La mujer y el agua, storie di donne semplici condannate a un lavoro massacrante

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La mujer y el agua, storie di donne semplici condannate a un lavoro massacrante ultima modifica: 2015-06-24T08:00:33+02:00 da Emanuel Trotto
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La mujer y el agua: India, storie di donne semplici condannate a un lavoro massacrante: occuparsi delle forniture domestiche di acqua in un Paese in cui l’acqua non è per tutti.

Che donna Nocem Collado! Regista, ma prima ancora fotografa, con all’attivo due mostre fotografiche di un certo rilievo, Women on the Silk Road, Yemen, the happy Arabia e due documentari, Cartography of Loneliness (2011) e La mujer y el agua [Women and Water – 2013]. Un’artista, ma prima di tutto una donna estremamente semplice. Rispondendo alle nostre domande, a ogni frase è possibile immaginare che scandisca ogni singolo vocabolo perché ogni concetto sia il più chiaro possibile: non si perde in massimi sistemi, non utilizza termini ricercati, non fa arabeschi – nonostante provenga dalla città dove ha sede la magnifica residenza moresca dell’Alhambra, Granada.

women and water poster
La locandina de La mujer y el agua

Ci racconta come le piace lavorare, filmando tutto da sé, senza troupe, portandosi dietro negli aeroporti apparecchiature per una squadra di almeno tre persone: questo perché è cosciente che sarebbe molto difficile interagire con una troupe cinematografica, di solito di soli uomini. Per il suo lavoro ha viaggiato per l’Asia in lungo e in largo, dal Nepal, all’Afghanistan, all’India, dove è ambientato il recentissimo e premiatissimo Women and Water (La mujer y el agua), vincitore del Settimo Festival Ecozine e del Secondo Green Film Network Award lo scorso 7 maggio. Viaggiando da sola e facendo a meno dell’interprete locale per comunicare (“Se ho un problema con qualcosa o non riesco a farmi capire”, racconta, “telefono a un’amica indiana e risolvo il problema”), conferma appieno la definizione che si è data su Twitter di “Guerrilla Filmmaker”.

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Women and Water prende le mosse dalla tradizione indiana secondo la quale sono le donne ad avere la responsabilità dei rifornimenti dell’acqua domestica, in un paese in cui l’acqua non è di tutti perché la maggior parte della popolazione non ha accesso all’acqua potabile, e quella poca che riescono a trovare è spesso inquinata. Per guardare questo film bisogna prendere tutti i preconcetti e quanto si conosce sul femminismo e metterlo da una parte: non solo non c’è l’ombra di militanza (che emerge in alcuni punti ingenuamente, specie quando si fa vedere che chi aziona i rubinetti dell’acqua sono principalmente gli uomini), ma dimostra di essere un film profondamente femminile anziché femminista.

La mujer y el agua
Un’immagine tratta da La mujer y el agua

Femminile fin dal titolo, “La donna e l’acqua” due elementi che entrano uno dentro l’altro e si fondono in un unico insieme: dalle culture ancestrali l’acqua è sempre stata sinonimo di grembo materno, di liquido amniotico primordiale dove tutta la Vita sulla Terra è partita, sia secondo la scienza che la religione.

Una vita spesso compromessa: i bambini in India rischiano di contrarre malattie ancora prima di nascere perché la madre è anemica, causa la fatica e le precarie condizioni igieniche ed economiche. Soprattutto non possono disporre di acqua potabile perché sono dalla parte sbagliata della società: “Sebbene il sistema di caste sia stato abolito dalla Costituzione, socialmente gli Intoccabili non hanno diritto di bere l’acqua negli stessi posti dove la bevono i membri delle altre caste, perché si pensa che inquinino l’acqua toccandola. Gli Intoccabili lavorano a contatto con i cadaveri, l’immondizia, i conciatori di pelle, etc. Così entrando in contatto con gli inquinanti, si pensa che inquinino l’acqua”.

Un paese in via di sviluppo che si sta “occidentalizzando” ma possiede ancora contrasti, che inquinano non soltanto l’acqua ma anche la vita quotidiana delle persone, delle donne. Donne che vengono mostrate da Nocem quasi con immagini rubate; eppure sono accuratissime, stupende in ogni singolo fotogramma, seguendo quasi alla lettera il dettame pasoliniano di non realizzare documentari ma una serie di appunti di viaggio, che solo fusi assieme possono creare un significato, una storia da raccontare. Il film che ne viene fuori è profondamente cattolico e profondamente indiano, perché l’acqua non divide ma unisce. Queste donne povere e illetterate che altrimenti non potrebbero rendere pubblici i loro problemi, sono solo lo specchio di un paese che sta cambiando, ma in peggio, e dove l’acqua rischia di essere un motivo per una guerra in India dopo il 2030.

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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