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Elezioni in Brasile, popoli indigeni tra Bolsonaro e Lula

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Elezioni in Brasile, popoli indigeni tra Bolsonaro e Lula ultima modifica: 2022-10-29T08:23:44+02:00 da Claudia Pomponi
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Il risultato del ballottaggio delle elezioni in Brasile sarà significativo per la sopravvivenza, o meno, dei popoli indigeni, e con loro, anche della foresta Amazzonica. Un risultato che deve preoccupare tutti.

Abbiamo compreso come nulla sul nostro pianeta sia così distante come sembra. Ogni azione in un luogo ha le sue potenziali ripercussioni in tante altre zone. Proprio per questo le elezioni generali in Brasile meritano la nostra attenzione.

Il 2 ottobre 2022, Inàncio Lula da Silva, non solo non è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta, ma i suoi voti non si distanziano così tanto, come ci si aspettava, dall’uscente Presidente Jair Bolsonaro. Il prossimo 30 ottobre il popolo brasiliano dovrà votare di nuovo.

Essere Presidente del Brasile significa controllare una grande parte della foresta Amazzonica, le sue risorse e i suoi abitanti: i popoli indigeni. Sono proprio quest’ultimi, da anni sotto il mirino dei vari governi, ad attendere con apprensione il risultato del ballottaggio. La vittoria di un presidente rispetto a un altro può determinare la loro estinzione, seguita dalla distruzione di uno degli ultimi polmoni del pianeta.

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Cosa comporterebbe la vittoria di Bolsonaro per i popoli indigeni?

Bolsonaro non ha mai nascosto il suo disprezzo verso i popoli indigeni. Vinte le elezioni in Brasile nel 2019, ha subito  attivato le procedure per liberare i fazendeiros (esponenti agricoli) dai vincoli che le attività economiche avevano nelle regioni protette.

Sotto il suo governo è tornato in vigore il progetto di legge 490, per molti definito “Progetto di Legge della Morte”. Sostenuta da “Bancada ruralista”, una potente lobby di deputati federali che difendono gli interessi dei produttori agricoli, la proposta è stata approvata dalla Camera dei Deputati a giungo del 2021. Lo scopo è alterare la demarcazione dei territori indigeni per la costruzione di nuove opere. Non solo, il PL 490 vieta l’espansione delle terre degli indigeni, autorizza a entrare nelle aree in cui vivono e cacciarli; infine, forza il rapporto con quei popoli che non desiderano contatti con l’esterno.

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Con Bolsonaro, la FUNAI, la Fondazione Nazionale dell’Indio, ha subito forti modifiche. L’organo di governo ha lo scopo di elaborare le politiche sui popoli indigeni, ed è da qui che Bolsonaro è partito per evangelizzare gli indigeni. Cambiando il regolamento interno, il Presidente ha affidato a Ricardo Dias, un esterno all’ente che ha svolto molte attività missionarie in Amazzonia, la direzione del reparto per gli indigeni mai contattati. È chiaro lo scopo: convertire e integrare le tribù alla società brasiliana, agevolando l’abbandono dei loro territori.

Se Bolsonaro dovesse essere rieletto, molti popoli indigeni saranno persi per sempre. L’Amazzonia verrà distrutta sotto i colpi della deforestazione, arrivando, secondo gli scienziati, al punto di non ritorno. I danni profondi del suo governo saranno così duri, da perdurare anche in caso di sconfitta.

La vittoria di Lula sarebbe uno spiraglio di speranza?

Grazie a una situazione economica favorevole, negli otto anni di “governo Lula”, il Brasile ha vissuto un grande periodo di crescita. Incentrando la sua politica verso programmi sociali, Lula è stato padre di molte riforme, spesso inconcludenti e molto più morbide rispetto alle sue proposte iniziali.

Nel 2016 è stato coinvolto in una serie d’inchieste per corruzione e quindi incarcerato perdendo così i suoi diritti politici, tra cui la possibilità di candidarsi di nuovo. La sua condanna è stata annullata nel 2021 dalla Corte Suprema: il giudice non era stato imparziale.

Sebbene si sia mostrato contro la violazione dei diritti indigeni e pronto a fermare la devastazione della foresta, ha permesso la costruzione della gigantesca diga di Belo Monte, sul fiume Xingu, nonostante il dissenso degli indigeni. Al tempo stesso, però, ha demarcato territori di vaste dimensioni, che spesso erano invasi da allevatori di bestiame e coltivatori.

Se Lula vincesse le elezioni in Brasile, la situazione potrebbe cambiare, ma con molta difficoltà. Nel Congresso, infatti, sono stati eletti diversi politici pronti a ostacolare lui e la sua amministrazione. Eppure, secondo Olimpio Guajajara, leader dei Guardiani dell’Amazzonia, “con Lula il dialogo sarà possibile. Non è apertamente un nemico”. Ha promesso l’istituzione di un Ministero per gli Affari Indigeni, e la protezione delle loro terre dalle attività minerarie o di taglio del legno. Con la speranza che non addolcisca le sue proposte, la sua vittoria fornirebbe qualche speranza.

Le elezioni in Brasile ci riguardano da molto vicino

La foresta Amazzonica ospita la più alta biodiversità al mondo. Assorbe una grande fetta di calore dal sole, contribuendo ad abbassare le temperature e frenando l’effetto serra; infine, aiuta a mantenere il giusto equilibro di ossigeno nell’atmosfera.

Gli indigeni hanno complessi sistemi sociali con i quali amministrano la raccolta dell’ampia varietà di specie da cui dipendono, senza pericolo di carestie e insicurezze. Sono i migliori custodi: prevengono e arrestano gli incendi, e proteggono gli animali e la biodiversità.

Senza di loro, la foresta brucia. Nei primi mesi del 2019, secondo l’INPE (Istituto nazionale brasiliano per le ricerche spaziali) e la NASA, si sono sviluppati 83 mila incendi. I campi inceneriti sono diventati prima zone di pascolo, poi terreni coltivati con metodi intensivi. La foresta che rimane è sempre minacciata dalle armi dei taglialegna. La deforestazione ha raggiunto cifre da record nei soli primi sei mesi del 2022: si sono persi ben 4000 km2 di ettari.

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Veder sparire i popoli indigeni significa perdere una cultura antica, ma anche una delle più grandi zone verdi rimaste sul pianeta.

Anche se le elezioni in Brasile sembrano distanti, ci riguardano da vicino non solo come cittadini ed esseri umani, ma come abitanti della Terra.

Noi, il popolo Guajajara della Terra Indigena Arariboia, stiamo dando la nostra vita per il mondo intero, per l’intera umanità del pianeta. Per chi ama i popoli indigeni ma anche per chi non li ama. Stiamo versando sangue e perdendo vite per ciascuno di voi e per ognuno dei nostri nipoti perché avranno anch’essi bisogno di vivere. Rispettiamo la vita, rispettiamo le foreste, perché anche loro hanno bisogno di essere rispettate.
– Olimpio Guajajara

 

 

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Nata a Teramo, si laurea in discipline musicali. Considera la sua penna alla stregua di uno strumento, pronta a far suonare la voce degli animali e dell'ambiente, e raccontare le storie dimenticate degli esseri umani e delle loro comunità. Collabora con associazioni e varie realtà per la divulgazione di tematiche sensibili. Quando non è immersa nelle parole, si diverte a camminare tra boschi e vette, con un libro come amico e un panino, vegano, nello zaino. Il suo grande desiderio: girare il mondo e disegnarlo con lettere e punteggiature.

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