Il cambiamento climatico influisce sull’agricoltura e quindi sulle nostre tavole. Tra le varie soluzioni, la scienza propone il sequenziamento del Dna.
Il surriscaldamento globale si può considerare a tutti gli effetti il macrotema ambientale della società moderna, impegnata a discutere a vario titolo per cercare di contrastare un fenomeno in accelerata e dai danni sempre più evidenti. Uno dei maggiori problemi dovuti al repentino cambiamento climatico è riscontrabile sul suolo, sulle abitudini agricole e, conseguentemente, sulle nostre tavole.
Cambiamento climatico e vegetali a rischio
Secondo un interessante approfondimento di Focus nel mondo vengono consumate soltanto 150 specie vegetali, al cospetto di un ricco patrimonio che ne prevede 50mila, ma il riscaldamento globale potrebbe distruggere e ridimensionare terreni e coltivazioni ad oggi importanti per l’alimentazione di uomini e animali.
Il riso, il frumento e il mais sono i prodotti della terra maggiormente consumati dall’uomo, ma l’instabilità climatica ha mostrato come queste colture siano particolarmente delicate e influenzate dai cambi meteorologici, con un conseguente danno all’industria alimentare e all’alimentazione stessa.
Con una maggiore attenzione all’alimentazione, con un incremento della popolazione mondiale voltata ad una dieta di tipo vegetariana e vegana, è in crescita la richiesta di alimenti come la soia e i legumi, prodotti vantaggiosi dal punto di vista agricolo, grazie alla facilità di mietitura, ma a rischio a causa della vulnerabilità alle intemperie meteorologiche.
Tale fenomeno è accertato dai dati, che testimoniano come, ad esempio, la raccolta di soia potrebbe diminuire di circa il 30 percento e quella del frumento del 7,5 percento nei prossimi trent’anni.
Osservando i trend sui dati di produzione, di raccolta e sulle prospettive climatiche, è possibile indagare sulle possibilità offerte dal terreno, provando a elaborare un piano di intervento scientifico che tuteli il prodotto e la varietà della tavola.
Il sequenziamento del Dna
Una delle strade ipotizzate dalla scienza per contrastare il problema dovuto al cambiamento climatico è il sequenziamento del Dna, consistente nella ricerca di specie vegetali utilizzate nell’antichità da reintrodurre nella coltivazione moderna. Attualmente una delle piantagioni in fase di studio è l’apios americana, una leguminosa consumata dai nativi americani, ricca di sostante nutritive e prodigiosa dal punto di vista agricolo, poiché richiede poca luce ed è in grado di sfruttare al massimo anche suoli poveri.
Tale pianta, secondo Steve Cannon dell’Iowa State University, potrebbe essere un ingresso importante nell’alimentazione moderna, poiché in grado di produrre legumi commestibili e tuberi similari alle patate, con un grande contenuto di proteine.
Anche l’Italia, patria della dieta mediterranea ricca di cibi di origine vegetale, non è esente da questo problema, poiché, secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, le colture italiane prevedono solamente un 10 percento delle specie sul territorio. Anche in questo caso, molti dei prodotti coltivati potrebbero subire danni ingenti dovuti al cambiamento climatico e il problema di implementare la dieta mediterranea con nuove specie vegetali sembra essere una prospettiva prossima.
Intraprendere la ricerca di nuove o vecchie specie alimentari è una strada percorribile, ma deve essere affiancata da una maggiore attenzione alle condizioni ambientali, così da salvaguardare le specie alimentari attuali e garantire una terreno ricco e eterogeneo, riflesso di una società attenta alla terra che abita.