Ozi, film prodotto da Leonardo Di Caprio, in anteprima al Giffoni Film Festival, parla di deforestazione e sensibilizzazione attraverso la voce di una giovane orango
Una farfalla dalle grandi ali rosse. Due gocce simmetriche che ricordano un cuore o un largo sorriso. Dipende da che punto le si guarda. Un cuore o un sorriso come quando si commenta un post, un video o una diretta streaming. Per mostrare vicinanza e sostegno a qualcuno dall’altra parte. Non vi conosce fisicamente ma grazie a quel gesto percepisce una forte connessione. Sia postando un pensiero frivolo, sia comunicando per sensibilizzare. Questo è quello che scopre Ozi, la protagonista Ozi – La voce della foresta di Tim Harper, lungometraggio animato prodotto dalla Appian Way Productions di Leonardo Di Caprio e presentato il 22 luglio in anteprima Fuori Concorso al 54° Giffoni Film Festival. Verrà successivamente distribuito in sala da Notorius Pictures a partire dal 19 settembre.

Ozi è un orango che vive in una foresta paradisiaca assieme ai genitori, su un albero con una cascata a vista che è il cuore della sua piccola comunità. Tutto sembra andare bene: è una neonata vezzeggiata e il mondo è bello e sereno. Però poi una notte cambia tutto. Inizia con delle scintille portate dal vento, presagio di un incendio appiccato dagli uomini che, con i bulldozer, stanno spianando la foresta. Mentre cerca di fuggire Ozi precipita fra le fiamme, perde di vista la sua famiglia, teme per il peggio.
Intervengono due volontari che la portano con loro in un rifugio per altre scimmie come lei. Dopo un iniziale timore, pian piano prende confidenza con gli altri ospiti e ritrova nei due umani un rapporto genitoriale che riteneva perduto. Impara da essi a comunicare con la lingua dei segni. Quando scopre che la filmano per lei si apre un nuovo mondo. Con la loro complicità Ozi inizia a creare contenuti audiovisivi per il web, parlando al suo pubblico tramite un congegno che trasforma la lingua dei segni in parole. La sua voce arriva a tutto il mondo, diventa ospite in televisione come mascotte di un’intera generazione di animali selvatici che la deforestazione potrebbe spazzare via.

Tuttavia non viene presa sul serio, è solo un fenomeno da baraccone. Per un pubblico superficiale può risultare divertente, ma non di più. Semplicemente non è ancora consapevole del suo ruolo in questa storia. È una “teenager” distratta che ha bisogno di uscire dalla propria comfort zone. Il momento arriva quando scopre che i suoi genitori sono ancora vivi. Decide quindi di raggiungerli attraversando la foresta.
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Sente, nuovamente, la necessità di una casa non vista solo come un luogo fisico. Ma anche come vicinanza con le persone importanti della propria vita: quelle che sono più vicine, che ci fanno sentire protetti. Una sensazione complessa che è fatta sia di amore ma è anche legata alla memoria, al ricordo dei posti in cui si è stati felici. Anche se è avvenuto solo per un momento. Il rischio che il sogno si scontri con la realtà dei fatti è alto. Infatti, quando ritrova la “sua” vecchia cascata, è tutta devastata: gli alberi sono secchi e inceneriti, l’acqua prosciugata. Poco lontano, a perdita d’occhio, ci sono solo file di palme coltivate, come un plotone: perfettamente allineate e anonime.
Inizialmente disconnessa dal mondo in senso più metaforico, Ozi incomincia a comprendere quando il suo inseparabile tablet non da segnale di connessione. Quindi una disconnessione reale che le permette di connettersi con ciò che le sta attorno: con i suoni reali della foresta, i suoi abitanti. E le sue criticità come procurarsi da mangiare o arrampicarsi sugli alberi. Deve ritrovare la sua natura da orango, per troppo tempo accantonata da quella più “umana”. Non per questo rinuncia a condividere a suo modo la foresta. Il wi-fi non sarà attivo, ma la fotocamera sì. Quindi inizia a fotografare.

Documentando quello che vede, riscopre un bagaglio non postabile: quello della memoria, dei nostri ricordi impressi per un istante, qualcosa che al momento dello scatto è già passato. Ma che ora resta indelebile nel nostro cuore. Quello che Ozi fa è convivere con questi due concetti: l’attimo e la memoria.
Rendere consapevoli le nuove generazioni sul preservare il nostro Pianeta e il suo grande polmone verde, le foreste, è quanto mai importante soprattutto all’interno di un Festival cinematografico che si rivolge a loro in prima persona. Il tema del Giffoni di quest’anno è infatti «L’Illusione della Distanza». Si lega alla nuova necessità di connettersi in un periodo storico in cui la distanza non è più qualcosa di fisico, ma anche mentale. La nostra percezione delle tragedie globali, che siano le guerre, le crisi umanitarie o i disastri ambientali, restano eventi lontani. Sono erroneamente relegate a una realtà che non ci tocca direttamente. Tramite gli schermi, non solo quelli dei cellulari e dei pc, ma anche tramite lo schermo del cinema è possibile insegnare a capire e condividere. E ad avvicinarsi e ad avvicinare di nuovo.
Fra quello che rimane della sua casa Ozi ritrova la farfalla con la quale giocava da piccola: una farfalla con una forma che ricorda un cuore. È provata anch’essa dalla distruzione del suo habitat, ma continua a volare lo stesso. Come possono volare nell’etere i likes e le reaction degli utenti. Sono piccoli, li si può schiacciare con un dito, possono disperdersi. Oppure possono crescere col tempo e creare un “uragano”, come il battito d’ali di una farfalla.
