Si è conclusa giovedì 20 ottobre 2016 a Venezia, presso il Centro Congressi “Don Orione Artigianelli”, la conferenza di disseminazione scientifica dei risultati del progetto LIFE GHOST che si è occupato di analizzare e valutare la presenza di particolari rifiuti che si trovano nei nostri fondali marini. Si tratta di reti o attrezzi da pesca persi o abbandonati dai pescatori in un tratto di mare lungo la costa veneta.
Il termine “pesca fantasma” si riferisce alla cattura indiscriminata, provocata passivamente da reti e attrezzature da pesca perse o abbandonate in mare, di organismi marini vertebrati ed invertebrati che finiscono intrappolati tra le maglie o gli ingranaggi. Le reti, che spesso sono invisibili, si possono incagliare o rimanere sospese e rimanere a lungo rifiuti abbandonati in mare scarsamente biodegradabili. Le cause dell’abbandono in mare sono determinate sia da sfavorevoli condizioni meteorologiche sia da problemi tecnici ma sono stati anche registrati casi di abbandono deliberato, soprattutto in situazioni in la rete danneggiata, non era più utilizzabile.
Il progetto, durato complessivamente tre anni e cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma LIFE+ Biodiversità, è stato condotto dall’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR ISMAR (capofila del progetto), l’istituto IUAV e Laguna Project. In particolare le attività in campo, condotte su una superficie pari circa oltre 2000 ettari di fondale con aree che presentano formazioni rocciose naturali e una con scogliere artificiali (zona del Lido), hanno portato alla individuazione, mappatura e rimozione di almeno 350 oggetti legati alle attività della pesca.
L’asporto di questo materiale dal peso complessivo di 550 kg non solo ha ripulito i fondali, ma ha fornito informazioni e dati scientifici determinanti per approfondire la conoscenza di questo specifico ambiente marino dove si trovano particolari aree rocciose corrispondenti alle cosiddette “tegnùe” (termine veneziano che significa “trattenute”) che sono particolarmente ricche di biodiversità.
Luisa Da Ros, coordinatrice del progetto e ricercatrice dell’ISMAR _CNR ha informato i numerosi partecipanti intervenuti a questo evento sulla realizzazione di una sorta di codice di comportamento indirizzato agli operatori della pesca e la proposta di un regolamento che è stato già presentato lo scorso agosto al Consiglio della Regione del Veneto. “Obiettivo del progetto è quello di fornire indicazioni e precise linee guida di riferimento finalizzate a prevenire danni ambientali, biologici ed economici causati da questo tipo di rifiuti – ha spiegato Luisa Da Ros – Una finalità che ha come prerogativa di base, il maggiore coinvolgimento e impegno da parte degli operatori del settore e in particolare degli enti/istituzioni preposte alla protezione del mare e delle sue risorse“.
Il progetto ha contribuito anche a dimostrare che la rimozione delle reti da fondali marini rocciosi, se attuata secondo criteri sostenibili, determina un miglioramento della biodiversità locale, e che questo è valutabile in termini economici con un riconoscimento molto positivo anche da parte della popolazione.
Molte azioni progettuali sono state rivolte anche alla diffusione delle conoscenze presso il pubblico, attraverso interventi comunicativi di vario genere mirati ad aumentarne la consapevolezza verso queste tematiche. Il progetto, come ci spiega Eugenia Delaney (che si è curata delle attività legate alla definizione di una strategia di gestione degli attrezzi da pesca dismessi), ha previsto anche una fase di sperimentazione sul possibile riciclo dei materiali plastici.
[Life Ghost- conferenza finale]