Camminare con lentezza e riscoprire il passato di Zoldo. Uomini, boschi e Regole

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Camminare con lentezza e riscoprire il passato di Zoldo. Uomini, boschi e Regole ultima modifica: 2018-01-08T08:00:27+01:00 da Roberta Lazzarini
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La Val Zoldana in questi giorni si è vestita di bianco per la gioia di molti.  Allora è bello allontanarsi per un po’ da tutti e da tutto e magari scegliere anche di conoscere e apprezzare meglio questo straordinario territorio incastonato fra le montagne poco lontano da Longarone e da Belluno. E per cogliere meglio l’essenza di questi luoghi incantevoli ma anche aspri e selvaggi, tutto passa attraverso la conoscenza.

Ecco perché questa valle sovrastata da montagne deve poter risalire ai processi stratificati nel tempo, deve alimentare la memoria  nel cuore affinché vi sia maggiore consapevolezza di un patrimonio unico che necessita di rispetto per perpetuarsi. Non c’è senso di appartenenza ma nemmeno consapevolezza,  se manca il senso della storia dei luoghi: siano essi i propri ma anche quelli che si visitano durante le vacanze per le quali le priorità sono magari, come in questo periodo, il divertimento e gli sport invernali.

Val Zoldana
Val Zoldana | @Roberta Lazzarini

Un invito allora a fermarsi un momento, ad abbandonare le piste e scegliere di fare una passeggiata in uno dei boschi che con la neve diventano più silenziosi e quasi magici. Nella Val di Zoldo sono molti i percorsi dove le Guide Alpine insegnano a muovere i primi passi con le racchette da neve o conducono i più esperti: dai percorsi attorno al Pelmo, ai piedi del Civetta o attraverso i boschi della valle.

Camminare con lentezza. Guardarsi attorno. Saper vedere e cogliere ogni particolare. E immaginare…

Torna quindi un passato fatto di gente semplice, dai valori solidi. Persone generose che non si facevano demolire nell’animo dalla difficoltà del vivere in queste montagne spesso dalle terre avare ma ricche di boschi oggi come allora. Percorsi antichi che raccontano la vita di genti. Itinerari che non sembrano temere il passare del tempo attraversando secoli senza scomporsi troppo e presentando ancora oggi salite a volte dure, scorci e paesi dai caratteri così tanto diversi fra loro. Alcuni più allegri e vivi, altri più cupi e tenebrosi . Tutti con le loro chiese, i fienili- tabià – ,  le modeste abitazioni  molte (forse anche troppe) abbandonate da famiglie che hanno dovuto trasferirsi per una vita ritenuta migliore di quanto la valle offre.

Panorami che sanno emozionare, vedute uniche che difficilmente si possono trasmettere a parole. Il pensiero va al passato e alla vita quotidiana di allora in questa natura.

Zoldo. Verso Cornigian
Zoldo, verso Cornigian | @Roberta Lazzarini

E allora cominciamo con il ricordare che le prime zone occupate a Zoldo furono sicuramente quelle che potevano vantarsi di una posizione geografica particolarmente favorevole. La Valle di Zoldo viene citata per la prima volta in una bolla papale nel 1185 ma gli storici fanno coincidere la nascita della comunità di Zoldo il 22 agosto 1224, data in cui ottenne il diritto di essere rappresentata da due consoli nel Consiglio dei Nobili di Belluno. Fu da allora che si svilupparono le Regole. Queste erano necessarie per regolare  e distribuire l’utilizzo dei boschi e la tutela dei pascoli che venivano concessi, per investitura della Repubblica di Venezia, ai vari paesi sotto forma di proprietà collettiva.

Un sistema gestionale che perdurò fino agli inizi dell’Ottocento, quando vennero costituiti due comuni Forno di Zoldo e Zoldo Alto (ora uniti nel Comune di Val di Zoldo). Dieci erano le Regole che si contavano a Zoldo e parecchie di queste erano formate da più paesi. In questo caso, il paese più esteso e quindi quello più importante e maggiormente popolato, dava il nome alla Regola. Questa eleggeva il proprio  marigo (il presidente con funzioni direttive) e il saltaro che aveva la funzione di custodire i boschi e di dirimere le eventuali dispute sui loro confini. I marighi eleggevano quattro consoli che, assieme al Capitano, nominato dai nobili di Belluno, e al cancelliere formavano il Consiglio Generale, che aveva una sede prestigiosa dalla chiara impronta veneziana a Forno nel cinquecentesco palazzo della Ragione detto anche palazzo del Capitaniato di Zoldo  (ora ospita il Museo del chiodo che documenta la storia del lavoro della valle).

Monte Pelmo. Zoldo
Monte Pelmo, Zoldo | @Roberta Lazzarini

Ma il fatto curioso è che non tutti potevano essere regolieri:  il titolo era riservato solo a un rappresentante per famiglia (il foco appunto) dal cognome “originario” di appartenenza alla Regola. Quindi solo chi aveva foco e loco aveva diritto perché solo chi conosceva bene il territorio era in grado di governarlo, di custodirlo.  E chi si trasferiva, chi lasciava il “loco” perdeva il titolo, mentre chi  non aveva “foco” non aveva titolo.

Oggi la valle di Zoldo rimane un posto unico dove stare, uno di quei posti speciali dove quando torni, anche dopo molti anni, ritrovi un abbraccio speciale che sembra possa essere riservato solo a certi privilegiati. E’ qui che si capisce il valore del rispetto. Solo chi ha riguardo, chi sa capire e apprezzare la storia di questa valle sa  entrare nell’anima delle cose e della natura. Ma lo deve fare in silenzio. E’ vero quello che scriveva Jean Jacques Rousseau nel suo “Emilio o Dell’Educazione”. Era il 1762 quando scriveva queste parole:

E’ nel cuore dell’uomo che la vita dello spettacolo della natura esiste; per riuscire a vederlo, bisogna sentirlo».

Qui a Zoldo, vi assicuro,  non è difficile capire questo nobile pensiero.

[Foto di Roberta Lazzarini]

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Nata e vissuta a Venezia, vive a Ferrara dove ha fondato, con un gruppo di amici, Officina Dinamica, una associazione di promozione sociale che organizza percorsi culturali e di sensibilizzazione a sfondo ambientale. Storica di formazione, per molti anni si è occupata di ricerca d’archivio e catalogazione. In azienda ha competenza più che ventennale nella comunicazione ambientale, nella formazione e organizzazione di eventi. Sviluppa progetti ed eventi di sensibilizzazione e divulgazione ambientale. Crede nell'importanza della conoscenza, nella condivisione di esperienze. Dipinge, scrive e si aggiorna su tematiche a valenza ambientale e sociale. Ama passeggiare nei boschi.

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