Qual era l’alimentazione nel Rinascimento? In cosa è cambiato il nostro modo di mangiare rispetto a quello di 500 anni fa? Può la conoscenza del passato aiutarci e farci migliorare il nostro rapporto con il cibo in termini di sostenibilità?
Parziali risposte a queste domande le ho potute scoprire in occasione di un tour guidato presso la Galleria Sabauda, organizzato all’interno della seconda edizione del Festival del Giornalismo Alimentare tenutosi a Torino nei giorni dal 23 al 25 febbraio scorsi. Un festival denso di informazioni e spunti di approfondimento su temi quali cibo, sostenibilità e sicurezza alimentare il tutto visto con la lente della comunicazione e dell’informazione.
Il tour, chiamato significativamente Back to the Future, ritorno al futuro, è stato un momento leggero e curioso per concludere un evento che ha senza dubbio stimolato molte domande. Ci siamo così ritrovati al mercato a fare la spesa, in fondo era sabato, quale giorno più tradizionale per fare compere?

Ma cosa lega un festival di giornalismo alimentare e un mercato? Un mercato rionale non usuale comunque visto che si trattava de Il grande mercato, quadro di Francesco Bassano, realizzato tra il 1587 e il 1599.
Il dipinto in questione è una delle opere esposte in occasione della mostra Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia visitabile fino al 2 aprile 2017 presso i Musei Reali di Torino.
Come si legge sul sito della Galleria Sabauda, Carlo Emanuele I fu un sovrano “colto, amante delle lettere , delle arti e delle scienze, che si prodigò per un importante rinnovamento culturale e artistico della città“. Regnò per 50 anni, dal 1580 al 1630, un periodo lunghissimo, fornendo impulsi e soluzioni che ancora adesso possiamo vedere ad esempio nella struttura urbanistica del capoluogo piemontese.
Il grande mercato, commissionato da Carlo Emanuele I al Bassano è un’opera carica di significati simbolici e moralistici. Ma se lo guardiamo orientati dalla domanda “qual era l’alimentazione nel Rinascimento?” possiamo scoprire molte cose interessanti.

Intanto colpisce una mancanza: non ci sono né patate né pomodori, non ancora diventati il cibo diffuso e popolare che saranno a breve. Ci sono invece molte carni ma anche uova, formaggi, dolci, verdura e frutta. In basso sulla destra possiamo riconoscere carciofi, zucche, aglio, mele, pere e meloni.
La cucina dei ricchi era abbondante e le pietanze, contrariamente a quanto avviene oggi non avevano un ordine di apparizione sulla tavola. Invece di antipasto, primo e secondo, la divisione era al massimo tra cibi in umido e cibi arrosto. Sicuramente non era una tavola sostenibile, ricca di pietanze e dunque anche di avanzi ed ecco comparire la prodigalità verso i poveri.

Molti giorni dell’anno richiedevano una cucina di magro, come ad esempio durante la Quaresima. Eliminate le carni si passava al pesce, alle verdure e alle uova. Posto d’onore lo occupavano le spezie. Si dice che servissero a coprire il sapore di carni non sempre freschissime ma, in realtà, il principale motivo del loro utilizzo non sembra essere questo. Alcuni studiosi dell’argomento hanno provato a cucinare per filo e per segno quanto indicato dai ricettari e i risultati sono stati piatti immangiabili. Ciò lascia supporre che si abbondasse nelle indicazioni scritte per una pura questione di prestigio.
Pesce, farine e spezie non si acquistavano al mercato. Il pesce andava preso fresco appena pescato, le farine ai mulini e le spezie dallo speziale che vendeva anche lo zucchero, considerato all’epoca quasi curativo.

Il tour si è concluso con la redazione di un piccolo menù, a scelta tra uno di magro, di casa o “ricco”, indicando anche dove fare la spesa. Ho scelto un menù di magro e non potevo non proporre la ricetta della Torta d’erbe che in questo periodo veniva preparata con erbe spontanee.
Ingredienti:
Per la pasta:
250 gr. di farina
150 ml d’acqua
sale e olio
Per il ripieno:
250 gr. di pecorino grattugiato
200 gr. di spinaci e altrettanti di erbe di campo
un mazzetto di prezzemolo e uno di menta
4 uova (ho ridotto la quantità, ne ho usate solo due)
1 tuorlo per spennellare colorato con zafferano (da me sostituito con la curcuma)
sale
Per preparare la pasta che serve per l’involucro è necessario mescolare tutti gli ingredienti. Partiamo da quelli asciutti, aggiungiamo l’olio, io ne ho usato mezzo bicchiere e poi l’acqua in modo da poter mettere quella che serve per creare una bella palla non appiccicosa. Lasciamola al fresco e passiamo a preparare il ripieno.
Dopo aver lavato le erbe, erbe spontanee o spinaci a seconda della stagione, facciamole bollire. Scoliamole e tritiamole insieme al prezzemolo e alla menta. Aggiungiamo sale, se piace anche il pepe, il formaggio grattugiato e le uova. Mescoliamo il tutto.
Dividiamo la pasta in due e stendiamole in due sfoglie sottili. Messa la prima nella teglia versiamoci il ripieno e copriamo con la seconda sfoglia chiudendo bene i bordi. Spennelliamo la superficie con il tuorlo sbattuto insieme alla curcuma o allo zafferano e bucherelliamo. Verrà una bella copertura di un colore caldo. Naturalmente la ricetta può essere modificata a piacimento. Questa è già una versione rivisitata, ognuno può poi ulteriormente adeguarla ai propri gusti o a quello che ha in casa.
Infornare a 180 gradi per 40 minuti circa.
Come sempre, buon appetito!
