È notizia recente che la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza a favore della famosa “doggy bag” cioè il sacchetto degli avanzi, da portare a casa se non si è finito il pasto al ristorante. Con la sentenza n. 29942 dell’8 luglio infatti, la Suprema Corte ha accettato il ricorso di un turista in un albergo friulano, condannato per ingiurie durante una lite con il gestore del posto dovuta al divieto di avere una doggy bag e al rifiuto di riempire la borraccia con l’acqua avanzata in tavola. Così la “doggy bag” è stata definita nella sentenza parte delle “regole comunemente accettate nella civile convivenza”.
Eppure in Italia la doggy bag è davvero poco diffusa, mentre si sa che negli USA è pratica comune (promossa anche dalla First Lady Obama) andare al ristorante e portarsi a casa gli avanzi, anche se nel nostro Paese un colosso come l‘IKEA ha recentemente introdotto dei contenitori apposta per lo scopo.
Ma cosa ci frena nel chiedere di poter avere un contenitore perché non si riesce a finire la pietanza o la pizza che abbiamo davanti? In primis, il senso di vergogna, come se stessimo facendo qualcosa di sbagliato o poco accettato socialmente.
Proviamo allora a pensare ai diversi vantaggi del richiederla, per battere un po’ il senso di inadeguatezza che ci può cogliere:
1) È ecologica. Qui si parla di spreco di cibo, che va direttamente e nel migliore dei casi, nel bidone dell’umido. Perché? Potremmo riscaldarlo il giorno dopo e mangiarcelo!
2) È economica. È cibo che abbiamo pagato, quindi è nostro, cosa ci impedisce di averlo se non l’abbiamo terminato?
3) È un buon metro di giudizio sul ristorante/pizzeria dove ci siamo recati. Non dico che tutti i locali debbano essere attrezzati con meravigliose doggy bag di design, ma non credo che nei ristoranti ci sia penuria di vaschette da asporto e nelle pizzerie di scatole apposite per metterci la vostra fetta avanzata. Se un locale è ben disposto verso il cliente, si vede anche da questo.
4) Diamo il buon esempio. Se siamo a tavola con amici, con parenti, con i nostri bambini, daremo il buon esempio e magari la prossima volta la chiederà anche qualcun altro, con il risultato di “sdoganare” una pratica ancora così poco diffusa.
E per il bere?
C’è attivo da anni sul territorio nazionale un interessantissimo progetto, chiamato in dialetto piemontese “Buta Stupa” (letteralmente bottiglia stappata), sul loro sito internet è possibile cercare i locali aderenti all’iniziativa, che consegnano da portare a casa agli avventori la bottiglia aperta -ma non totalmente consumata- durante il convivio.
Non restare che buttarsi… e provare!
