Oggi sappiamo che nessun tipo di olio deve essere gettato nel lavandino e tantomeno nel wc. Opportunamente raccolto – insieme agli oli derivanti da scatolette e cibi sottolio – deve essere portato all’ecocentro di zona. E dopo? Vi siete mai chiesti che fine faccia? Ebbene, non fa una vera e propria “fine” e questo ci rincuora molto.
Gesti consapevoli per un minore impatto
In un Paese come l’Italia, il consumo di cibi fritti è alla base di molte ricette regionali. Ecco allora che, una volta impiegato per la cottura, l’olio diventa nient’altro che un prodotto di scarto. Si pensi alle ingenti quantità prodotte non solo dai consumi domestici, ma anche dai locali pubblici come pizzerie, friggitorie, ristoranti. È stimato che ogni anno in Italia si producano circa 260.000/280.000 tonnellate di olio vegetale e animale esausto. (Dati CONOE)
Solo fino a pochi anni fa, questo rifiuto altamente inquinante veniva gettato nelle tubature domestiche a cuor leggero.
Niente di più sbagliato e nocivo per l’ambiente e per la nostra salute!
Purtroppo, l’olio usato da cucina, pur essendo vegetale, non è un alimento biodegradabile: compromette la qualità dell’acqua rendendola non potabile, ne riduce l’ossigenazione essenziale per la sopravvivenza degli esseri marini, oltre a provocare potenziali danni per gli impianti di depurazione.
Come alcuni consorzi addetti alla raccolta testimoniano, qualcuno addirittura l’ha erroneamente versato nell’orto credendo avesse proprietà simili al concime. Al contrario, la sua componente oleosa contribuisce a formare un film che avvolge le particelle di terra, soffocandola e impedendo le normali funzioni vitali dei vegetali coltivati e ai raggi solari di penetrare nella pianta.
L’olio, se ne viene in contatto, contamina le falde acquifere e il sottosuolo, oltre ad essere nocivo per la salute di pesci e alghe. Basti pensare che 4 kg d’olio, se versati in acqua, sono in grado di danneggiare un’area estesa quanto un campo da calcio.
Lo stesso discorso vale anche per gli oli esausti dei motori, ancora più inquinanti e conseguenza di una società abituata a spostarsi pressoché su quattro ruote, sia nel privato che per il trasporto di merci.
Rigenerare: l’unica soluzione
Da diversi decenni ormai, l’olio esausto può essere raccolto e rigenerato, nonostante la presa di coscienza dei cittadini sia ancora lenta e non siano state attuate campagne di sensibilizzazione adeguatamente stimolanti e informative.
Attraverso il processo di rigenerazione, gli oli usati possono essere trasformati sempre in ricavati del petrolio, ma con un impatto meno inquinante: lubrificanti, biodiesel, olio motore e asfalti oppure tensioattivi, glicerina e saponi di vario genere. Inoltre, la fase di riciclo permette una riduzione delle emissioni di CO2 e un risparmio sul consumo d’acqua che sarebbe stato necessario impiegare nello smaltimento e per la produzione di nuova materia prima. L’olio, invece, diviene così una preziosa risorsa da reimpiegare anche per la produzione di energia.
Italia, leader nel campo
In oltre 30 anni dalla costituzione del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati (COOU), in Italia sono stati raccolti circa 5,3 milioni di tonnellate di olio lubrificante usato, una quantità che avrebbe potuto inquinare circa 8,5 milioni di mq di Mar Mediterraneo. Di questo quantitativo raccolto, 4,43 tonnellate sono state coinvolte in processi di rigenerazione, apportando un risparmio sulle importazioni di petrolio di circa 3 miliardi di euro. Per quanto riguarda, invece, la raccolta di oli vegetali e grassi animali esausti, il CONOE dichiara di aver raccolto oltre 580.000 tonnellate dal 2001 ad oggi.
Possiamo, dunque, andare fieri del nostro Paese, primo in Europa per il recupero di oli esausti e del loro relativo riutilizzo e trasformazione. La percentuale di rigenerazione attuale è pari al 95%, notevolmente superiore alla media europea che è stabile al 30%.
Un impegno per ognuno di noi
Bisogna allora puntare ancora sul singolo cittadino affinché si riesca, oltre a ridurre in consumi, a raggiungere il virtuoso obiettivo di una raccolta capillare – e totale – degli oli usati. Se ogni cittadino venisse debitamente informato su metodi di raccolta, pericoli e reimpieghi degli oli esausti, avremmo compiuto un grandissimo passo in favore dell’ambiente, per migliorare la tragica situazione del nostro Pianeta e la qualità di vita nostra e delle generazioni future.
Ricordiamo inoltre che, anche a livello casalingo, possiamo contribuire al riciclo dell’olio usato liberando la nostra creatività e producendo saponette fai da te.
[Fonti: Focus.it, Repubblica.it, Rinnovabili.it]