strade particolarmente congestionate e rumorose, tra rombi di motori, segnalazioni acustiche, scarichi di gas combusti e stridìo di pneumatici.
Il Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa scuola casa lavoro
Per ovviare a questa serie di problematiche e incentivare il passaggio a forme più sostenibili di mobilità, l’ex ministero dell’Ambiente bandì il “Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa scuola casa lavoro”, che ha permesso il cofinanziamento di 82 progetti di mobilità sostenibile proposti da Comuni o insieme di Comuni con più di 100.000 abitanti. Le opere cofinanziate hanno riguardato i buoni mobilità per i trasporti, le infrastrutture per la mobilità dolce, gli incentivi per l’acquisto di biciclette, i progetti di sharing mobility e altro ancora.
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Al primo posto della graduatoria del bando si è classificato il progetto piemontese che vede come capofila la Città metropolitana di Torino in partenariato con 16 Comuni, coinvolgendo un ampio territorio che dal capoluogo stesso investe la cintura torinese da sud-est a sud-ovest. Un’area caratterizzata da una forte mobilità da e verso Torino e le principali zone industriali e commerciali, che prosegue lungo la fascia collinare, più povera di servizi, per poi raggiungere il chierese e il carmagnolese fino alla bassa Val di Susa, completandosi con i principali poli attrattori storici (Pinerolo, Chivasso, Ivrea e Borgofranco d’Ivrea).
Il progetto prevede la realizzazione di programmi di formazione, educazione, progettazione partecipata, formazione di mobility manager scolastici e aziendali, nonché di disseminazione sul territorio delle esperienze pilota dei Piani di mobilità scolastica sostenibile. I Comuni coinvolti, da parte loro, partecipano alla realizzazione di servizi e/o infrastrutture di mobilità collettiva e/o condivisa.
Solo per citare il lavoro di un Comune partecipante al progetto, Pinerolo ha già provveduto all’acquisto di 20 E-bike per i dipendenti comunali per gli spostamenti casa-lavoro, all’erogazione di 46 buoni mobilità in favore dei dipendenti comunali nel 2019-2020, all’allestimento della Bicipolitana (una linea ciclabile che mette in collegamento alcuni punti della città), e all’acquisto di biciclette che hanno permesso di coprire ben 16.272,6 km per i tragitti casa lavoro.
Lasciare il più possibile l’auto in garage è una scelta intelligente, utile alla salute e anche alle nostre tasche.
Non ci sorprende leggere dell’aumento del numero di automobili private: tranne nelle grandi città, servite ampiamente da metropolitane, autobus di linea e treni, per molte persone è ancora vitale possedere un mezzo di trasporto proprio per svolgere le normali attività quotidiane. I paesi di periferia, infatti, dispongono di poche tratte percorribili con mezzi pubblici, spesso a orari non collimabili con quelli del lavoro su turni oppure soggette a frequenti ritardi. Per questi motivi è essenziale ottimizzarne la qualità e incentivare l’utilizzo dei trasporti pubblici già presenti nelle città, in modo da diminuire sia il traffico sia i conseguenti forti rumori, e incentivare l’acquisto di automobili elettriche a chi non ne può fare a meno, più ecologiche e silenziose.