Inquinamento luminoso, ecco perché è importante salvare i cieli neri

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Inquinamento luminoso, ecco perché è importante salvare i cieli neri ultima modifica: 2021-12-06T07:10:16+01:00 da Davide Mazzocco
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Intervista a Irene Borgna, autrice del saggio “Cieli neri. Come l’inquinamento luminoso ci sta rubando la notte

Quando si parla di inquinamento luminoso, si ha la tendenza a sottovalutarne l’impatto sulla vita umana e non umana o a circoscriverlo all’impossibilità di godere dello spettacolo di una stellata nelle notti serene. Con Cieli neri. Come l’inquinamento luminoso ci sta rubando la notte, l’antropologa Irene Borgna è riuscita a far uscire il problema dalla “bolla” degli esperti e a imporre il tema nel dibattito da pubblico.

Il libro, pubblicato quest’anno da Ponte alle Grazie, ha vinto il Premio Mario Rigoni Stern 2021 ed è stato segnalato al Premio Giuseppe Mazzotti. L’abbiamo intervistata per capire l’entità dell’impatto che l’illuminazione eccessiva ha sulle nostre esistenze.

Com’è nato il suo interesse per l’inquinamento luminoso?

Sarei un’abominevole bugiarda se non ammettessi che la consapevolezza della portata e della gravità dell’inquinamento luminoso l’ho sviluppata durante il viaggio che descrivo nel libro Cieli neri e non prima. Adduco come scusa il fatto di essere un topo di campagna (anzi, di montagna): nei miei paraggi i cieli sono ancora relativamente, meravigliosamente bui. Così per anni non mi sono resa conto della scomparsa della notte, semplicemente perché… beh, sulla testa ne avevo ancora una tutto sommato abbastanza integra. Ho sempre saputo per sommi capi, ovviamente, che cos’è l’inquinamento luminoso, ma in fondo in fondo pensavo che fosse una specie di Cenerentola tra le forme di inquinamento, una sorta di danno di serie B capace di infastidire per davvero solo osservatori astronomici e appassionati di astrofilia: beh, mi sbagliavo di grosso.

Tappa dopo tappa, passando da una notte sbiadita a un cielo da salvare, grazie alle molte interviste con astronomi, illuminotecnici, naturalisti, medici ho capito che l’inquinamento luminoso contribuisce – e non poco – ad aumentare le emissioni di gas serra, ho realizzato che, cancellando la notte, la luce artificiale dopo il tramonto danneggia migliaia di specie, animali e vegetali, e contribuisce a rendere i sapiens ancora più nevrotici e malaticci”.

inquinamento luminoso

Quali sono le “oasi” europee nelle quali i cieli neri consentono ancora di poter ammirare il cielo come avveniva prima dell’avvento dell’illuminazione pubblica?

Dunque, è utile fare una distinzione: ci sono cieli ancora relativamente neri che non sono riconosciuti, per così dire, ufficialmente. È questo il caso, per esempio dei cieli delle Alpi Sud Occidentali dove vivo io, e, in generale, dei cieli più bui d’Italia, come quello che splende di notte su Montecristo, Alicudi e Filicudi, sulle alte valli Senales e Aurina e in alcuni luoghi poco popolati e ben schermati dalla luce delle grandi città. Per rendersi conto dei cieli neri superstiti a livello europeo (e per intuire, a colpo d’occhio, che nell’Europa centrale siamo messi maluccio) è utile fare riferimento alla mappa dell’inquinamento luminoso

Poi ci sono le Riserve, i Parchi e i Santuari dei cieli bui riconosciuti dall’International Dark Sky Association. Sono territori dove è stato realizzato un percorso di “salvataggio” della notte, con una consapevole riduzione dell’inquinamento luminoso che ha coinvolto attivamente enti territoriali e comunità locali. In Italia nessuno ha ancora completato questo processo, eppur si muove qualcosa sotto al firmamento: per esempio la Valle Grana, in provincia di Cuneo, ha candidato il proprio cielo stellato come patrimonio astronomico dell’umanità”.

Dark Sky Parks, parchi al buio per osservare le stelle e preservare la natura

Quali sono le conseguenze dell’inquinamento luminoso sugli esseri umani e sugli animali, in particolar modo sulla fauna aviaria?

Per la maggior parte dei sistemi biologici la luce è un fattore vitale: tutte le forme di vita nella loro evoluzione non hanno potuto prescindere dall’esistenza della principale sorgente di luce per il nostro pianeta, il Sole. L’alternarsi tra giorno e notte, tra luce e buio, è un fattore fondamentale per tutti gli esseri viventi, siano essi animali che piante. Ciascuno ha impresso nel DNA un ritmo, il ritmo circadiano, che scandisce il susseguirsi ciclico di sonno e di veglia a seconda delle condizioni di illuminazione.

