La letteratura è parte fondante dell’identità culturale di un popolo. Un mondo artistico, creativo e senza confini in grado di veicolare messaggi dal significato profondo suscitando emozioni e riflessioni. La musica e la canzone rientrano a tutti gli effetti nelle sue forme di espressione più potenti, presenti come sono tanto nel nostro quotidiano quanto nel nostro patrimonio collettivo.
Un’ulteriore conferma in questo senso è arrivata lo scorso 13 ottobre, con l’annuncio della vittoria del Premio Nobel 2016 per la Letteratura da parte di Bob Dylan. Un riconoscimento storico, assegnato al cantautore e compositore statunitense “per aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana”.
Una riflessione trasversale che nei testi di Dylan assume la forma di immagini e scenari metaforici di grande impatto su temi universali come la guerra e i diritti umani, ma non ultima la difesa del nostro ambiente e della natura.
L’esempio più famoso è la bellissima “A Hard Rain’s A-Gonna Fall”, canzone del 1962 che denuncia la violenza della guerra e la tendenza dell’uomo a distruggere il suo stesso pianeta. La pioggia a cui si accenna è quella dei missili e delle scorie radioattive che costituivano una minaccia incombente al tempo della crisi tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Il testo, secondo altre chiavi di lettura, non può non riferirsi anche alle piogge acide e ad altre questioni ambientali. “Ho attraversato sette tristi foreste, e sono stato fermo davanti ad una dozzina di oceani morti”, recitano i suoi versi, che raccontano di “un’ondata che sommergerà il mondo intero” e di “pillole di veleno che straripano dalle acque”.
Il pezzo, nel 2009, è stato adottato dalle Nazioni Unite come inno ufficioso del summit sul clima di Copenhagen, per la sua enorme e significativa pregnanza nel rendere l’idea della pericolosa emergenza legata ai cambiamenti climatici che incombe sul nostro pianeta.
L’idea di un mondo in pericolo, soggetto alla tensione di autodistruzione dell’uomo, emerge da moltissimi testi di Bob Dylan e dalla scelta di alcune cover da reinterpretare, come nel caso della celebre “Big Yellow Taxi” di Joni Mitchell.
Se “High Water” riprende la tragedia dell’alluvione in Louisiana per dare la suggestione dell’innalzamento dei livelli delle acque e “Things Have Changed” quella di un mondo in cui “la gente è pazza e i tempi sono strani”, in “License to Kill” la denuncia verso gli interessi economici dell’uomo a spese dell’ambiente diventa più dura e diretta grazie ad un’accorta scelta di parole, cifra distintiva dell’intera opera di Dylan.
“Gli uomini pensano, avendo dettato legge sulla Terra, che possano disporne come vogliono”, recita il brano del 1983. “E se le cose non cambieranno presto, lo farà. L’uomo ha inventato la sua distruzione […]. Ora prega all’altrare di una pozza stagnante, e quando vede il suo riflesso è soddisfatto. L’uomo è opposto al gioco leale. Vuole tutto e lo vuole a modo suo”.
Con uno stile unico e inimitabile, Bob Dylan ha regalato al mondo vere e proprie poesie e storie in musica che, come nella migliore tradizione letteraria, oltre a toccare l’anima con la loro bellezza hanno un ruolo incomparabile nel permettere al pubblico di elaborare temi di grande attualità, riuscendo a parlare a tutti senza alcuna distinzione di classe, epoca o nazionalità. Una magia che riesce soltanto a pochi, artisti che con la complessa semplicità di una canzone sono in grado di dar voce ad un mondo che ha sempre più bisogno di essere ascoltato.