Il pianeta ha la febbre, ed è l’uomo la causa. Secondo Pietro Greco, è anche l’unico a conoscerne la possibile cura.
Il clima del nostro Pianeta, a causa della sua complessità, ha bisogno di mutare costantemente per mantenere il suo equilibrio e permettere così la vita. Tuttavia, negli ultimi secoli un fattore del tutto nuovo ha accelerato inesorabilmente questo delicato processo: l’uomo. Di questo “cambiamento di marcia” parla approfonditamente Pietro Greco nel suo libro dal titolo esplicativo “La febbre del pianeta. Perché il clima sta cambiando” (ediz. Cittadella, 2012), nel quale mette fortemente in luce come l’attività umana sia in effetti anche il principale fattore di aumento delle temperature degli ultimi decenni.
L’utilizzo di combustibili fossili, il consumo sempre maggiore di risorse idriche e del suolo, la preoccupante deforestazione, con conseguenti pesanti ricadute sui suoli e inquinamento atmosferico, stanno modificando sensibilmente e negativamente la conformazione del Pianeta, portando l’uomo, causa principale di tali alterazioni, a confrontarsi con situazioni svantaggiose da egli stesso create.
Per nostra fortuna, nel libro – come pure nella realtà – appare chiaro come sia ancora possibile evitare i disastri ecologici cui incorreremmo tutti noi se continuassimo sulla questa strada.
In un recente intervento avvenuto lo scorso aprile a Firenze, durante il convegno “Per Sora Nostra Madre Terra” dell’associazione Biblia, l’autore, divulgatore scientifico di nota fama, chiarisce come questo debba avvenire attraverso una rinnovata alleanza tra scienza, ambiente e opinione pubblica, in modo da costruire “un sentiero che abbia un cuore, verso un futuro possibile e sostenibile”.
Durante il suo intervento, Pietro Greco individua i punti fondamentali di questo percorso. “È necessario ricreare un’alleanza tra scienza e ambiente, basandosi il più possibile sulle parole del filosofo seicentesco francese Bacon – il beneficio per l’umanità è un valore fondante della scienza moderna. L’unica via possibile per ottenere un futuro desiderabile per noi, quindi, è la riconversione ecologica dell’economia, secondo alcuni fondamentali principi. Primo, l’uomo deve prendere atto di essere un attore ecologico globale: la nostra specie utilizza il 25% dell’energia primaria, a fronte di 25 milioni di specie presenti sulla Terra. Secondo, l’Uomo è il principale fattore di erosione di biodiversità: l’attuale velocità di scomparsa delle specie risulta superiore a quella del Permano. Siamo dunque di fronte a una grande estinzione di massa causata dalla specie umana. Terzo fattore: la temperatura è destinata ad aumentare di 2° centigradi entro il 2050. Se a Parigi – Cop21 di luglio 2015 – non prenderemo delle decisioni in questo senso, nel prossimo futuro dovremo fronteggiare 250 milioni di profughi climatici.”
Una situazione delicata, dunque, che l’inazione può solo peggiorare, specie con le conoscenze del mondo di oggi: l’uomo, infatti, pur essendo un attore climatico mondiale sin dall’avvento dell’agricoltura, nel mondo contemporaneo è divenuto consapevole del suo ruolo e dei danni che sta creando.
Infatti, già nel 1946, all’indomani di Hiroshima e Nagasaki, gli scienziati hanno riconosciuto il ruolo di responsabilità globale proprio della scienza.
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Greco conclude quindi che “come Albert Einstein affermava, occorre stabilire un’alleanza tra scienziati e opinione pubblica. Nel 1972, Paul Heirlich individuava i 3 fattori principali di impatto ambientale dell’uomo: popolazione umana crescente, aumenti dei bisogni consumistici, impatto dell’unità di consumo dell’ambiente. Ora, se la conoscenza scientifica e ambientale non può risolvere i primi due fattori, certamente è il fondamento del terzo. Questo rende quindi possibile un modello di sviluppo nuovo, basato su questo elemento fondante e sulla scienza come beneficio per l’umanità”.
Finalmente, in questo ambito qualcosa inizia a muoversi: alcuni master e scuole di specializzazione hanno preso vita nel nostro paese, con l’obiettivo di formare i comunicatori ambientali del futuro, che hanno ed avranno il compito di creare quell’alleanza tra scienza ed opinione pubblica di cui parlava Einstein.
Tra queste si trova anche il master di comunicazione della scienza della SISSA di Trieste, di cui lo stesso Pietro Greco è docente e co-fondatore. Tale tendenza fa ben sperare per il futuro della conoscenza e della comunicazione ambientale che costituiscono, come già detto, l’unico ponte possibile verso un futuro sostenibile e desiderabile per l’umanità.