C’è chi si è evoluto per star sveglio, spostarsi, migrare, procacciarsi il cibo, costruire il nido o la tana e riprodursi di giorno e chi, invece, le stesse cose deve farle con il buio. Se alteriamo l’alternanza luce/buio con l’irraggiamento di luce artificiale dopo il tramonto, allungando il giorno e, di fatto, cancellando la notte, sottraiamo spazio e tempo vitale alle migliaia di specie che hanno bisogno del buio per sopravvivere.

Irene Borgna
Irene Borgna

L’esempio più famoso di interferenza della luce artificiale di notte è forse quello delle tartarughe di mare, disturbate nella nidificazione sulla spiaggia dalla luce dei lampioni, che inoltre disorienta i tartarughini facendo deviare la loro rotta verso l’oceano. Ma dagli insetti ai mammiferi, passando per pesci, rettili e uccelli, nessuno è immune dal disturbo della luce artificiale.

Le falene (che impostano la loro rotta migratoria basandosi sulla Luna o su stelle particolarmente luminose) e gli uccelli migratori sono confusi dalle sorgenti luminose, che provocano disastrose deviazioni dalle rotte, con esiti fatali. Ogni anno sono poi migliaia gli uccelli che muoiono schiantandosi contro finestre e vetrate illuminate e gli uccelli marini attirati a terra dalle fonti di luce.

Noi sapiens non facciamo eccezione: se il nostro ritmo circadiano da scimmie diurne si altera perché ci ostiniamo a prolungare la veglia dopo il tramonto sovrailluminando la notte, come minimo rischiamo l’insonnia e la carenza di melatonina, ma se esageriamo, andiamo incontro a una probabilità aumentata di sviluppare patologie serie, come il diabete e alcune forme tumorali.

C’è poi un altro aspetto da tenere in considerazione, anche se forse è un fatto che esulerebbe da una cartella clinica: fare a meno della notte buia vuol dir rinunciare ai suoi doni. I doni della notte sono il coraggio, la meraviglia, il sentimento di connessione con il tutto che si prova sotto a un cielo a tre dimensioni, dove le stelle sono così tante da perdere il conto e provare un capogiro. Infine, personalmente, sono convinta che un bambino senza stelle rischi di diventare un adulto che non sogna”.

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Che tipo di iniziative esistono a livello locale, nazionale o internazionale per far fronte a questo fenomeno?

A livello italiano esistono delle leggi regionali contro l’inquinamento luminoso che, se rispettate, sarebbero già un buon punto di partenza per contenere l’inquinamento luminoso. Ma servirebbero misure di efficientamento dell’illuminazione pubblica a livello nazionale e, meglio ancora, internazionale. La più importante associazione italiana che da anni è impegnata su questo fronte è Cielo buio, sul cui sito si trovano moltissime informazioni utili per chi voglia informarsi e passare all’azione. A livello internazionale il punto di riferimento è la già citata International Dark Sky Association.

In realtà la ricetta per contrastare l’inquinamento luminoso è di una semplicità disarmante: illuminare solo quando serve, dove serve, quanto occorre e con una temperatura di colore calda, che disturba meno le specie notturne. Le soluzioni illuminotecniche sono già disponibili, qui e ora. Si tratta di cambiare prospettiva (noi italiani siamo davvero degli spreconi riguardo all’illuminazione pubblica e privata: ci illuminiamo troppo e male) capendo che la luce di per sé non è sinonimo di sicurezza per cittadini e automobilisti, che non è vero che più ce n’è meglio è.

È sempre la dose che fa il veleno: anche la luce va usata con parsimonia altrimenti può far male, molto male. All’atmosfera, alle specie vegetali e animali, alla salute dei sapiens e anche alle tasche dei contribuenti”.

[Foto Pixabay – Mappa Light Pollution Map]

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Giornalista e saggista, ha scritto di ecologia, ambiente e mobilità sostenibile per numerose testate fra cui Gazzetta, La Stampa Tuttogreen, Ecoblog, La Nuova Ecologia, Terra, Narcomafie, Slow News, Slow Food, Ciclismo, Alp ed ExtraTorino. Ha pubblicato numerosi saggi fra cui “Giornalismo online”, “Propaganda Pop”, "Cronofagia" e "Geomanzia".

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