Dopo tre arresti in quattro anni, oltre a innumerevoli pressioni e minacce, l’attivista ambientale cambogiano Leng Ouch -vincitore del Goldman Environmental Prize per la tutela delle foreste- ha chiesto all’UNHCR lo status di rifugiato politico. eHabitat lo ha intervistato
Leng Ouch, nato nel 1975 da una famiglia povera della Cambogia rurale, è un avvocato, difensore dei diritti umani e attivista a tutela delle foreste del suo Paese, sempre più minacciate dal disboscamento portato avanti a ritmi elevatissimi per fare spazio a coltivazioni agricole estensive e per sfruttare il legname pregiato di cui sono ricche.
Da oltre vent’anni porta avanti in prima persona -anche come presidente della Cambodia Human Rights Task Force– lotte contro la distruzione delle risorse naturali e a favore delle comunità rurali locali che stanno perdendo la loro terra a causa della deforestazione su larga scala, vedendo minacciata la propria sopravvivenza.
«Ho cercato di fare luce sull’impatto di programmi fraudolenti di piantagione di alberi su larga scala da parte di società di investimento straniere, che rubano terra e legname con la violenza e allontanano i contadini dalle loro terre, una fonte di sostentamento, senza basi legali né un equo risarcimento -racconta a eHabitat.it- Insieme a ONG internazionali e giornalisti, ho anche indagato sulla corruzione e sulla cattiva gestione da parte delle autorità, in accordo con le compagnie di disboscamento criminali che vendono il legname o lo esportano illegalmente all’estero».
Difensori della terra nel mirino, il dossier di Global Witness
Queste lunghe e difficili battaglie gli sono valse prestigiosi riconoscimenti internazionali, a partire dai premi Goldman Environmental Prize nel 2016 e Asia Game Changer Award nel 2017.
“In uno dei Paesi più pericolosi al mondo per gli attivisti ambientali, nella speranza che l’attenzione mondiale costringesse il governo cambogiano a cambiare strada, Leng Ouch è andato sotto copertura per documentare il disboscamento illegale, fingendosi operaio, commerciante di legname, autista, turista e persino cuoco -si legge sul sito del Goldman, nella pagina a lui dedicata- Ha documentato le operazioni illecite del più grande magnate del legname della Cambogia. Ha poi pubblicato pubblicamente le foto e i filmati raccolti, smascherando la corruzione che deruba le comunità rurali della loro terra, inducendo il governo a cancellare grandi concessioni terriere”.
Le sue esplicite critiche e denunce lo hanno sempre più esposto a rischi. Soltanto negli ultimi quattro anni è stato arrestato tre volte: la prima da parte di guardie private di una compagnia legata all’industria del legname, che lo hanno poi consegnato alla polizia; l’anno successivo mentre cercava di salvare degli alberi affiggendovi dei cartelli con scritto “Aiutateci a preservare la nostra foresta ancestrale”; infine mentre indagava sul disboscamento illegale in un parco nazionale.
Una situazione che -unita a innumerevoli pressioni e minacce, anche rivolte alla sua famiglia- lo costringe ora a considerare di abbandonare la lotta in prima linea, richiedendo lo status di rifugiato politico all’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Il video realizzato in occasione dell’assegnazione a Leng Ouch del Premio Goldman
«Una situazione ormai insostenibile per me e la mia famiglia»
Leng Ouch spiega a eHabitat.it i motivi che lo stanno spingendo a lasciare la Cambogia e, di conseguenza, anche l’impegno diretto sul campo, pur di non mettere a repentaglio la sua vita e quella dei suoi cari.
Perché si considera un perseguitato politico?
«Ritengo che le mie azioni abbiano scatenato la rabbia di esponenti governativi e di potenti uomini d’affari. Sono stato diffamato da aziende con interessi nel settore forestale, da organizzazioni coinvolte nel disboscamento illegale e da funzionari corrotti, che non vedono di buon occhio il mio lavoro per smascherare i loro abusi».
Cosa teme, restando in Cambogia?
«Sono consapevole di correre dei rischi. Credo che se farò ritorno nel mio Paese [al momento è in Thailandia, ndr] potrò essere arrestato e imprigionato, anche per un lungo periodo, forse con accuse equivalenti al tradimento. Sicuramente verrò perseguitato per le mie attività e le mie convinzioni, a meno di non accettare di rinnegare tutto e di unirmi al Partito di governo. Cosa che non farò mai».
Perché accusarla di tradimento solo per aver cercato di difendere le foreste?
«L’ultima volta che sono stato arrestato, nella provincia di Stung Treng, per aver presumibilmente sconfinato in aree forestali off limits, la polizia militare ha accusato me e gli altri di fornire informazioni sulla deforestazione a gruppi e governi stranieri, indicandomi come il leader di altri attivisti forestali. In cambio del rilascio mio e degli altri che erano insieme a me, i funzionari mi hanno costretto a confessare i “crimini” davanti al procuratore e ai comandanti delle forze armate locali, a scusarmi pubblicamente con i funzionari e a firmare un impegno a non lavorare più o a non condividere informazioni con gli stranieri».
Deforestazione, l’Unione Europea vuole vietare il commercio dei prodotti che la causano
Ha ricevuto altre minacce?
«Solo nei giorni scorsi la polizia ha incontrato mia moglie e la moglie di un altro attivista, chiedendo di farci interrompere ogni attività e dicendo che, in caso di rifiuto, noi e le nostre famiglie non saremmo stati al sicuro. È anche emerso che il mio rilascio a Stung Treng era un trucco per poter fare successivamente irruzione a casa mia e raccogliere documenti e dispositivi elettronici. Temo che queste informazioni saranno usate come prove contro di me in un eventuale arresto e processo per qualsiasi “crimine” di cui le autorità mi andranno ad accusare».
Parlava anche di pressioni…
«Funzionari di alto livello del Partito al potere mi hanno chiesto di porre fine all’attivismo, offrendomi denaro e cariche per rinunciare alla mia causa. Mi è stato proposto di unirmi a loro, accettando di lavorare con il governo e abbandonando il movimento ambientalista. Li ho respinti e ora vogliono sbarazzarsi di me».
[Foto e video © Goldman Environmental Prize – Gentilmente concessi a eHabitat.it]
Foreste vetuste usate per i mobili Ikea, l’indagine di Greenpeace